L’azienda sportiva tedesca ha delocalizzato la produzione per 20 anni. E ora ritorna con una Speed factory in Baviera che abbatte i costi e avvicina la merce al mercato di riferimento
Fino a poco tempo fa delocalizzare era la parola chiave della produzione industriale. Ora la tendenza sembra essersi invertita. Almeno così fa pensare il caso Adidas. L’azienda tedesca di abbigliamento e calzature sportive ha appena deciso di tornare a produrre in Germania dopo 20 anni di produzione in Asia. Lo farà grazie ai robot. In un nuovo stabilimento a Ansbach in Baviera proprio i robot prepareranno e cuciranno scarpe. Tutto in 4600 metri quadrati di impianto che si chiamerà Speed Factory. Da lì usciranno le prime 500 paia di scarpe sperimentali. «È l’industria 4.0, il nuovo scenario che porta le aziende europee a rilocalizzare nei Paesi di origine, sfruttando la tecnologia dei robot». Così Paolo Cellini, professore di marketing strategico alla Luiss analizza la scelta di Adidas. Sul fronte occupazione il professore della Luiss dice: «Sicuramente da una parte c’è la produzione dei robot e quindi l’impiego di ulteriori risorse umane in quel settore. Ma la nuova industria rappresenta soprattutto la creazione di nuove forme di reddito rispetto al passato».
Non solo automatizzazione, ma integrazione uomini-robot
Il passaggio dalla produzione manuale asiatica a quella robotizzata tedesca partirà a fine 2016, ma andrà a pieno regime nel 2017. La Speed Factory di Adidas l’anno prossimo potrebbe arrivare anche negli Stati Uniti. L’obiettivo è contenere i costi legati alla manodopera di Cina, Indonesia e Vietnam. In Asia sono attualmente impiegati un milione di lavoratori. Ma il costo degli operai sta salendo, spingendo le imprese locali a incentivare l’utilizzo dei robot.
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«L’aumento dei salari in quei paesi emergenti che avevano attirato la delocalizzazione della produzione è un fenomeno più che naturale legato allo sviluppo di quelle economie. E le aziende che producono lì cominciano ad affrontare il problema», spiega il prof. Cellini. Adidas, però, non punta all’automatizzazione completa, ma a un’integrazione dei metodi tradizionali. Almeno così assicura il capo dell’innovazione e della tecnologia di Adidas Gerd Manz. L’annuncio arriva proprio nella settimana in cui 500 appuntamenti in tutta Europa celebrano l’innovazione tecnologica all’interno della European Maker Week, finanziata da Commissione europea e Maker Faire Rome.
L’innovazione per avvicinare la produzione ai consumatori
L’obiettivo produttivo dell’azienda tedesca è di aumentare la produzione di 30 milioni di paia entro il 2020. Nel 2015 sono stati 301 milioni le paia di scarpe uscite dagli stabilimenti Adidas. Ma Adidas vorrebbe anche avvicinare la produzione ai mercati di riferimento così da limitare il lasso di tempo tra l’ordine e la consegna della merce: «Stiamo tentando di avvicinare i nostri prodotti ai consumatori, eliminando la fase del trasporto. Idealmente i rivenditori saranno in grado di fare ordinazioni in base alle tendenze del momento e non avremo bisogno di tenere molta merce in magazzino da distribuire in caso di necessità», ha detto a Fortune Katja Schreiber, responsabile della comunicazione di Adidas. Il passaggio dalla produzione manuale a quella robotizzata non abbassa la qualità dei prodotti: «La delocalizzazione di bassa qualità è stata superata ampiamente dalla manodopera locale e ora della robotica», aggiunge Cellini.
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Altre speedfactory in Usa, Gran Bretagna e Francia
Adidas ha intenzione nel lungo periodo di portare la produzione con i robot anche in Gran Bretagna e in Francia. L’amministratore delegato Herbert Hainer ha accennato anche alla possibilità di produrre con questo sistema le maglie della nazionale di calcio tedesca. Nessuna novità per quello che riguarda i prezzi: rimarranno allineati alla precedente produzione manuale fatta in Asia. E presto la nuova strada scelta da Adidas potrebbe far gola anche ai concorrenti. Primo su tutti il principale, Nike.