Formata da 4 maturandi del liceo “Righi” di Roma, Local Buddy promette di mettere in collegamento i turisti con persone del posto che possano mostrare luoghi non presenti sulle guide. Il progetto ha vinto la Startupper School Jam della Regione
La scorsa settimana si è conclusa la Startupper School Jam, la competizione tra idee imprenditoriali nate nelle scuole superiori del programma Startupper School Academy della Regione Lazio. Dell’evento vi abbiamo parlato qui. Di seguito, invece, l’intervista a Claudia Nascetti, giovanissima componente del team di “LocalBuddy” che ha vinto la Jam della Regione aggiudicandosi 3 mila euro: mille euro andranno alla scuola e 2 mila al team. Claudia e gli altri componenti del gruppo sono dei maturandi del liceo scientifico “Augusto Righi” di Roma.
Come è nata l’idea di formare un team e fare una startup?
«Nel mio team ci sono Flavia Caroli, Leonardo Sabbatini e Andrea Cittadini. Frequentiamo la stessa scuola e siamo nella stessa classe, quindi ci conosciamo da vari anni ormai; l’idea di fare una startup, tuttavia, è stata una pura casualità! A Febbraio abbiamo partecipato alla cogestione, tre giornate durante le quali la scuola (invece delle solite lezioni) ospitava tantissimi corsi di vario genere, tenuti sia da professori e studenti sia da esterni. Tra questi corsi ce n’era uno intitolato “Come fare startup” che ha subito incuriosito sia me che Flavia: io ero venuta a conoscenza del mondo delle startup tramite un amico conosciuto l’estate scorsa che lavora in Moovenda, mentre Flavia è sempre stata affascinata dall’idea di avere un’azienda».
Li avete conosciuto gli altri?
«Sì: quando siamo arrivate al corso, abbiamo scoperto che anche Leonardo e Andrea si erano iscritti e quindi, ovviamente, ci siamo seduti tutti allo stesso banco. Il bello, però, è che tutti e quattro eravamo convinti che fosse solo un corso teorico; invece si è rivelato essere finalizzato all’ideazione di una startup nel giro di tre giorni, che avremmo poi presentato la settimana successiva. Non si poteva più tornare indietro, quindi ci siamo rimboccati le maniche e abbiamo cominciato a lavorare a un’idea, forti del fatto che già ci conoscevamo e che eravamo un team piuttosto eterogeneo, quindi equilibrato».
E così è nato il vostro progetto…
«Tra le varie proposte, quella che ha prevalso è stata quella che tutt’ora è alla base della nostra startup: stavamo ragionando sul fatto che tutti e quattro viaggiamo molto, quindi è un argomento in cui siamo piuttosto preparati, quando all’improvviso mi sono venuti in mente gli scambi culturali che organizzano i licei italiani, dove lo studente ha l’opportunità di andare a vivere per una settimana o due a casa di un suo coetaneo straniero e viceversa. Noi stessi abbiamo partecipato a uno scambio con degli studenti americani, due anni fa. Mi è tornata in mente quell’esperienza e quanto fosse stato divertente, ma soprattutto interessante vivere il posto in cui mi trovavo non più dalla prospettiva di una semplice turista, ma da quella di un ragazzo della mia età che viveva lì tutti i giorni. E quindi abbiamo pensato: perchè i viaggiatori devono arrangiarsi a comportarsi solo da “turisti”? Perchè non possono avere l’oppportunità che abbiamo avuto noi grazie alla scuola, cioè quella di vivere la città che visitano dal punto di vista di chi la vive tutti i giorni?»
Come avete risposto a queste domande?
«LocalBuddy vuole offrire questa possibilità di far conoscere a un turista i posti che non si trovano nelle guide, i posticini dove mangiare a buon prezzo o i punti di ritrovo dei ragazzi: è una piattaforma social che mette in contatto il turista con le persone del posto, di modo che possa vivere la città da un nuovo punto di vista, sicuramente più vero e più completo. Ma soprattutto ciò che ci preme sottolineare è che il nostro servizio presta attenzione alle esigenze dei turisti, perchè non tutti sono uguali e di conseguenza non tutti vorranno vivere la città allo stesso modo; quindi il turista che vuole sperimentare la vita notturna troverà la persona del posto esperta di club e locali, così come il turista che invece ama fare ciclismo potrebbe trovare una persona del posto che gli faccia fare un giro particolare della città in bicicletta. Sappiamo che come idea non è particolarmente originale o innovativa, ma sta di fatto che questa problematica persiste. Inoltre abbiamo constatato che tutti i nostri competitor concentrano il proprio servizio attorno a un tipo specifico di viaggiatore (solo quello a cui piace ballare o solo quello a cui piacciono i monumenti) mentre noi vorremmo offrire qualcosa di più completo, che sia su misura per tutti».
