Alla scuola primaria “Stoppani” di Milano e al liceo “Malpighi” di Bologna, al via le prime sperimentazioni. Ora si punta sulla scuola dell’infanzia.
Chi l’avrebbe mai detto dieci anni fa che nelle nostre classi nel 2014 si sarebbe sperimentata la stampante 3D che produce oggetti solidi. E chi avrebbe mai pensato che questo marchingegno dell’epoca moderna sarebbe stato utile alla didattica. Eppure basta pensare al fatto che una stampante 3D può essere utile in storia per mostrare ad un bambino cos’è un fossile oppure in scienze per far vedere la forma del cuore. Un’innovazione che potrebbe presto trasformare l’approccio alla didattica anche per gli insegnanti di sostegno, che per esempio, potrebbero trovare utile la stampante tridimensionale per i non vedenti.
La rivoluzione a Milano è già iniziata da tempo in una scuola primaria dove è stato lanciato il progetto “Elementare 3D”: i bambini della scuola “Stoppani” con la collaborazione dei maker del Fablab Milano e dell’associazione WeMake hanno avuto la possibilità di scoprire come da un semplice disegno fatto al computer, potevano arrivare alla realizzazione vera e propria di un oggetto da stampare.
Centoventi ragazzini hanno partecipato ai laboratori scoprendo il futuro della stampa digitale. Una vera e propria sorpresa per gli occhi di questi bambini che nel giro di poco tempo hanno potuto toccare con mano cosa accadrà nei prossimi anni nel mondo della tecnologia. Una sperimentazione che non è stata fatta solo dai bambini ma anche dai ragazzi del liceo scientifico “Malpighi” di Bologna.
Maurizio Sobrero, docente di ingegneria economica e gestionale dell’Alma Mater con l’associazione “MakeinBo” ha realizzato un percorso extra curriculare con venti ragazzi per insegnare ai giovani a disegnare e usare la stampante 3D. Gli studenti hanno ascoltato anche l’esperienza di Simone Di Piazza, responsabile dell’area progettazione della Ducati, che ha spiegato come anche la casa di Borgo Panigale, utilizzi i nuovi modelli di stampanti per realizzare prototipi delle moto. Un approccio che porta indubbiamente a riflettere sul legame scuola – lavoro.
Siamo di fronte alla necessità di pensare ad una nuova generazione d’imprenditori digitali: i nostri giovani nel giro di pochi anni potrebbero dare una risposta alla crisi proprio grazie all’innovazione e alle loro competenze digitali. Ma è chiaro che a questo appuntamento dobbiamo prepararci guardando oltre il 2.0. Il progetto al “Malpighi” non a caso rientra nella rete dell’Università di Stanford che lavora con le scuole per aprire nuovi orizzonti e percorsi didattici innovativi.
Ora Indire, l’Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, punta a testare le stampanti nelle scuole dell’infanzia, avviando un progetto di ricerca volto all’osservazione dei mutamenti introdotti da questo nuovo strumento. E’ chiaro, tuttavia, che ancora una volta sarà necessario non solo avvalersi di esperti esterni al mondo della scuola ma puntare alla formazione dei docenti, a partire da quelli delle scuole dell’infanzia e primaria.
L’approccio alla didattica 3D non può essere casuale ma dev’essere progettato in modo che possa essere un’esperienza che sviluppa l’immaginazione e la visualizzazione spaziale tridimensionale.