Marzio Schena è a capo della piattaforma musicale nata in Lussemburgo e che permette a produttori e artisti di condividere parte delle royalty future con una comunità di oltre 20mila investitori. “Stiamo vivendo una rivoluzione rispetto ai primi anni 2000, quando a causa della pirateria l’industria musicale rifiutava di aprirsi alle novità”. Così il Ceo per la nostra rubrica dedicata agli innovatori italiani dell’altro mondo
Nel 2017 Francesco Gabbani porta sul palco dell’Ariston il singolo Occidentali’s Karma. Con quella canzone, il cantautore toscano avrebbe vinto il 67° festival di Sanremo. Fra i milioni di spettatori, in Lussemburgo ci sono due ragazzi italiani, che in quel momento stanno lavorando nel settore finanziario. Sono Marzio Schena e Matteo Cernuschi, che l’anno successivo avrebbero lanciato la startup ANote Music, fondata insieme al terzo socio, Grégoire Mathonet.
L’ispirazione per la creazione della società viene proprio dal singolo che in quell’anno si aggiudica il festiva della canzone italiana. “Lo abbiamo ascoltato, ci è piaciuto e abbiamo pensato che sarebbe stato bello poter andare oltre il semplice ascolto e investire sulle potenzialità del brano”, racconta Schena, CEO di ANote Music, a StartupItalia. “La nostra scoperta del mondo musicale è arrivata un po’ per caso, con l’obiettivo di analizzarlo anche da un punto di vista finanziario. La musica ha un valore calcolabile: le royalty, che hanno una vita molto lunga, fino a 70 anni dalla scomparsa dell’ultimo autore. Noi vogliamo far crescere questo valore”.
Da idea a realtà, come funziona ANote Music
Con queste premesse, a gennaio del 2018 nasce ANote. Si tratta di un marketplace di diritti musicali, creato per consentire ad appassionati, esperti e non, di investire in cataloghi musicali e brani messi a disposizione da artisti ed etichette, che decidono di condividere parte delle proprie royalty future con una comunità di oltre 20mila investitori. In sostanza, musicisti e produttori possono vendere i diritti delle proprie canzoni e avere accesso a un nuovo sistema di finanziamento. Un canale alternativo per generare entrate, preziose sia per gli artisti, sia per le case discografiche, che possono decidere di utilizzare i nuovi proventi per sostenere artisti emergenti e migliorare i propri servizi.
“ANote conta una comunità di oltre 20mila investitori e ha distribuito più di 150mila euro di royalty”
La startup ha raccolto oltre 1,5 milioni di euro di finanziamento. Ha inoltre distribuito più di 150mila euro di royalty sulla sua piattaforma e prevede di superare, entro la fine dell’anno, la cifra di 200mila euro. Sul marketplace di ANote, il rendimento medio annualizzato per chi investe è del 9,44%, con il 93% degli investitori a oggi in attivo, avendo già ricevuto profitti.
A ottobre dello scorso anno, la startup ha ufficializzato l’ingresso nel proprio comitato consultivo di Matthew Knowles, produttore e manager discografico, fondatore dell’etichetta Music World Entertainment e padre di Beyoncé e Solange, e Carlo Antonelli, ex direttore delle edizioni italiane di Rolling Stone, Wired e Gq e fondatore, insieme a Luca Guadagnino, della casa cinematografica First Sun.
Un anno dopo, l’azienda guidata dai due imprenditori italiani classe ’92 è stata inclusa tra le 10 startup finaliste della Startup World Cup 2022 di San Francisco, una competizione dedicata alle startup più promettenti a livello internazionale. Un traguardo prestigioso, raggiunto dopo una selezione tra oltre 10mila partecipanti da oltre 70 Paesi e reso ancora più importante dal fatto che ANote è l’unica realtà europea tra quelle selezionate. Il tutto a meno di cinque anni dalla sua fondazione, ispirata anche da quel festival di Sanremo.
Oltre alla canzone, la vostra intuizione proviene anche da aziende simili, magari americane?
L’idea era così concreta che abbiamo seguito un approccio opposto rispetto a quello tradizionale: prima abbiamo creato la società e poi siamo andati a cercare se già esistessero compagnie attive nell’ambito. Trovando peraltro ben poco. Soltanto più tardi, una volta strutturata l’azienda, abbiamo effettuato analisi di mercato, in particolare su fondi di investimento, brokeraggio online e cataloghi musicali, per approfondire i parametri di valutazione del mondo musicale.
“I produttori hanno l’opportunità per investire in nuovi artisti, i musicisti di stringere il rapporto con i fan”
A proposito di analisi di mercato, sono gli artisti a chiedere di lavorare con voi o è più una volontà dei produttori?
Entrambi: metà delle volte sono le etichette e gli editori, l’altra metà gli artisti. Dal lato aziendale, è un’opportunità per ottenere nuove entrate da investire in nuove produzioni. Gli artisti vedono invece l’occasione di stringere di più il rapporto con i fan e approfondire il valore del loro catalogo. Oltre agli artisti, ci sono molti autori e i compositori, come Sterling Fox, in piattaforma da luglio.
