Da ragazzina, una notizia ascoltata per caso la sconvolge. Parlava del futuro del Pianeta. Da quel giorno ha deciso che avrebbe fatto qualcosa. Oggi Chiara D’Adamo ha 29 anni, una laurea in ingegneria energetica e un’ansia climatica trasformata in azione concreta. Ed è co-founder e COO di CarpeCarbon, la prima azienda italiana a sviluppare tecnologie per la rimozione dall’atmosfera e lo stoccaggio sicuro di grandi quantità di CO₂, il principale responsabile del riscaldamento globale.

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Una passione che l’ha portata per tre anni all’Agenzia Internazionale per l’Energia di Parigi, a valutare gli impatti climatici e a redigere rapporti per i policy maker. Ma quella voglia di cambiare il mondo e di avere un impatto continuava a farsi sentire. Così rientra in Italia per fare la sua parte.
«Quando Giuliano Antoniciello, il CEO di CarpeCarbon [fisico e astronomo, si sta occupando dello sviluppo tecnologico, ndr], mi ha chiamata, ho capito che ero pronta a tornare. Siamo pionieri nel settore e stiamo sviluppando una tecnologia che è una sorta di aspirapolvere del cielo per la CO₂. L’intento non è più solo quello di ridurre le emissioni del presente, ma di rimuovere direttamente l’anidride carbonica emessa in passato. Stiamo sviluppando un impianto basato sulla tecnologia DAC (Direct Air Capture): ridurre le emissioni oggi è fondamentale, ma purtroppo non basta più. Occorre anche eliminare l’eccesso di CO₂ che abbiamo già accumulato nell’atmosfera. Senza la rimozione diretta di CO₂ è impossibile raggiungere l’obiettivo delle emissioni nette zero».

La nascita di CarpeCarbon
Nata a fine 2022 a Torino, la startup sta creando prototipi per validare la tecnologia e progettando un impianto pilota che partirà a inizio 2027. Nel 2023 ha concluso un aumento di capitale da 1 milione di euro e ora ha un round aperto da 5 milioni.
«Ci sono poche tecnologie, soprattutto in Islanda, che rimuovono la CO₂ dal cielo, ma per farlo utilizzano molta energia. La nostra scommessa è creare un impianto che non consumi energia elettrica, sfruttando il calore del sole e un flusso d’aria che si aggancia alla CO₂». Poi aggiunge:
«La nostra tecnologia si basa su un processo ciclico: l’aria dell’ambiente viene convogliata all’interno di moduli che contengono un materiale filtrante in grado di catturare selettivamente la CO₂. Una volta saturo, il materiale viene rigenerato grazie al calore, rilasciando la CO₂ in forma pura. La vera innovazione è che non usiamo elettricità per creare il flusso d’aria o per rigenerare il filtro, ma calore a bassa temperatura che può essere prodotto dal sole o recuperato da altre fonti».
Da sempre appassionata di ambiente, Chiara è nata a Isernia, la provincia più piccola d’Italia, e ricorda il momento in cui ha capito che ognuno di noi deve fare la sua parte: «Ho molta paura di ciò che potrebbe accadere se continuiamo ad agire come stiamo facendo, senza cambiare le cose».

Prima di Carpe Carbon, Chiara ha fatto parte anche di una startup che ha creato un bidone in grado di separare automaticamente tutti i rifiuti che vi vengono gettati dentro, utilizzando il riconoscimento delle immagini e l’apprendimento automatico.
«Dobbiamo impegnarci tutti per fare la differenza e lasciare un segno positivo nel mondo. Questa convinzione ha guidato le mie scelte formative sulle fonti di energia rinnovabili e continua a ispirare il mio lavoro nell’analisi dei cambiamenti climatici e nella rimozione del carbonio. A Parigi, studiando le proiezioni future, ho capito che dovevamo rimuovere la CO₂ dall’atmosfera. Che anche se non la produciamo più, non risolveremmo il problema. Quindi mi sono detta: ok, basta fare report. I dati li abbiamo analizzati, le policy anche. Ora dobbiamo agire».
Una volta rimossa, la CO₂ viene mineralizzata, ossia iniettata nel sottosuolo, dove reagisce con rocce basaltiche ricche di minerali: «Queste reazioni chimiche naturali trasformano la CO₂ in carbonati solidi, bloccandola in modo permanente per decine di migliaia di anni. Questo processo, chiamato appunto mineralizzazione, offre uno stoccaggio sicuro, stabile e verificabile».

Carpe Carbon è una delle pochissime realtà attive nell’Europa continentale, e l’unica in Italia.
«L’Europa si sta muovendo: da un lato ha riconosciuto ufficialmente la rimozione del carbonio come parte della strategia climatica, dall’altro sta creando regole per certificare e incentivare queste rimozioni. Il problema è che la maggior parte delle tecnologie sono ancora in fase di sviluppo e non esistono abbastanza impianti. Per questo siamo stati selezionati tra le 10 startup più promettenti dell’anno da EU-Startups».
Carpe Carbon, come carpe diem? «Sì, prima o poi la rimozione della CO₂ atmosferica sarà considerata come un altro servizio di gestione e smaltimento dei rifiuti».
Nel futuro di Chiara c’è tanta voglia di dimostrare.
Perché lo fai? «Non riesco a non farlo. Ho avuto il privilegio di studiare, capire e vedere cosa ci aspetta. E non voglio restare a guardare. Per me è una questione di giustizia, prima ancora che di ambiente. È fare la mia parte per chi non può scegliere, e per chi verrà dopo di noi».