Parla Laura Biancato, dirigente scolastica di una delle scuole pubbliche più attente sul fronte digitale, l’Istituto G. Giardino di Mussolente. La scuola ha di recente migliorato le aule, perché “colori e aree relax aumentano la motivazione di bambini e docenti”
I soldi per fare innovazione, nella scuola italiana, non sono sufficienti. I finanziamenti che vengono erogati per potenziare le tecnologie degli istituti pubblici sono pochi e vengono distribuiti in modo sparso. Secondo Laura Biancato nel nostro Paese c’è ancora tanto da fare in tema di digitale a scuola. Biancato è la dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo G. Giardino di Mussolente, in provincia di Vicenza, una scuola particolarmente attenta a portare l’innovazione tra i banchi. Nelle prime settimane di quest’anno l’istituto ha migliorato le aule, rendendole più confortevoli e accoglienti, sfruttando un mix di idee prese dalle scuole europee. Innovazione importata, ma anche innovazione fatta dal basso, coinvolgendo la comunità, i genitori e tutto il personale scolastico.
Come si fa innovazione nella scuola italiana?
L’innovazione si fa in primo luogo con la formazione, che permette di cambiare mentalità. Per farlo, deve essere coinvolto tutto il corpo docente, non solo il personale più ricettivo verso le novità. Ma questo manca: manca la formazione vera e propria, soprattutto per quanto riguarda il digitale e la lingua straniera. Gli insegnanti italiani sono tra i più vecchi d’Europa, e molti di loro non conoscono l’inglese, che invece è fondamentale per il digitale: i tutorial, i mooc, le lezioni in rete sono per la maggior parte in inglese. Solo da poco si sta cominciando a capire quanto sia importante formare i docenti prima ancora di formare i bambini.
Secondo una ricerca dell’università di Salford aule curate nell’arredamento e nell’illuminazione aumentano l’apprendimento dei bambini. Voi a cosa vi siete ispirati per il restyling delle vostre aule?
Abbiamo tratto grande beneficio dai programmi Comenius: abbiamo girato l’Europa vedendo le scuole degli altri paesi e da ogni scuola abbiamo tratto un’idea da applicare qui in Italia (dalla Svezia anche più d’una!). Il nostro istituto è un misto di queste idee: per esempio abbiamo un laboratorio di falegnameria ispirato a quello di una scuola inglese. Alcuni accorgimenti che possono apparire banali, in realtà migliorano sensibilmente l’ambiente lavorativo e d’apprendimento: per esempio fare attenzione ai colori e all’arredamento, oppure creare dei laboratori per permettere agli studenti di muoversi in diverse aree all’interno della scuola. Poi c’è la tecnica, ormai consolidata, di destrutturare lo spazio per evitare che le lezioni abbiano un approccio frontale. Una cosa che abbiamo creato nella nostra scuola, infine, e che io considero quasi un fiore all’occhiello, è l’area relax per gli insegnanti: è molto utile per far riposare i docenti, che così sono più motivati e lavorano meglio. Per i lavori nella nostra scuola abbiamo avuto il supporto del Comune e di alcuni sponsor, ma molto è stato fatto anche dai genitori. Certo, i finanziamenti che ci sono nelle scuole dei paesi esteri, soprattutto quelli del nord, non sono proprio paragonabili.
Quindi i finanziamenti, in Italia, non sono sufficienti per innovare la scuola?
Le risorse sufficienti, secondo me, non ci sono mai state per rendere veramente innovative le scuole. I finanziamenti sono limitati, e i supporti per acquistare la tecnologia hanno creato eccellenza a macchia di leopardo. Per dirla in modo semplice: nella scuola italiana la parola chiave in fatto di innovazione è arrangiarsi. Ci sono tante iniziative innovative, ma vengono per lo più dal basso, sono realizzate grazie alla buona volontà di insegnanti e genitori che collaborano per avviare progetti e migliorare la scuola.