A scuola qualcuno vi ha fatto da “mentor”?
«A scuola ci hanno fatto da mentor Edoardo Vallebella, Andrea Pastina, Davide De Luca, Francesco Leacche, Monia Montana e tanti altri, che hanno ascoltato la nostra idea, l’hanno criticata, l’hanno apprezzata, ci hanno aiutato a modificarla e a migliorarla. Come siamo diventati startupper? Diciamo che ci siamo “affezionati” al progetto più di quanto pensassimo e, dopo aver conquistato il terzo posto alla gara finale del corso, abbiamo deciso che valeva la pena andare avanti. Abbiamo creato un gruppo e una pagina Facebook e abbiamo cominciato a pubblicizzare l’idea. In seguito siamo andati a farci un giro al BIC e lì abbiamo scoperto del concorso Startupper School Jam! Non potevamo perdere un’occasione simile, quindi ci siamo affrettati a iscriverci».
Come è andata la gara?
«In attesa che il concorso iniziasse abbiamo girato un video a Via del Corso e dintorni, intervistando sia italiani che stranieri di passaggio, spiegando loro l’idea e chiedendogli cosa ne pensassero, se l’avrebbero usata (sia da turisti che da persone del luogo) e perché. Il 4 e il 5 Aprile siamo stati tutto il tempo al BIC, a lavorare principalmente sul business model, che era ancora traballante. Anche qui l’aiuto di nuovi mentor è stato essenziale, tra cui Eleonora Derisi che è quella che ci ha seguito maggiormente. Abbiamo perfezionato il tutto, comprese le slide e il pitch (che a scuola era di 5 minuti, mentre al concorso è stato di 3, quindi un bel lavoro di sintesi). Il 5 Aprile ci sono state le prime selezioni, quelle provinciali: a Roma c’erano 22 idee imprenditoriali e il vincitore doveva essere uno solo! Fortunatamente alla fine si è deciso di nominarne tre ex aequo, e abbiamo vinto noi, insieme ad Eutopia (una sorta di Google Maps che segna i ristoranti vegetariani e vegani) e Reborn (una capsula contenente terra, il seme di un albero e le ceneri del defunto per sostituire le tombe con degli alberi e ridurre così l’inquinamento). Giovedì 7 c’è stata la finale, di fronte a Zingaretti e una nuova giuria».
Vi aspettavate di vincere?
«Al 50% no, perchè la concorrenza era di altissimo livello e tutte le idee erano validissime e meritevoli di successo; al 50% sì, perchè abbiamo messo anima e corpo in questo progetto, abbiamo passato giorni interi a lavorare su video, slide, pitch, più di una volta sono rimasta sveglia oltre l’una di notte con Flavia a ripassare il pitch mentre i ragazzi perfezionavano le slide. Sapevamo di aver fatto un bel lavoro, sapevamo che l’idea era valida e piaceva, sapevamo di aver dato il massimo, quindi eravamo consapevoli di meritare la vittoria almeno quanto le altre startup. Di certo però non ne avevamo la certezza, nè avevamo l’arroganza di credere di essere i migliori. Immagino però che il nostro duro lavoro abbia dato i suoi frutti, perchè il 7, dopo una mezz’ora di attesa carica di tensione, alla fine ci hanno dichiarato vincitori. Non riuscivamo neanche a realizzarlo per quanto era bello».
Cosa farete con i 2 mila euro che avete vinto?
«Ovviamente li terremo da parte per finanziare la startup. Adesso contiamo di fermarci un attimo per poterci concentrare sull’esame di maturità, che ormai è alle porte, dopodiché vorremmo rendere attivo un sito web e lanciare definitivamente il servizio, impegnandoci nel far girare la voce. Chissà, potrebbe davvero funzionare. Noi sicuramente ci speriamo molto!»