Ilaria Fazio è siciliana e vive Oltralpe. Durante la pandemia ha lanciato Ma Joie. Obiettivo: produrre strap-on non più basati sulle fantasie maschili. «Tornare in Italia? Soltanto se potessi continuare a fare l’imprenditrice»
«Lo strap-on è un sex toy che per tantissimo tempo ha costretto le persone a un’esperienza caricaturale. Questo perché è un prodotto pensato sulla fantasia degli uomini. Così abbiamo deciso di reinventarlo, in Francia. Essere a Station F è fondamentale per la credibilità agli occhi di banche e investitori». Ilaria Fazio, Ceo e Co-founder della startup Ma Joie, è la protagonista di questa nuova puntata della rubrica Italiani dell’altro mondo, un format che ci ha portato ovunque, alla scoperta di storie di persone che all’estero portano passione e competenza. Non sono per forza cervelli in fuga: rappresentano l’eccellenza del made in Italy oltre i confini.
Un prodotto che non funziona
Siciliana classe 1991, Ilaria Fazio è cresciuta nella provincia di Messina. Studi in Economia all’università Tor Vergata di Roma, si è poi spostata in Francia alla business school parigina ESCP. «Ho iniziato a lavorare nel 2016 in Dailymotion, uno dei principali competitor di YouTube – ci racconta – ma poi, per vicende personali, mi sono ritrovata a chiedermi che cosa volessi davvero fare». Come per tante altre persone, per lei gli anni della pandemia hanno significato un cambio di passo. Il 20/21 è stato un periodo di genesi per molte startup.
In Francia da diversi anni, Ilaria Fazio ha beneficiato di un assegno di disoccupazione dedicato a chi punta a lanciare un’impresa. Così ha potuto dare vita a Ma Joie. Nel corso della chiacchierata, è emerso più volte il ruolo decisivo svolto dall’ecosistema – fatto di norme, attori e hub – nella sua nuova vita di imprenditrice. «Non avessi avuto la possibilità di quell’aiuto iniziale non ce l’avrei fatta di sicuro». Nella storia di fondazione di questa azienda, Ilaria Fazio non è si è mossa da sola: con lei c’è anche l’altra Co-founder, Letizia Abis.
«Entrambe apparteniamo alla comunità LGBTQ+ e quando ci siamo approcciati ai sex toy abbiamo capito che alcuni non sono affatto pensati per noi. Gli strap-on sono i prodotti più usati dalle lesbiche, il segmento che peraltro spende di più in sex toy. Ma è anche il prodotto che meno le soddisfa». Così Ilaria e Letizia hanno deciso di reinventarlo. «Abbiamo pensato a mutande, adatte a ciascun corpo, a cui si possono agganciare attraverso un magnete vari tipi di accessori». In merito ai sex toy è importante sottolineare il ruolo giocato dall’ecosistema startup nell’elevare il dibattito rispetto un certo modo bigotto e maschilista di intendere la sessualità. MySecretCase, in Italia, è forse uno dei casi studio più eloquenti, grazie al suo approccio nel fare cultura e divulgazione sul piacere, sul corpo e sull’accettazione di sè.
Leggi anche: Da Torino a Station F, la culla della startup nation a Parigi. «Sulla mobilità elettrica l’Italia non ha un piano industriale»
Francia: limiti e opportunità
Tornando a Ma Joie, la startup ha avuto accesso in Francia a 40mila euro di finanziamenti pubblici a fondo perduto. In totale, grazie anche a un crowdfunding, l’azienda ha raccolto 120mila euro e oggi dagli spazi di Station F è pronta ad affacciarsi sul mercato. «A differenza mia, Letizia ha un background scientifico ed è abituata a lavorare con i prototipi. Una volta che siamo arrivati all’mvp lo abbiamo fatto testare ed è piaciuto». Lo ripetiamo in ogni occasione: la Francia, come Paese ed ecosistema, rappresenta un modello per l’Italia e Station F, l’hub parigino, è diventato negli anni un framework di riferimento per qualunque politica di innovazione che punti a mettere insieme sotto lo stesso tetto startup, professionisti, corporate, università e investitori.
«Dà accesso a un ottimo network, oltre a garantirti una reputazione verso l’esterno, fondamentale per un business come il nostro. Per intenderci, noi abbiamo avuto difficoltà perfino ad aprire un conto in banca. In Francia la sessualità è ancora considerata come un vizio». A Station F quello che fa la differenza è anche la collaborazione tra startup, come ci spiega Ilaria Fazio. «Ci son 3mila persone, tutte disponibili. Hai un problema con Shopify? Scrivi e qualcuno viene ad aiutarti. Sei circondata da persone che fanno il tuo stesso lavoro e questo ti permette di non isolarti nella tua industry».
Il lancio in Italia
L’ecosistema francese le ha permesso di lanciare la sua idea, ma il primo mercato con cui si confronteranno sarà quello italiano, a partire da settembre. «Ad oggi il mio principale finanziatore è lo Stato francese. Ma qui gli investitori che si lanciano sono comunque pochi: eppure il mercato dei sex toy vale 50 miliardi di dollari a livello globale. C’entra il fatto che siamo donne e ci rivolgiamo principalmente al mondo LGBTQ+, che viene visto come un segmento piccolo». A livello di produzione tutto avviene in Cina, come accade per altri competitor di Ma Joie. «Abbiamo tentato la strada italiana, ma non è sostenibile dal punto di vista economico».
Per farsi conoscere c’è ovviamente la presenza sui social e sul web. «Vogliamo assumere una dimensione militante, cambiare la visione e concentrarci sulle sessualità finora marginalizzate, fatte di connessioni e non di dominazione». Tornerebbe mai in Italia? «Soltanto se potessi continuare a fare l’imprenditrice. Ma mi viene da dire che visto il clima politico non credo sia il miglior momento».