Arrivare prima di altri e fare la differenza. In fondo è questa la ricetta vincente di innovatrici e innovatori che battono sentieri inesplorati per spingersi oltre, realizzando vere e proprio Vite Straordinarie. Certo, ci vogliono competenze evolute, visione allargata, dedizione estrema, coraggio da vendere e una squadra che poi riesca a tirare la volata. Ma le storie che state per leggere e ascoltare su StartupItalia in questo mese di agosto racchiudono tutto questo e molto di più. Parte la nuova stagione di “Vite Straordinarie – Ritratti fuori dal comune”. Ogni lunedì, mercoledì e venerdì di agosto sul nostro magazine e sulle principali app di streaming troverete una nuova puntata della serie. Un racconto che declina le intuizioni geniali, i successi e gli errori compiuti nel percorso, le visioni e i consigli per abitare al meglio questo mondo dell’innovazione con coraggio. Un longform scritto dalla redazione di StartupItalia con le firme di Alessandro Di Stefano, Chiara Buratti e Carlo Terzano. Ogni ritratto è accompagnato dalle illustrazioni di Giulio Pompei. E poi c’è un podcast da ascoltare con la voce del direttore Giampaolo Colletti, che ha supervisionato il progetto. Leggi l’incipit della nuova puntata e ascoltala su Spotify. Per saperne di più leggi il post di lancio.
«C’è scritto anche sulla Amerigo Vespucci: “Non chi comincia, ma chi persevera”. La perseveranza nella visione è un elemento chiave perché all’inizio di una progettualità si hanno risorse molto scarse. Tuttavia, un consiglio è quello si di perseverare ma anche di tenere una mentalità aperta nell’ascoltare attivamente tutti i portatori di interesse (che in questo caso sono tanti) che possono insegnarci a migliorare durante il cammino, fornendoci dei suggerimenti chiave per cambiare, evolvere, trasformare».
«Per parlare di numeri, costruisci una storia». Così scrive l’economista e già premio Nobel Robert Shiller. Facile a dirsi, più difficile a farsi. In fondo lo storytelling dei numeri, e quindi la sua comunicazione, occupa una posizione significativa e talvolta trascurata. Ogni decisione che prendiamo, ricorda Shiller, è accompagnata da un pezzo di finzione. Così proprio i numeri ci permettono di diventare narratori più affidabili. Addirittura trasformano scienziati, attivisti ed economisti in storyteller. E allora tenete a mente due numeri. Due semplici ma assai significativi numeri. 5% e 85%. Numeri assai diversi tra loro, direte voi. Ecco. Ora pensate che le comunità indigene rappresentano solo il 5% della popolazione mondiale, ma sono responsabili della protezione di un sorprendente 85% della biodiversità globale. La loro conoscenza dell’agricoltura tradizionale, della gestione delle risorse naturali e della conservazione della biodiversità è un tesoro che, se unito all’innovazione moderna, può far progredire in modo significativo l’agenda globale della sostenibilità e della resilienza climatica. Ecco, questa storia parte da questi due numeri. E da una località. Siamo in uno sperduto e poco noto villaggio indiano di Kaziranga Haat. Qui 100 donne indigene che fanno parte di 10 cooperative lavorano per costruire la propria idea di impresa e in fondo di futuro. In particolare nei settori della moda e del tessile. E’ una storia di emancipazione, è una storia di identità. E’ una storia plurale. A unire questo posto così sperduto e questi numeri così importanti c’è Claudia Laricchia, 46 anni, accademica, attivista ambientale, nominata Chief of Strategic Cooperation dal Global Indigenous Peoples. Claudia ha in tasca una laurea in economia politica conseguita all’Università di Siena. La sua tesi l’ha fatta sul campo, alla Fao. Era dietro a un PC, ma incontrava persone di ogni parte del mondo. Era in ascolto costante. Di più, in ascolto attivo. Poi col tempo prende un master in food marketing, uno in digital programmation food tech e uno in programmazione neurolinguistica.
Ma Claudia da sempre ha una sana ossessione per il viaggio. Che è incontro, scambio, azione, mai bla-bla. Altro che villaggi vacanza. Poi quell’attenzione per il cibo l’ha maturata anche grazie alla sua terra, quella Puglia dove tutto è incentrato sul mangiare. Il suo passato è nella pubblica amministrazione, ma nella vita di Claudia – lei stessa lo racconta spesso – c’è un prima e un dopo. E nel mentre quell’incontro che le cambia la vita. A Milano nel maggio 2017 vede Barack Obama. Lo ascolta dal vivo. Ci parla. Si illumina. «Mi ha cambiato la vita quando mi disse: “Il cambiamento climatico è alla fine della tua forchetta”». Claudia diventa così climate shaper, ossia attivista per il clima e per l’alimentazione. E poi anche climate leader per The Climate Reality Project di Al Gore, l’ex vicepresidente degli Stati Uniti e premio Nobel per la Pace. Ha fatto due volte il giro del mondo per incontrare i Food Heroes, qualifica con cui la FAO indica gli eroi dell’alimentazione e i protagonisti di azioni positive di cambiamento, e per formare giovanissimi agenti della Green Economy mondiale. «Mangiamo ciò che inquiniamo e inquiniamo mangiando», ha detto durante un Tedx. Come darle torto. E torniamo a quei numeri e a quel villaggio indiano. Perché la creatura che ha contribuito a mettere in piedi con altri compagni di viaggio, ossia Smily Academy, sin dall’inizio riconosce il ruolo inestimabile che queste comunità svolgono e mira ad affrontare le loro sfide specifiche con soluzioni innovative. E col sorriso, potente arma di costruzione di massa. «La conoscenza dell’agricoltura tradizionale di queste comunità, della gestione delle risorse naturali e della conservazione della biodiversità è un tesoro che, se unito all’innovazione moderna, può far progredire in modo significativo l’agenda globale della sostenibilità e della resilienza climatica. Ci avviciniamo sempre di più a un futuro in cui tecnologia e tradizione si fondono armoniosamente per promuovere un paradigma di vita sostenibile». Così ha dichiarato Claudia, tanto da metterlo nero su bianco sul sito della startup. Un altro mondo è possibile, oltre la retorica. E dipende da ciascuno di noi. E ciò che racconta anche un’antica fiaba africana oggi patrimonio collettivo e che sintetizza al meglio la storia che stiamo per raccontare. Durante un incendio nella foresta, mentre tutti gli animali fuggivano, un colibrì volava in senso contrario con una goccia d’acqua nel becco. “Cosa credi di fare?”, gli chiese il leone. “Vado a spegnere l’incendio”, rispose il colibrì. “Con una goccia d’acqua?”, ribatté il leone. E il colibrì, proseguendo il volo, rispose. “Io faccio la mia parte”. Fare la propria parte per fare la differenza. In fondo è ciò che racconta la storia di Claudia Laricchia, una delle nostre Vite Straordinarie. E questo è il suo ritratto fuori dal comune.
Vite Straordinarie: la seconda stagione
- Alberto Broggi (Vislab)
- Danila De Stefano (Unobravo)
- Alberto Dalmasso (Satispay)
- Chiara Russo (Codemotion)
- Davide Dattoli (Talent Garden)
- Chiara Mugnai (Eoliann)
- Giovanni De Lisi (Greenrail)
- Claudia Laricchia (Smily Academy)
- Gaetano de Maio (Qomodo)
- Susanna Martucci (Alisea)
- Luca Ferrari (Bending Spoons)
- Valentina Recanati (511 Racing Team)
- Pierluigi Paracchi (Genenta)