I fratelli Alberto e Gianmarco Gizzi, fondatori di Webeers, hanno intenzione di creare una rete di appassionati di birra artigianale. Puntando anche sul racconto dei microbirrifici italiani
Mentre la Peroni diventa giapponese per 2,55 miliardi (apparteneva già ai sudafricani della SabMiller dal 2003), la bandiera della “bionda tricolore” passa sempre di più alla birra artigianale che ha conquistato i palati stranieri e perfino una definizione ufficiale approvata alla Camera. A cogliere questa opportunità di business sempre più redditizia ci sono due ragazzi italiani under 30, i fratelli Alberto e Gianmarco Gizzi, che non si limitano a mettere online un catalogo dei prodotti venduti dalla loro startup Webeers (di cui abbiamo parlato qui), ma ne raccontano la storia e per questo ci dicono: “vogliamo creare una community della birra artigianale”.
La startup che racconta (e vende) un birrificio a settimana
Alberto e Giammarco Gizzi sono i due fratelli che hanno fondato WeBeers e in due fanno solo 47 anni, poco più di un terzo dei 170 anni del marchio Peroni. Sin da bambini hanno vissuto in diverse città, passando da Bari, Roma, Napoli e Monza ma non hanno mai abbandonato quella che per loro è prima di tutto una passione personale: la birra. La scelta di lavorare a un e-commerce dedicato a questo settore però non deriva esclusivamente dal gusto, ma anche dall’essersi resi conto che si tratta di un mercato in crescita eppure ancora mancante di un punto di riferimento online. L’idea dei fratelli Gizzi era quello di offrire ai clienti un’esperienza di acquisto online che fosse guidata e non il classico negozio con catalogo in cui si rischia di perdersi e non apprezzare a pieno quello che si sta comprando. Da qui è nata Weebers e l’idea di raccontare ogni settimana un diverso birrificio, premiata per ora con un investimento importante da parte di Digital Magics che è entrato nella startup comprando il 40% delle quote societarie.
L’intenzione è creare una community
Webeers non è il primo sito dedicato alla vendita di birra artigianale online, loro stessi raccontano di essere partiti (da soli, senza Digital Magics) lo scorso marzo con Birreggiare: “Ma offrivamo una sola birra di un produttore a settimana, ora abbiamo ampliato la gamma prodotti e tra qualche giorno lanceremo – con un noto giornale sportivo italiano – anche la modalità in abbonamento, in cui si potrà selezionare un pacchetto che si desidera ricevere con cadenza mensile”, raccontano Giammarco e Alberto. A differenziarli dal resto dell’e-commerce dedicato alle birre artigianali è proprio la modalità guidata, “ecco perché vogliamo creare una vera e propria community”, aggiungono i fratelli Gizzi spiegando che per entrare nel loro circuito, i produttori di birra possono contattarli e saranno in seguito valutati per verificare che il loro prodotto sia all’altezza dell’offerta di Webeers. “Li incontriamo fisicamente e testiamo la qualità del prodotto appoggiandoci alla guide di Slow food e Unionbirrai – continuano Alberto e Giammarco – naturalmente prendiamo in considerazione solo prodotti italiani, valutiamo l’esperienza dei birrai e da quanti anni sono attivi. Per le valutazione generali ci aiutano molto anche le pagine sui social, in termine di commenti da parte degli utenti, strumento che utilizziamo per raccogliere feedback sul prodotto”.
Il packaging autoprodotto
Una delle caratteristiche migliori del modello di business di Alberto e Giammarco è che si sono fatti il packaging da soli, ed è venuto così bene che stanno pensando di brevettarlo. Per tenere i costi bassi e di conseguenza i prezzi competitivi (pur non dovendo mai rinunciare alla qualità) i due fratelli hanno puntato molto su logistica e spedizione, non a caso offrono la spedizione gratuita per 6 bottiglie. “Siamo riusciti a ottimizzare questa parte del nostro business, le confezioni di birra le abbiamo progettate noi, totalmente, compresi i moduli all’interno. Questo ci ha consentito un risparmio di costo considerevole e stiamo anche pensando di brevettare il progetto, visto che dopo migliaia di bottiglie spedite non se n’è rotta nemmeno una”. Un progetto ambizioso quello di Webeers, i due fondatori puntano a crescere prima di tutto in Italia, mantenendo però sempre un occhio attento sull’estero, dove vorrebbero arrivare quanto prima, soprattutto in Germania e Regno Unito, proprio per sfruttare il grande interesse che questi paesi stanno maturando intorno alla birra italiana.
La “bionda” italiana che piace al Nord Europa
I paesi dell’Europa del Nord sono quelli più interessati alle “bionde” nostrane. Secondo gli ultimi dati diffusi da Coldiretti (e citati in questo articolo), in un solo anno, infatti, l’export di birra artigianale italiana diretto in Germania è cresciuto del +37%, in Svezia del +5%, in Gran Bretagna +3%. Un dato quest’ultimo che non deve ingannare, visto che nei pub d’Oltremanica la birra nostrana è già più che apprezzata e se ne beve quasi la metà di quella che varca le nostre frontiere. Il settore però si fa concorrenziale anche a livello nazionale, con i produttori, siano essi microbirrifici, brew pub (produttori con mescita diretta in loco) o beer firm (con impianti presso terzi) che dimostrano di poter espandere la propria quota di mercato sullo scenario nazionale. Ne è un effetto il dato osservato da Unionbirrai sulle dimensioni dei soggetti intervistati: quelle che erano startup solo tre anni fa sono oggi in grado di avere personale dipendente oltre che un fatturato medio di oltre 100 mila euro. Nei report 2011 e 2013 oltre 1 birrificio su 2 non disponeva di addetti, ricorrendo esclusivamente al lavoro dei soci di capitale, mentre nel 2015 si assiste a una inversione di tendenza: cala infatti la percentuale di birrifici che possono fare a meno di personale (sono circa il 49%) mentre aumenta quella che favorisce l’occupazione, apre le porte al praticantato e soprattutto non licenzia (4 imprese su 5).