Nato a dicembre del 2021 su iniziativa di Fondazione Marche, l’acceleratore ha Cdp Venture Capital come primo investitore e Intesa Sanpaolo come partner principale, oltre a collaborazioni scientifiche con università e istituti di ricerca. Tre i programmi lanciati: oltre a NextAge, due percorsi dedicati alle realtà marchigiane
Un nuovo punto di riferimento italiano per l’innovazione. Lontano dai grattacieli milanesi e dai tetti romani, lo scorso dicembre è nato nel cuore di Ancona, ospitato nei locali vista mare dello storico Palazzo Camerata, AC75 Startup Accelerator. Lo scopo del nuovo incubatore è chiaro già dal nome. Come le barche dell’America’s Cup – gli AC75, appunto – riescono ad alzarsi in volo sopra la superficie del mare, così l’acceleratore vuole far decollare le realtà che entrano nei suoi tre programmi.
AC75, l’acceleratore delle Marche raccontato dai protagonisti
Numerose le personalità presenti alla presentazione dei primi sei mesi di vita di AC75, a partire da Mario Pesaresi, presidente dell’acceleratore e di Fondazione Marche, organizzazione dalla cui idea è nato il progetto e che, già in passato, ha lanciato diversi programmi di incubazione per startup. Programmi attraverso i quali hanno mosso i primi passi aziende oggi affermate a livello nazionale e internazionale nei rispettivi settori. Ne sono un esempio l’ascolana Hp Composites, attiva nel comparto automotive, Civitanavi Systems, nell’ambito della navigazione inerziale, e RnB4Culture, startup del settore museale.
“In un momento storico in cui si parla di smart city, con riferimento alle metropoli, la nostra sfida per il territorio è la creazione di smart senior living district“, ha affermato Pesaresi, riguardo alla call NextAge. “È necessario realizzare all’interno delle città, anche quelle meno estese, quartieri che, attraverso l’innovazione, siano ottimali e agevoli per i cittadini over 60. Grazie al supporto dei nostri partner, in primo luogo Cdp Venture Capital e Intesa San Paolo”, ha continuato il presidente di AC75, “dimostriamo come in Italia non esista un problema legato alle risorse finanziarie, ma piuttosto di allocazione di queste risorse su buone idee“.
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Un apporto di risorse essenziale arriva anche da Intesa Sanpaolo, main partner di AC75, oltre ai capitali stanziati dalla stessa Fondazione Marche e Fondazione Cariverona. “In Italia ci sono 14 milioni di persone over 65, un dato in crescita”, ha affermato Giuseppe Paglione, direttore dell’area imprese Marche di Intesa Sanpaolo. “Per le nuove realtà imprenditoriali, questo significa avere un terreno fertile su cui crescere”. Fa parte dell’iniziativa anche il fondo di venture capital internazionale SOSV, responsabile del programma di accelerazione. “Seguiamo le startup in ogni fase del loro percorso e le aiutiamo a creare fiducia sul mercato”, ha commentato Kelly Pang, senior program manager di SOSV.
Dalla diagnostica alla prevenzione, le startup per invecchiare bene
A lavoro nelle stanze di Palazzo Camerata, StartupItalia ha incontrato alcune delle startup ammesse alla fase finale della call NextAge. Dmv sta per Diagnostica medica veloce ed è una realtà nata a Roma nel 2020 da un’idea dei farmacisti Domenico Querques e Monica Nota. L’incontro con Valerio Citrani, ceo, e Lia Mannucci, project manager, ha portato alla creazione di una piattaforma proprietaria specializzata in servizi domiciliari per esami diagnostici e servizi infermieristici. “Il nostro gestionale consente ai medici di entrare in contatto con i pazienti in modo più semplice, oltre ad aiutare gli infermieri a razionalizzare il proprio lavoro”, ha raccontato Citrani. “Lo scorso anno abbiamo ricevuto un seed da 195mila euro da LazioInnova e Digital Magics. Ora, grazie ad AC75, vogliamo espanderci a livello nazionale”.
