Prima di iscriversi all’università ha fatto il servizio civile all’Istituto Nazionale di Astrofisica. Studia il cinese ispirandosi a Samantha Cristoforetti. Per Venti di Futuro la nuova storia firmata da Eleonora Chioda
Ha 24 anni e un sogno: diventare astronauta. Ma anziché limitarsi a sognare, Davide Nejoumi rompe gli schemi e trova nuove strade per arrivare alle stelle. Si è iscritto a Ingegneria Aerospaziale in ritardo, a 23 anni, e ora sta frequentando il secondo anno. Intanto ha imparato il cinese, fondato la startup Delta Space Leonis per creare pico-satelliti che spera di mandare presto in orbita. La sua passione per lo spazio nasce a 13 anni. Come ricompensa per aver ideato l’impianto elettrico della villetta di famiglia, chiede un telescopio. «Lì ho iniziato a vedere cose bellissime, le lune di Giove, gli anelli di Saturno e le stelle». Intanto passa il tempo libero a smontare e riparare oggetti, tv, computer, telefoni. Mio papà mi diceva sempre: «Rompilo di più, tanto è già rotto». Le sere dei weekend le passa sempre a casa dei nonni a vedere Superquark. «Era quel momento pazzesco in cui tutta la famiglia si radunava davanti alla televisione. Non c’era Netflix o le serie da scaricare. C’erano i programmi TV e Piero Angela. La persona che più mi ha ispirato quando ero un ragazzino. Mi ha insegnato il piacere della scoperta».
Cristoforetti e Nespoli: due modelli
Poi arrivano gli anni del liceo. Davide sceglie di seguire un corso di lingua cinese, come materia extracurricolare. «Ho scelto il cinese perché Samantha Cristoforetti lo stava studiando. E quel professore di cinese, da cui tutti è nato, mi ha spinto ad andare oltre e a togliere il freno a mano». In quegli anni Davide fa sua quella frase di Paolo Nespoli (altro astronauta), che dice: «Prendi strade che altri non prendono per vedere cose che altri non vedono». Cosi finito il liceo anziché iscriversi all’università, decide di fare il servizio civile. «Non ho scelto di fare questa esperienza per i valori in sé, l’ho scelto per l’ente che lo proponeva, perché quell’anno c’era l’Istituto Nazionale di Astrofisica. All’Osservatorio di Astrofisica pranzavo con i ricercatori, scoprivo il mondo della ricerca spaziale e mi innamoravo dell’Universo».
Poi un colpo di fortuna: la Regione Lazio lancia il bando “Torno subito”. Il professore di cinese spinge Davide a iscriversi. Vince una borsa di studio per un periodo di formazione e lavoro a Shangai. «Ho trascorso sei mesi in Cina, perfezionato la lingua e imparato la loro cultura e notato che si stava espandendo anche nel settore spaziale». Rientra da Shanghai e, poco dopo, ancora la Regione Lazio lo informa di aver aperto un altro bando indirizzato solo ai vincitori di “Torno subito”: è un finanziamento di 100mila euro per avviare una startup.
Il lancio della startup
«Mi sono messo al lavoro. Ho pensato di creare pico-satelliti, piccoli 5 cm per lato, grazie a un processo di miniaturizzazione dei componenti elettronici. Satelliti che voleranno in orbita bassa, tra i 450 km e i 500 km, e potranno monitorare allevamenti (anche di api), coltivazioni e acquisire dati. Un micro satellite in fondo è racchiuso in una scheda elettronica».
A un anno dalla presentazione della domanda esce la graduatoria: Davide è primo. Ha un mese di tempo per presentare il business plan. «Non sapevo nemmeno come si facesse. La scuola non ti forma per questo. Sono tornato all’Osservatorio. Ho iniziato a contattare alcuni ricercatori, a studiare su Internet, e ho creato un team. Ho trovato due soci. E per pura coincidenza ci chiamiamo tutti e tre Davide». Il primo si stava laureando in Ingegneria Aerospaziale al Politecnico di Milano, il secondo era di Torino e aveva già 38 anni («L’ho incontrato alla Maker Faire a Roma: proponeva pico satelliti fatti in casa»).
