Dopo l’arresto, in Francia, di Pavel Durov, fondatore e CEO di Telegram, che ne sarà della piattaforma di messaggistica diretta concorrente dell’americana WhatsApp? Telegram, fondata nel 2013 dal franco-russo Durov con il fratello Nikolai, ha percorso una strada tortuosa che l’ha portata fino a Dubai, negli Emirati Arabi, dove tutt’oggi ha sede.
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Come e quando è stata fondata Telegram
Lanciata 11 anni fa dai fratelli Durov, Telegram è diffusa in tutto il mondo ma a renderla particolarmente attraente (anche per i cybercriminali) è, essenzialmente, l’assenza di regole. Allo stesso tempo, gli ideatori dell’app affermano di garantire, in piattaforma, un alto livello sicurezza e privacy, offrire crittografia E2E e chat segrete, supportare la libertà d’espressione.
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Lo stesso Durov aveva dovuto lasciare il suo Paese nel 2014 dopo essersi rifiutato di obbedire alle richieste del governo russo di chiudere la comunità di opposizione sulla sua piattaforma di social media VKontakte, l’equivalente russo di Facebook del gruppo Meta, aperta nel lontano 2006. Successivamente, Durov aveva rivelato di essere stato costretto a vendere le sue azioni in VK a oligarchi favorevoli al Cremlino per 300 milioni di dollari.
Il lungo peregrinaggio di Pavel Durov
Dopo Mosca, Durov e Telegram avevano iniziato una lunga peregrinazione che li ha portati a Berlino, Londra, Singapore e San Francisco. Fino a Dubai, dove tutt’ora si trova la sede legale che oggi conta appena 50 dipendenti. In questo lungo peregrinaggio nessuno è rimasto indietro, neanche il suo fondatore, che proprio su Telegram, non molto tempo fa, aveva affermato di avere più di 100 figli biologici e stava prevedendo di aprire l’accesso al suo DNA per aiutarli a trovarlo.
A neanche quarant’anni, con un patrimonio superiore ai 17 miliardi di dollari, Durov si collocava al 115º posto fra le persone più ricche del mondo nella classifica stilata da Forbes del 2022. Ma torniamo all’app.
Dalla nascita al successo di Telegram
Con sede legale Berlino, per poi spostarsi a Dubai, Telegram oggi opera principalmente dagli Emirati Arabi Uniti. Caratterizzata da una semplicità di utilizzo e da feature allora originali, come la possibilità di condividere sticker o modificare i messaggi di testo dopo averli inviati, negli anni ha conquistato una fetta di pubblico sempre più larga e ha ampliato i propri servizi includendo la possibilità di effettuare chiamate vocali, creare gruppi o canali, trasmettere contenuti in broadcast.
Nel 2021 ha superato i 500 milioni di utenti attivi mensili, attestandosi come la terza app di messaggistica istantanea più utilizzata a livello globale, dopo WhatsApp e Messenger, entrambe appartenenti al gruppo Meta.
Dall’inizio del conflitto sul territorio ucraino due anni fa, l’app ha superato i 900 milioni di utenti attivi al mese mentre erano 500 milioni solo nel 2021. Nell’ultimo periodo, secondo quanto aveva detto il suo founder, Telegram sta guadagnando «centinaia di milioni di dollari» grazie all’utenza premium (le sottoscrizioni sono state aperte due anni fa e avevano raggiunto il primo milione di abbonati in poco tempo) e all’Adv, attualmente limitato ad alcune aree geografiche. Chi sa che cosa ne sarà dopo l’arresto del suo fondatore.
Perchè Telegram era stato chiuso in Spagna?
Lo scorso marzo Telegram era stato sospeso in Spagna. A deciderlo, l’Alta Corte del Paese – Audiencia Nacional, a seguito della denuncia sporta nei confronti della piattaforma di messaggistica da parte di Antena 3, EGEDA, Mediaset e Movistar, che l’avevano accusata di aver permesso ai suoi utenti di pubblicare senza autorizzazione contenuti di loro proprietà protetti da diritto d’autore. Il blocco ha riguardato 8,5 milioni di persone, tante quanti gli utenti del social nella penisola iberica (900 milioni sono quelli in tutto il mondo). La decisione presa dal giudice Santiago Pedraz non ha precedenti in Europa e ha diviso l’opinione pubblica tra chi la appoggia e chi, invece, ritiene che possa danneggiare “milioni di utenti, aziende, organizzazioni e istituzioni pubbliche e private che diffondono legalmente contenuti attraverso i loro canali su questa piattaforma”, come spiega l’associazione FACUA-Consumidores en Acción.