Nato a Bacău, in Romania, nel 1987, Adrian Fartade è un divulgatore scientifico, youtuber e scrittore naturalizzato italiano appassionato di astronomia e astronautica. Sarà uno degli ospiti di SIOS24 Florence, l’appuntamento con lo StartupItalia Open Summit il 2 ottobre a Firenze, negli spazi di Nana Bianca, dove terrà un’inspirational speech in cui parlerà dello sbarco sulla luna. Un’impresa, allora, considerata quasi impossibile, come le sfide a cui sono chiamati a far fronte oggi tanti startupper. Lo abbiamo intercettato per farci raccontare come nasce questa sua passione e dove pensa che lo porterà.
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Adrian, secondo te che cosa hanno in comune l’astronomia e le startup?
L’innovazione, sicuramente, che è parte del processo che interessa lo spazio, anche se noi siamo ancora agli inizi e il sistema solare è semi-sconosciuto. In questo settore si crede che se fai un test e tutto va bene, allora l’hai fatto male. E se non vengono fuori i problemi, allora verranno fuori dopo. Dovrebbe essere così anche per gli imprenditori. Poi secondo me è essenziale capire come lavorare insieme. A volte il brainstorming non funziona. Si dice anche che quando si mettono assieme più persone creative tra loro, queste non tirano fuori il meglio. Per esempio, è successo che una donna che si è trovata sola con 10 uomini ha pensato di non essere ascoltata e, pertanto, è rimasta in silenzio. Ci sono persone che lavorano meglio da sole rispetto ad altre.
Anche saper gestire il team è quindi fondamentale?
Sicuramente, quando pensi a qualcosa progettato sul lungo termine, devi anche pensare a quale sia la formazione di persone e anche quanti anni hanno, che non è un elemento da poco. Per esempio, nelle missioni spaziali, se per un lavoro che dura 20 anni viene assunto un dottorando di 25 anni, questo al termine ne avrà 45 e se a insegnargli sarà un professionista di 50 anni, al termine ne avrà 70 e, quindi, non potrà più gestirlo.
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E il problem solving quanto conta?
Riguardo questo argomento anzitutto vorrei precisare che noi cerchiamo di gestire i problemi di oggi con strumenti del ‘700. Abbiamo creato un’economia in cui non possiamo non innovare. Per fare un esempio pratico, Apple se non tira fuori un modello più avanzato di Iphone nei prossimi mesi, non cresce. Quando vai a velocità così alte, non c’è margine di errore e devi continuare a fare sempre di più. Allo stesso tempo, se ci sono tanti Einstein ma nessuno li scopre, non ce ne facciamo niente.
Secondo te, abbiamo bisogno di scettici e complottisti?
I complotti danno centralità. È sempre stato così e adesso capisco perché alcuni siano attratti da questo, ma le persone sono anche affette da ignoranza e paura, non sono loro a essere ignoranti. La priorità del mondo online oggi è quella di creare engagement. Ci sono state persone scettiche, ma ora ci sono, per la prima volta, molti più strumenti per prendere una posizione. In questo momento della nostra storia, non ci sono mai state persone così alfabetizzate anche se noi, allo stesso tempo, siamo come degli adolescenti nell’approccio alla tecnologia.
Che cosa ti spaventa, invece, della nostra società?
Ho paura che si distrugga il senso di gentilezza e l’umanità delle persone stesse. Io non penso che non avremo problemi e che andrà tutto bene, ma penso che quando le cose andranno male non saremo soli. Quando stai male, vuoi qualcuno vicino. C’è voglia di condivisione e credo che quando ci lanciamo odio sui social ci inaridiamo e si perda il senso dell’umanità. Un’altra cosa che secondo me manca in questa società è l’educazione artistica, che spesso è assente soprattutto nelle materie STEM.
Quindi per te l’arte assume un valore centrale nella società?
Si, credo che saper apprezzare e avere un lato artistico sia il modo migliore per creare connessioni nuove e vedere il mondo come qualcosa di plasmabile. Fare attività artistica ti permette anche di sentirti più a tuo agio non solo con il tuo corpo, ma anche con la tua mente, verso nuove idee. La maggior parte delle startup tech della Silicon Valley sembrano alieni e la reazione da parte di chi li conosce è quasi distopica, poi succede che tante idee falliscono e questi startupper vivono come giovani ingegneri aridi di arte. Avremmo bisogno di un’educazione all’arte già dalla scuola primaria, per arrivare al lavoro con un linguaggio emotivo più alto.
Secondo te come si muoverà la società nei prossimi anni? Verso quali direzioni?
Se andiamo indietro di secoli, chi produceva era un artigiano, poi sono arrivate le fabbriche e oggi si va verso un ibrido. I giovani, però, devono essere in grado di fare quel lavoro che facevano gli artigiani per andare avanti. E quindi sono dell’idea che si debba fare un passo indietro per progredire e innovare, altrimenti si andrà verso l’aridità.
Infine, che cosa ti aspetti dallo StartupItalia Open Summit?
Un evento in cui le persone sono entusiaste del futuro. Sono molto affascinato da come si possa far fronte alle sfide del futuro. L’avvenire non sappiamo come sarà. Alcuni dicono che sarà incentrato sul prompt engineering, ma chi lo sa? Quando vedo tanto entusiasmo sulla tecnologia e l’innovazione sono un po’ scettico ma in questo senso credo che l’Italia e l’Unione Europea non siano la Silicon Valley. Nella Silicon Valley ci sono tante cose che non sono etiche, l’Italia dovrebbe prendere alcuni spunti dall’America ma dovrebbe anche sapersi distinguere.