Due anni fa vi abbiamo coinvolto nella prima indagine sul ruolo del Chief Innovation Officer. Ora vi chiediamo di aggiornarci compilando un form
Chi è il “Chief Innovation Officer” (CInO)? Di cosa si occupa? Questa figura serve davvero? Secondo il CEO di Apple Tim Cook la risposta è “no”, non serve: tutti in azienda dovrebbero occuparsi di innovazione. Pur rispettando l’opinione di questo genio assoluto, il dubbio che la questione sia più articolata è lecito. Un’organizzazione dove tutti sono ispirati da una cultura orientata all’innovazione e dominano skills per attuarla è l’Eldorado. Ma quante realtà sono davvero in questa condizione? Dotarsi di un ‘leader dell’innovazione’ focalizzato per mandato sul creare un ambiente del genere – senza sollevare gli altri dall’essere agenti di cambiamento – si è dimostrato in molti casi cruciale per fare il salto di qualità.
Affascinati da questo argomento, come Università di Pavia nel 2019 abbiamo svolto – in collaborazione con StartupItalia – il primo studio a livello internazionale sul ruolo del responsabile dell’innovazione in azienda. Da non confondersi con l’innovation manager: di questi ultimi in azienda ce ne possono essere molti, di responsabile – se presente – uno solo.
Fra i risultati più interessanti è emerso che un CInO – o ruolo analogo – è presente nel 2,2% delle imprese italiane e che chi si dota di tale figura cresce in media ben il 61% in più (su base triennale). Fa riflettere che solo il 9.5% siano donne: decisamente troppo poche. Un altro dato rilevante è l’eterogeneità di obiettivi e attività: ogni impresa interpreta il CInO in modo diverso. Fra le diverse varianti, quattro sono emerse come dominanti: “Pirati buoni” (a) – a metà fra Peter Pan e Robin Hood – che scorrazzano per l’organizzazione in cerca di progetti da potenziare con spirito ribelle, provocatore, sognatore; “Registi delle idee altrui” (b) che mappano i progetti d’innovazione stimolando condivisione di idee e buone pratiche; “Hacker culturali” (c) concentrati sull’instillare comportamenti dirompenti nelle teste dei colleghi; “Trend Hunters” (d) alla caccia di segnali latenti nell’ambiente, per plasmare il futuro anziché subirlo.
Che cosa è cambiato in questi 2 anni?
Quanto questo quadro può dirsi ancora valido dopo una pandemia che sta ridefinendo il concetto stesso di ‘cambiamento’? Dal 2019 sembra passata un’epoca. Siamo entrati nell’era dall’innovazione trasformativa. Con questo termine – nato fra policy makers, ma sempre più attuale anche fra top managers – si fa riferimento a salti evolutivi che alterano in modo profondo come l’organizzazione interpreta fatti ed eventi, bilanciando rivoluzioni dirompenti con il “fare perno” su risorse strategiche dal passato. Un po’ in contrapposizione rispetto all’estremismo della distruzione creatrice, sempre più ci si accorge che si può innovare – anche in modo dirompente – facendo leva pure su risorse come tradizione, valori ‘storici’, apprendimenti consolidati da non disperdere. Il vero innovatore non è chi rivoluziona tutto, quanto chi sa osservare tutto con occhi nuovi.
E ora aiutateci con la nuova indagine
Così abbiamo pensato ad un aggiornamento 2021 dello studio sopra citato, che presenteremo in anteprima a SIOS2021 il 13 dicembre 2021. L’analisi circa l’evoluzione di aspetti già trattati si intreccia a nuove tematiche, come la relazione fra innovazione e sostenibilità ambientale, sociale, digitale.
Cerchiamo aziende e leader dell’innovazione interessati a darci una mano: per farlo, basta compilare un breve questionario online al link: https://forms.gle/mxaMxzjFgzvXU223A
Condivideremo il full report con tutti coloro avranno partecipato (mentre sarà pubblica solo una versione sintetica). A rispondere deve essere il CInO – o chi ricopre di fatto tale ruolo, a prescindere dal job title – oppure un top manager quando questa figura non è presente.
Le imprese italiane sono pronte all’innovazione trasformativa del mondo post-pandemico? Quali i fattori strategici per vincere questa sfida? Se l’eco-sistema dell’innovazione rispondesse in massa sarebbe una fantastica dimostrazione di coesione attorno alla scienza. Ne abbiamo bisogno.