Poi il lockdown. «Abbiamo trascorso tutto il tempo della pandemia a lavorare fino alle tre di notte, in remoto, sempre insieme dietro a uno schermo. Quell’asse Milano-Torino-Roma funzionava benissimo. Decidiamo di focalizzare la prima missione sull’IOD, ovvero In Orbit Demonstration, dando la possibilità a qualcuno di testare un componente elettronico sulla nostra piattaforma».
Davide Nejoumi racconta così lo stato dell’arte del progetto: «Quello che vedi nelle foto e nei video è il satellite che abbiamo sviluppato. Poi abbiamo fatto un esperimento. Abbiamo messo le antenne a Torino, lanciato il satellite su un pallone sonda che sorvolando tutta la pianura padana ha raggiunto i 40 km in altezza nella stratosfera. Distanza in linea d’aria fra satellite e antenne a terra: 450 km».
La missione si chiama Probe 1 ed è dedicata a Piero Angela. «Abbiamo validato i componenti installati e i sottosistemi del satellite e ricreato le condizioni dell’orbita LEO (Low-Earth-Orbit). E abbiamo capito il nostro modello di business: non costruiremo satelliti per vendere satelliti, ma per vendere un servizio che questi satelliti possono andare a generare. Con questo primo grant iniziale di 100mila euro siamo riusciti a mettere in moto la nostra avventura imprenditoriale».
L’esperienza a Singapore
Oggi si preparano a fare un salto molto più grande, sono in attesa di ricevere il primo finanziamento per il lancio in orbita. Intanto Davide partecipa a fiere internazionali, vince un altro programma di accelerazione a Singapore e si trasferisce per tre mesi. «La città è abitata dal 90% da cinesi di seconda e terza generazione. E quando incontravo investitori cinesi e io raccontavo la mia storia in cinese, beh avevo molti più riscontri rispetto ai colleghi».
Ora è a Roma e sta iniziando la raccolta di capitali. «Non lo so come andrà, sto scoprendo però che tutto è possibile. Ho intrapreso un percorso completamente diverso da quello canonico e questo rompere gli schemi, in un certo senso, mi sta aiutando tantissimo. Ad aprile, la Fondazione Marconi in occasione dell’anniversario della nascita di Guglielmo Marconi, mi ha conferito il premio “Marconi per la Creatività”. Questo premio rispecchia il mio impegno nel voler rompere gli schemi, proprio come a suo tempo fece Guglielmo Marconi».
Su Linkedin, Davide pubblica la foto e scrive: «Marconi voleva solamente riuscire a comunicare oltre la Collina dei Cappuccini (Esperimento del “Colpo di fucile”), e oggi, con lo stesso principio, siamo in grado di comandare #rover e comunicare con #sonde in tutto il sistema solare. Senza l’invenzione della radio, tutto il sistema aerospaziale non sarebbe potuto nascere, dato che la comunicazione è alla base di ogni missione nello spazio».
Serve essere studenti modello?
Davide Nejoumi ci ragiona: «Ho scoperto che Marconi non era uno studente modello con un percorso classico e quindi, in un certo senso, anche io incarnavo Guglielmo Marconi. Che non era laureato, è stato bocciato sei volte a Fisica, e poi ha ricevuto il Nobel per la Fisica». Ai suoi coetanei dice: «Se avete un fuoco dentro, rompete percorsi classici appena possibile e da giovanissimi: se siamo fortunati, oggi abbiamo ancora i genitori che ci offrono un tetto e da mangiare a casa lo trovi. Se devi rischiare e fare una startup, lo devi fare adesso».
Online si trovano notizie dedicate a Davide che intitolano: lo studente che andrà in orbita con Elon Musk. È così? «No, non è vero. Non conosco Elon Musk e non voglio essere la sua copia. Quello che voglio è svegliarmi ogni mattina e pensare di dover creare qualcosa che ieri non esisteva. Ho 24 anni, sono in ritardo sulla tabella di marcia classica. Quella dove tutti ti giudicano. Ma forse in fondo in fondo mi piacerebbe dimostrare che è possibile riuscire a lanciare un satellite in orbita senza essere laureati».
Ascolti Davide parlare di spazio, vedi occhi che brillano e passione e pensi proprio a Piero Angeva quando diceva: «I semi buoni ci sono. I talenti in Italia ci sono. Hanno bisogno del giardino, con la terra buona, con l’acqua e con i fertilizzanti. E allora crescono gli alberi, i frutti, e noi tutti possiamo usufruirne».