I ragazzi girano di aula in aula, mentre i professori li aspettano. La sperimentazione al via a Roma e in Sicilia
La Svezia fa scuola ancora una volta. La didattica che viene dal Nord Europa sta prendendo piede in Italia. Si chiama “ Dada ” e significa “didattica in ambienti di apprendimento”. Tradotto in altre parole: gli spazi diventano protagonisti, assumono una dimensione, una loro identità. Basta con le aule tutte uguali, senza carattere, senza specificità. Le classi con il metodo “Dada” diventano tematiche e i ragazzi girano di aula in aula, mentre i professori restano nello stesso spazio, ad aspettare i ragazzi al cambio dell’ora.
L’innovativa formula è già in sperimentazione al liceo “Kennedy” di Roma e al “Labriola” di Ostia. Ma anche in Sicilia alla scuola media “Antonio Amore” di Pozzallo, la preside Mara Aldrighetti, ha deciso di combattere la dispersione scolastica dando ai ragazzi l’opportunità di “migrare” da un’aula all’altra, di mettersi in movimento.
A molti, tutto ciò, potrebbe sembrare caotico, potrebbe apparire un elemento di disordine ma chi ha già messo in atto “Dada” assicura che questo sistema garantisce una partecipazione più attiva degli studenti alla didattica e migliora la logistica e persino i costi per la scuola. Secondo la rivista “La tecnica della scuola”, l’idea della Dada è stata importata dalla Svezia, ha dimostrato insieme a degli studi sulle neuroscienze, che il movimento è un fattore vincente per l’approccio alle attività scolastiche.
Le singole aule colorate, a seconda della materia, stimolano alcuni sentimenti, agendo infatti sugli stati d’animo e migliorano la condizione mentale oltre a rendere più piacevole e felice l’esperienza a scuola”. L’applicazione di questo metodo ha dato i suoi risultati anche in Sicilia dove gli studenti sono maggiormente stimolati e in più le aule sono state personalizzate per lo studio delle materie, attrezzate con materiali specifici sempre disponibili”.
Tutto ciò ci mette di fronte alla necessità di ripensare gli spazi delle nostre scuole nell’ottica di una didattica diversa, innovativa, capace di cogliere i necessari cambiamenti della popolazione studentesca. Da troppi anni gli istituti del nostro Paese sono stati concepiti con una separazione delle aule, con un turnare degli insegnanti, con classi che dispongono i banchi nei classici modi. Il mondo degli architetti ha il dovere di fare una seria riflessione con i pedagogisti e con chi ogni giorno lavora nelle scuole per iniziare a pensare ad una progettualità diversa che metta al centro il bambino, il ragazzo, l’adolescente o il giovane.
Avere degli spazi per dei ragazzini tra i 6 e 10 anni e dei luoghi per degli studenti tra i 15 e 18 anni non è la stessa cosa. Abbiamo bisogno di una didattica che si sposi con i luoghi: avere delle aule attrezzate per ogni materia significa dare dignità a geografia, a storia, all’educazione musicale, all’educazione civica. Non ci resta che osservare con attenzione la sperimentazione messa in atto a Roma e in Sicilia per capire gli effetti di “Dada” sugli studenti.