Prosegue il viaggio di StartupItalia nelle imprese familiari. Oggi tappa a Milano in Porta Lodovica. Qui nel 1961 nasce la pasticceria Gattullo, simbolo gastronomico della città. «I giocatori di oggi non conoscono quel magico legame tra il nostro locale e la squadra»
«Questo locale è sempre stato un feudo rossonero, parla con uno che va a San Siro per ogni partita del Milan». Giuseppe Gattullo è il figlio di Domenico Gattullo, storico gestore della pasticceria di Porta Lodovica, un simbolo di Milano. Dal 1999 lavora nell’impresa di famiglia e lo gestisce da circa un decennio. Quattro anni fa, compiuti 80 anni, il padre Domenico ha smesso di andare nel bar che ha guidato dagli anni ’70, insieme a sua moglie, mancata nel 2012. Nel corso degli anni, Giuseppe è riuscito a rinnovare l’attività, senza però snaturarne la tradizione, dai grandi classici in vetrina all’amore calcistico per il Diavolo.
I tempi sono cambiati. «Oggi, i giocatori del Milan non conoscono il legame fra i colori rossoneri e Gattullo, non vengono qui. È la vecchia guardia a non essere mai mancata: Tassotti, Baresi, Nava sono ancora nostri clienti». Dopo le interviste a storiche aziende del nostro Paese, fra cui E. Marinella, Antinori e Clementoni, il nuovo viaggio di StartupItalia nelle imprese familiari fa tappa in uno dei simboli gastronomici di Milano, che in oltre sessant’anni è stata un magico ritrovo di artisti, letterati, giornalisti e calciatori. Tutti rigorosamente milanisti, o quasi.
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La storia di Gattullo, sogno milanese
La storia del club ha segnato quella del locale, che ha inizio nel 1961, quando Giuseppe Gattullo, chiamato Peppino, nonno dell’attuale gestore, apre una piccola pasticceria in piazzale di Porta Lodovica n.2. Originario della Puglia, si era trasferito a Milano nel 1924, dove aveva lavorato per la Motta. «Mio nonno ha fatto la sua prima torta nel maggio del 1963 su richiesta del Milan di Nereo Rocco, in occasione dei festeggiamenti per la prima Coppa dei Campioni vinta a Wembley».
“Dopo aver aperto la pasticceria, mio nonno ha chiamato la famiglia a raggiungerlo in città e lavorare in pasticceria: era il sogno milanese”
La storia prosegue con il nipote del fondatore, Domenico Gattullo, che, prima di approdare al bar di famiglia, si era fatto le ossa lavorando da Maxim’s a Parigi e da Cipriani a Venezia, tra il 1968 e il 1969. «Dopo aver aperto la pasticceria, per evitare di avere ulteriori costi assumendo personale esterno, mio nonno ha chiamato tutta la famiglia a raggiungerlo in città per lavorare con lui. Era il sogno milanese che prendeva forma».
È con il “signor Domenico”, come lo chiamava Beppe Viola, assiduo frequentatore del locale, insieme all’amico Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Paolo Villaggio, Cochi e Renato, Teo Teocoli, Diego Abatantuono e tanti altri, che il locale si amplia, diventando com’è oggi, e nasce uno dei capisaldi di Gattullo: il triplo special. Definito proprio da Viola come “il panino più sontuoso che mai sia stato ideato dall’uomo, un autentico capolavoro dell’arte italiana, l’opera più avanzata della tecnologia culinaria universale”, viene creato insieme a Jannacci, che ne suggerisce gli ingredienti, distribuiti su tre fette di pane tostato: prosciutto cotto e mozzarella scaldata, pomodoro, tonno, carciofi, lattughino e maionese.
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Un futuro in continuità
Oggi, però, i simboli di Gattullo non sono soltanto i panini storici, come lo stesso triplo special, lo special o il bocconiano. «Facciamo 25 tipi di brioche, ma il prodotto più iconico è la sfoglia di mirtillo, sulla quale hanno scritto articoli e canzoni. Un dolce che non è stato inventato da mio papà, ma dall’allora pasticcere, che circa vent’anni fa ha creato questa brioche di sfoglia».
“Nell’epoca dei social, lo strumento più efficace e autentico è rimasto lo stesso di tanti anni fa, il passaparola”
Oltre ai prodotti, a evolversi è stato anche lo stesso bar e la sua clientela, più giovane e internazionale rispetto a quella di un tempo. «Negli ultimi 15 anni, con mia moglie abbiamo svecchiato il locale, cercando di portare i ragazzi a conoscere Gattullo, per far vedere loro cosa ha rappresentato questa pasticceria per Milano e quanto abbiano fatto i personaggi che la frequentavano per la cultura italiana. E la cosa bella è sapere che molti dei giovani che oggi entrano qui sono figli di clienti storici». Ad attrarre visitatori, è anche la struttura e l’arredamento del posto. «Nei giorni del salone del mobile, molte persone entrano a vedere i mobili storici di Gattullo, segnalato dalle riviste specializzate come uno dei luoghi da visitare».
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A 62 anni dalla nascita, il locale a due passi dalla Bocconi attende di scoprire quale sarà il suo futuro. «Nell’epoca dei social, lo strumento più efficace e autentico è rimasto sempre lo stesso di tanti anni fa, quando mio nonno me l’ha detto per la prima volta: il passaparola. Un mezzo che non ha costo e resta ancora oggi il metro di giudizio più affidabile per consigliare qualcuno a provare un nuovo ristorante o un nuovo bar».
Resta comunque da preservare una storia irripetibile: «mi hanno chiesto mille volte di aprire nuove attività con il nostro marchio, ma farlo snaturerebbe la sua unicità», dice Gattullo. «Nel momento in cui ho iniziato a lavorare qui, c’erano 12 o 13 dipendenti, oggi siamo 22. È stata una crescita continua: quando sono fuori Milano e prenoto a mio nome in ristoranti di altre città italiane, associano il cognome al locale. È questa la soddisfazione più grande». Il rovescio della medaglia è una professione «che non concede soste, né giorni liberi. Ai miei due figli di 13 e dieci anni dico sempre: non fate il mio mestiere, che è meraviglioso ma ti impedisce di fare molte esperienze, viaggiare il più possibile e lavorare all’estero. Cose che nella mia vita non ho potuto fare».