Tra le imprese selezionate anche l’abruzzese Morphogram, software as a service lanciato nel 2018 da Andrea De Cristofaro, ceo, il padre Paolo De Cristofaro, endocrinologo e nutrizionista, responsabile dell’area di ricerca e sviluppo, Cristian Currò, ingegnere biomedico, e Giuseppe Mallamaci, cto. “Il nostro software è rivolto ai nutrizionisti”, ha spiegato il ceo di Morphogram. “Grazie a un metodo di analisi antropometrico proprietario, forniamo un report completo dello stile di vita e la composizione corporea e analizziamo i fattori di rischio del paziente“. La startup, di proprietà della società Nubentech, ha alle spalle tre anni di test clinici e ha siglato una collaborazione con l’Arizona State University.
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Presenti ad Ancona anche Alberto Clemenzi e Chiara Barbati, rispettivamente cto e responsabile scientifico di Salute360. Nata nel 2018 e accelerata dall’incubatore I3p del Politecnico di Torino, si tratta di una piattaforma della salute che offre soluzioni digitali e di intelligenza artificiale ai professionisti del settore medico. “Al momento la nostra azienda conta 2mila farmacie aderenti e mille professionisti sanitari iscritti. I nostri servizi permettono loro di avere a disposizione strumenti di marketing funzionali per attrarre nuovi clienti”, ha specificato Clemenzi. “Oltre a servizi online, come la vendita di prodotti farmaceutici, consegnati a domicilio in due ore”.
Il connubio tra scienza e innovazione e la questione spin-off
Componente chiave del programma NextAge è la presenza di partner scientifici di rilievo. Tra questi, l’Università Politecnica delle Marche, che, come sottolineato dal rettore Gian Luca Gregori, dal 2000 ha creato 61 spin-off. Di questi, 39 sono attivi. “Spesso si sovrappongono i termini startup e spin-off, sbagliando“, ha detto Gregori. Infatti, seppur entrambi motore dell’innovazione, “la startup è più autonoma degli spin-off, che è oggetto di filiazione, distinta in universitaria e aziendale”. E già in questa concezione, secondo il rettore del Politecnico delle Marche, si consuma un primo errore. “Occorrerebbe ibridare gli ambiti accademico e imprenditoriale“, permettendo alle nuove società di acquisire competenze e capacità manageriali.
In sostanza, secondo Gregori, gli spin-off funzionano poco. In Italia come in Europa. “Esistono tre vincoli principali nei confronti di questi soggetti. Un vincolo normativo, che ne limita il rapporto con le università e un vincolo culturale, legato alla malsana e diffusa considerazione in ambito accademico del profitto come elemento negativo. Infine, un vincolo gestionale: i docenti chiamati a far parte di uno spin-off, non sempre possono conoscere il lavoro richiesto loro in maniera sufficiente”.
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C’è però ancora tanto da migliorare. Se in Paesi come la Gran Bretagna, dove, proprio attraverso organizzazioni come il Nica, il governo supporta e finanzia l’innovazione per la realizzazione di prodotti e servizi volti a migliorare la vita delle persone anziane, in Italia il sostegno politico latita. “Occorre un maggiore impegno sul tema. Allo stesso tempo, le università devono ricalibrare i propri programmi sulla healthy longevity, l’invecchiamento in salute, invece che focalizzarsi soltanto sulla health care“, ha continuato Palmarini.
Gli fa eco Fabrizia Lattanzio, direttore scientifico di Inrca. “Bisogna ragionare sul cosiddetto life course approach e comprendere in quali modi startup e istituti scientifici e di ricerca possono interagire per consentire sempre di più un invecchiamento di successo. Rivolgersi alla fascia di cittadini oltre i 60 anni significa avere a che fare con un mondo molto eterogeneo. Esistono necessità e bisogni differenti, legati all’età, all’autonomia individuale e alla presenza o meno di una rete sociale”. Sfide certo impegnative, ma, come ha concluso il presidente di AC75, Mario Pesaresi, “non può esserci di più appagante che adoperarsi per migliorare la vita delle persone”.