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Emmanuel Goulin, presidente e a.d. L’Oréal Italia: «Le donne, con determinazione e talento, possono raggiungere risultati eccezionali. In questi anni il programma ha sostenuto più di 4mila ricercatrici in 110 Paesi; cinque di queste hanno vinto un premio Nobel»
Per favorire la formazione di giovani scienziate nel nostro Paese, il premio L’Oréal-Unesco “For Women in Science” dal 1998 sostiene la ricerca volta ad abbattere gli stereotipi di genere. Ad aggiudicarsi le sei borse di studio del valore di 20mila euro ciascuna sono state le scienziate Francesca Berti, Alessandra Biancolillo, Alice Borghese, Gloria Delfanti, Martina Fracchia e Arianna Renzini. Under35, residenti in Italia e laureate in discipline STEM. Le sei eccellenze sono state selezionate dalla giuria, presieduta anche in questa edizione dalla professoressa Lucia Votano (Dirigente di Ricerca presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare). Sul palco dell’auditorium del Museo nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano, dove si è tenuta la premiazione moderata dalla giornalista RAI Maria Soave, si è parlato non solo di gender gap ma anche di come promuovere lo studio delle discipline STEM (o STEAM, che includono anche l’arte) con tre “inspiring women”: Ilaria Cinelli, ingegnere biomedico e fellow dell’Aerospace Medical Association; Arianna Traviglia, archeologa e coordinatrice del Centre for Cultural Heritage Technology ed Edwige Pezzulli, astrofisica, divulgatrice scientifica e assegnista presso l’Istituto Nazionale di Astrofisica.
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Il programma L’Oréal-UNESCO
Il programma L’Oréal-UNESCO “For Women in Science” si propone di sostenere anche a livello economico una serie di progetti di ricerca portati avanti da giovani scienziate italiane under 35. «Abbiamo fatto un grande lavoro con gli stakeholder sul gender gap – ha affermato Emmanuel Goulin, presidente e a.d. L’Oréal Italia – Le donne, con determinazione e talento, possono raggiungere risultati eccezionali. In questi anni il programma ha sostenuto più di 4mila ricercatrici in 110 Paesi; cinque di queste hanno vinto un premio Nobel».
Nonostante la passione e la determinazione verso lo studio delle materie STEM sia tanta, secondo una recente ricerca Ipsos realizzata per Save the Children, oltre la metà delle adolescenti italiane (54%) dice di essere interessata e incuriosita dalle materie scientifiche, ma nel 2021 solo il 22% delle giovani ha scelto un corso STEM all’Università, perché la maggior parte delle ragazze ritiene che le materie scientifiche siano “poco adatte” a loro. Eppure, le ragazze italiane pensano di poter dare un contributo alle sfide più importanti che la società e la scienza si troverà a dover affrontare nei prossimi anni: tra queste, quella dell’invecchiamento della popolazione (lo pensa il 34% delle adolescenti), seguita dalla produzione di energia sostenibile (31%) e la diminuzione delle emissioni inquinanti dei mezzi di trasporto (27%). La voglia di dare un contributo e far parte del cambiamento si legge anche tra le righe di un dato in crescita (+15.74%), quello che riguarda le immatricolazioni femminili ai corsi di informatica e tecnologie ICT. «Lavorare insieme per rompere questo soffitto di cristallo in tempi in cui possiamo cambiare il nostro futuro è la nostra mission – afferma il presidente – Oggi esistono ancora diversi ostacoli da eliminare e la scienza ha bisogno di donne».
Studiare le STEM: perché?
«Per molto tempo, il contributo delle donne nelle scienze è stato oscurato: le donne c’erano ma venivano spesso sottovalutate o non considerate – ha dichiarato in videomessaggio il ministro per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità, Eugenia Maria Roccella – Rivalutare la presenza femminile nelle STEM e promuoverla è un ruolo molto importante per il futuro e il presente. Oggi sono sempre di più le ragazze italiane che intraprendono gli studi scientifici anche con maggiore successo nei dottorati di ricerca rispetto ad altre ricercatrici dei paesi europei. Adesso si deve far sì che, già a partire dalle scuole primarie, le studentesse abbiano più confidenza con le STEM». È un messaggio chiaro e preciso quello lanciato dal ministro, che sposa anche Enrico Vicenti, segretario generale della Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO: «Con una sinergia pubblico-privato, tramite la destinazione di risorse significative, possiamo migliorare la società in cui viviamo. Si dice che la scienza abbia bisogno di donne e ci auguriamo che il successo professionale delle premiate possa spronare anche altre a fare ricerca». A incoraggiare lo studio delle materie STEM sono anche Ilaria Cinelli, ingegnere biomedico e fellow dell’Aerospace Medical Association; Arianna Traviglia, archeologa e coordinatrice del Centre for Cultural Heritage Technology ed Edwige Pezzulli, astrofisica, divulgatrice scientifica e assegnista presso l’Istituto Nazionale di Astrofisica.
Tre professioniste che si occupano di campi molto distinti tra loro ma che condividono un pensiero comune: avvicinare e incoraggiare le più giovani a studiare materie scientifiche. Lo fanno raccontando le proprie esperienze e con una serie di consigli. «Sono sempre andata alla ricerca di nuove sfide – ha affermato Ilaria Cinelli – Dobbiamo essere capaci di aprirci alle novità sfruttando anche l’empatia che, ad esempio, è una delle skills fondamentali nella leadership. Alle giovani direi: “Cercate il vostro ruolo nel mondo e, appena lo capite, vivete per quello”». «Fino all’età di 5-6 anni, le bambine non hanno pregiudizi sulle materie STEM; ce li hanno dopo però – ha affermato Arianna Traviglia – Siate delle ribelli, sempre». A chiudere il panel, Edwige Pezzulli, che ha sottolineato l’importanza di lavorare in sinergia: «La scienza è un soggetto collettivo, un qualcosa che si costruisce insieme. Pertanto, la parità di genere non è solo un discorso di etica sociale ma ha a che fare con tutto il sistema di lavoro».
Le sei scienziate premiate
A ricevere il premio L’Oréal-Unesco “For Women in Science” sono state le scienziate Francesca Berti, con un progetto sul design innovativo di stent realizzati con stampa 3d, destinati a neonati con problemi cardiaci che, pertanto, non necessitano di un’operazione a cuore aperto. Alessandra Biancolillo ha vinto con il progetto “RESILIENTGRAIN” per lo sviluppo di metodi analitici avanzati sulla caterizzazione e la tracciabilità di grani antichi; Alice Borghese con “Esplorare i magneti più potenti dell’Universo”; Gloria Delfanti grazie a un progetto sulla terapia cellulare per il trattamento delle metastasi epatiche da carcinoma al colon-rettale; Martina Fracchia con il progetto “Ossidi ad alta entropia come elettrocatalizzatori sostenibili e innovativi per la reazione di elettrolisi dell’acqua” e, infine, Arianna Renzini con il programma “Svelando il fondo di onde gravitazionali”, per un nuovo modo di misurare e caratterizzare i buchi neri binari con LIGO e Virgo.