Un progetto pionieristico per l’Italia, da 50,2 milioni di euro, cofinanziato dal PNRR, che mette al centro innovazione e sostenibilità, risparmio energetico e protezione da inquinamento elettromagnetico. Entrerà in azione a pieno regime nel 2026, e noi di StartupItalia abbiamo potuto conoscere da vicino l’iniziativa che nasce in un luogo insolito per la concezione comune di un hub dell’innovazione: all’interno di una miniera nelle montagne della Val di Non, a 40 chilometri a nord di Trento. Questo nuovo Viaggio in Italia fa tappa in Intacture, polo di innovazione in divenire per la ricerca nei settori dell’intelligenza artificiale, delle Scienze della vita e della transizione energetica, sviluppato in collaborazione con l’Università di Trento e un partenariato pubblico-privato. La sua particolarità? È un’unicità in Europa.
Un data center nel cuore delle montagne
Nella miniera di dolomia dell’azienda Tassullo, che qui svolge le sue principali attività estrattive, sta prendendo forma il nuovo hub, immerso in un ambiente naturale che offre condizioni ottimali in termini di protezione da inquinamento elettromagnetico, sicurezza dei dati, risparmio energetico e di suolo, sostenibilità. «Si tratta di un progetto che, a monte, conta un lavoro di 15 anni – racconta a StartupItalia Roberto Loro, consigliere d’amministrazione di Trentino DataMine che ha seguito l’iniziativa dagli esordi – Sino a questa ultima fase, nella miniera non si trovava il terreno giusto per costruire il data center. Poi, tre anni fa, è arrivata l’opportunità di legare il progetto al PNRR. La provincia di Trento ha presentato una proposta e così siamo entrati nella rosa dei progetti finanziati con un partner istituzionale come l’Università che lavora in sinergia con soggetti privati. Tra questi, ci sono Covi Costruzioni, che gestisce anche la miniera, Dedagroup, società di software, GPI, che si occupa di servizi digitali per il mondo sanitario e l’Istituto Atesino di Sviluppo, che finanzia iniziative di lungo termine a beneficio dei territori. All’uscita del bando, questi 4 soggetti hanno trovato un’intesa ed è stata costituita la società Trentino Datamine». Una sinergia vincente e fruttuosa che ha portato alla nascita di questo datacenter da un’idea di In-Site, società di ingegneria integrata specializzata nella realizzazione di infrastrutture tecnologiche complesse. «Ha una componente che lo differenzia da tutti gli altri: trovarsi immerso in un bosco nelle montagne del Trentino – continua Roberto – Con un approccio integrato con il territorio, abbiamo ampliato questa visione verso la costruzione di nuovi spazi dedicati anche ad altre iniziative con il territorio e con eventi collegati alle aree tecnologiche dei data center. Costruire oggi un data center è già un’attività molto articolata. Farlo all’interno di una miniera è ancora di più sfidante».
Ostacoli e difficoltà nella realizzazione
Come ben si può immaginare, un progetto di questo genere ha affrontato non pochi ostacoli nella sua messa a terra. Li ha spiegati Roberto: «C’è un insieme di componenti di complessità con cui altri progetti non hanno fatto i conti: anzitutto, l’ambivalenza pubblico-privato che non è sempre di facile gestione, poi gli scavi e le gallerie, che dovevano essere progettate diversamente per ospitare un data center rispetto a quelle a cui in genere siamo abituati. In particolare, in questo spazio, i collegamenti si estendono in verticale. Si tratta di un tipo di architettura che permette il contatto tra interno ed esterno. In particolare, è stato fatto in modo che tutti gli impianti comunichino con quello che li circonda». Ma non solo: «Ci sono stati anche altri aspetti di complessità di difficile gestione, come i macchinari che vengono usati per la componente elettrica. Il data center è, infatti, stato progettato per crescere fino a 5 megawatt e riuscire a ottenere le certificazioni non è stato facile, considerando anche che deve sostenere un basso consumo energetico, legato in particolare al raffreddamento dei server, che devono funzionare senza soluzione di continuità, e all’impatto ambientale. Con questa idea, l’energia che verrà consumata dal centro proverrà da fonti rinnovabili. Allo stesso tempo, avrà un livello di sicurezza maggiore rispetto ad altri data center perché protetto da 90 milioni di metri cubi di roccia dolomia».
Che cosa lo rende davvero unico?
Questi spazi si estendono fino a 100 metri di profondità all’interno di una miniera attiva, rappresentando un unicum in Europa, e sono tra i pochissimi con caratteristiche similari realizzati al mondo. Se fosse stato realizzato completamente in superficie, avrebbe occupato l’equivalente di 21 piscine olimpioniche. Grazie, invece, alla sua struttura quasi completamente sotterranea, ne occuperà poco più di una. Questo approccio applicato a una miniera attiva, trasforma il progetto dei vuoti di cava – ovvero gli spazi derivanti dall’attività estrattiva – in ambienti che possono ospitare attività produttive, in un’ottica di circolarità delle risorse. Il data center di Intacture sarà un Edge Data Center, decentrato, con una dimensione progettata per favorire l’elaborazione di prossimità, permettendo di gestire i dati e ridurre la latenza nella trasmissione e i costi della larghezza di banda. Questo perché – per il principio della Data Residency – i dati saranno trattati vicino a dove vengono prodotti e utilizzati, favorendo velocità di trasmissione e maggiore efficienza. La sua posizione strategica rende, infatti, possibili collaborazioni anche su progetti nazionali e internazionali, come infrastruttura che potrà contribuire allo sviluppo di una “data center economy” italiana sempre più plurale e competitiva. Secondo l’Osservatorio Data Center del Politecnico di Milano, il centro del mercato data center si sta spostando dai mercati tradizionali verso una maggiore decentralizzazione e costruzione di infrastrutture locali di prossimità (Cloud Soveregnity). In questa ottica, infrastrutture come Intacture possono diventare tra i player più interessanti a livello europeo.
Chi popolerà Intacture?
Ma questi spazi così all’avanguardia chi ospiteranno? «Abbiamo già individuato i nostri primi dipendenti – spiega Roberto – Chiaramente, aumenteremo l’organico e il team che gestirà la struttura. Inoltre, con l’Università di Trento vogliamo avviare alcune progettualità sul trasferimento tecnologico per far sì che il nostro centro diventi ancora più inclusivo e possa coinvolgere anche altre realtà innovative, diventando un polo di startup impegnate nella creazione di soluzioni innovative e sostenibili e collegando la ricerca e l’innovazione al mercato e allo sviluppo d’impresa». Ma quando entrerà ufficialmente in funzione? «Dovrebbe accadere all’inizio del 2026. Nel nostro piano complessivo, prevediamo anche un’area eventi che non sono legati solo al datacenter ma anche all’Università e alle aziende locali, ma questa fase sarà successiva al PNRR. Adesso noi puntiamo a far crescere l’hub e le opportunità che può offrire sul territorio. C’è anche una parte immersa nel bosco, che ricalca la città greca con l’agorà e l’acropoli che è il cuore del data center. L’80% resta sotterraneo, occupando anche una parte minore del suolo». Un competitor? «Si, in Norvegia ce n’è uno, costruito sotto una base militare ma è molto umido, mentre questa miniera, per proprie caratteristiche naturali è asciutta e isolata dagli strati superiori». Insomma, una rarità nazionale e internazionale che è ancora tutta da scoprire.