Nel caso di una band attiva da più di vent’anni, come gli Zero Assoluto, cosa spinge a quotarsi su ANote?
Nel loro caso, è più un discorso legato alla carriera e all’imprenditorialità. Gli Zero Assoluto sono attivi da 20 anni, hanno consapevolezza del valore del proprio catalogo e si sono chiesti quale fosse un mercato dove poter massimizzare questo valore e magari guadagnare anche in visibilità. Il chitarrista metal canadese Logan Mader è entrato di recente in ANote per ragioni simili.
Restando in Italia, qual è la vostra offerta a livello di etichette?
Il mercato italiano è stato trampolino di lancio dell’attività di ANote. Collaboriamo da tempo con Irma Records e devo dire che il loro è un catalogo davvero interessante. In generale, la varietà all’interno dei singoli cataloghi dello stesso avente diritto è un punto di forza, perché permette di diversificare l’offerta.
“Lavoriamo con cataloghi esistenti e non con singole canzoni: non siamo un indicatore per le scelte artistiche dei musicisti”
Investimenti alti su un catalogo o un brano, provenienti da un numero di appassionati maggiore rispetto alla media, finiscono per influenzare le scelte artistiche nei dischi successivi di quei musicisti?
Oggi non possiamo avere questa funzione. Ci interfacciamo soprattutto con cataloghi e molto raramente con singole canzoni, per cui è difficile capire quale sia il brano che attira di più. C’è poi un elemento fondamentale: ANote è una piattaforma ex post, lavoriamo con cataloghi composti da pezzi usciti da almeno tre anni e, sulla base degli ascolti ricevuti, si decide se inserirli o meno. Andiamo a raccogliere i frutti di canzoni che hanno avuto un buon successo.
Così, però, gli artisti emergenti e poco conosciuti rischiano di rimanere esclusi da una potenziale fonte di guadagno.
A differenza delle major, gli attori in crescita nel mondo della musica a volte faticano a trovare capitali importanti per aumentare la propria attività. ANote supporta questi editori ed etichette. Le risorse in più, generate grazie ai ricavi dalla piattaforma, possono essere sfruttate per dare un’opportunità agli artisti emergenti e consentire loro di pubblicare un brano o un disco. Per esempio, è quello che ha fatto Irma Records: ha reinvestito i ricavi aggiuntivi per finanziare nuovi artisti e migliorare la propria capacità di royalty a livello digitale, tramite nuovi programmi di sincronizzazione. Si può quindi generare un circolo virtuoso che giova anche ai nuovi talenti. Ed è quello che sta accadendo.
“Con Siae e Soundreef c’è un ottimo dialogo: il mondo della musica, oggi, è molto più aperto all’innovazione”
Come hanno risposto invece le società di gestione collettiva al vostro arrivo sul mercato?
Parliamo spesso con Siae e Soundreef, c’è grande interesse e un ottimo dialogo anche con loro. L’intero mondo della musica, in ogni sua componente, dagli artisti alle etichette, agli editori, fino alle collecting society, oggi è molto più aperto e alla ricerca di innovazione. Penso all’accordo tra Siae e Algorand per integrare i pagamenti in blockchain o all’attenzione di Soundreef per le raccolte digitali. È cambiato tutto rispetto ai primi anni 2000. In quegli anni, a causa del diffondersi della pirateria, l’industria musicale si era arroccata nel suo castello, rifiutando di aprirsi alle novità.
Il contesto ideale per la crescita di realtà come ANote.
La nostra azienda si è ritagliata un ruolo anche nel processo di educazione all’acquisto di diritti musicali, tanto per l’investitore, quanto per gli autori, gli artisti e gli editori. Far circolare informazione riguardo a questo mercato contribuisce ad ampliarlo.
Nel frattempo, l’azienda continua a svilupparsi, dopo l’accordo con Revelator. Quali novità ci saranno?
Pur non essendo un competitor della Siae, Revelator è un distributore di royalty che utilizza blockchain. Ogni volta che un artista viene inserito in piattaforma, ci possono essere lungaggini nell’assorbimento dei dati, a partire dallo statement dei musicisti. Grazie alla relazione diretta con Revelator, aumentiamo l’efficienza e la rapidità del nostro lavoro e, tramite l’utilizzo di tecnologie decentralizzate, come blockchain, aumentiamo la sicurezza nei pagamenti delle royalty.
Per gli investitori cambia qualcosa?
Revelator trasferirà non solo le royalty, ma anche le informazioni a disposizione di Revelator su ANote. Questo significa, per i nostri utenti, poter conoscere quanto una canzone è stata ascoltata, dove e con chi. A oggi, molti di questi numeri già li abbiamo, ma a un livello meno dettagliato rispetto a quello che offriremo grazie alla nuova partnership. Vogliamo offrire servizi sempre migliori e questo è un ulteriore passo avanti.