Le barrette proteiche della startup Usa Exo sono realizzate con un’originale materia prima, i grilli: contengono il doppio del ferro contenuto negli spinaci
La Silicon Valley è famosa per essere il luogo dove vengono ideati e prodotti i cibi più strani: dopo il famoso hamburger prodotto in laboratorio, è ora la volta della barretta proteica a base di grilli. Un’idea della startup Exo, che sul proprio sito internet elenca una serie di validissime ragioni per cui l’idea possa essere considerata valida: i grilli, secondo i dati presentati, contengono più del doppio del ferro contenuto negli spinaci e la loro lavorazione produce una quantità di gas serra 100 volte inferiore rispetto a quella derivante dalla processazione della carne bovina.
5 milioni per lanciare la startup
Quella che a prima vista potrebbe sembrare un’idea bizzarra e poco concreta per il mercato consumer, sta avendo un enorme successo: la startup si è appena aggiudicata 4 milioni di dollari di finanziamento, grazie all’acceleratore d’impresa Accellfood. Aggiunti al milione e 600mila dollari che la startup aveva conquistato in un altro contest, Exo può ora contare su un fondo totale di 5 milioni e 600mila dollari. Exo è convinta che anche i Paesi occidentali, che sono generalmente scettici rispetto al poter mangiare degli insetti, possano trarre enormi benefici da questa tipologia di cibo. “Gli esseri umani hanno mangiato insetti per migliaia di anni”, spiega Greg Sewitz, fondatore della startup, “quando abbiamo raccontato che avremmo lanciato un business per vendere cibo a base di insetti si sono messi a ridere, come se non fosse una cosa naturale”.
Aragoste, cibo per poveri
Anche le aragoste sono state a lungo considerate come un animale marino disgustoso, adatto solo alle classi più povere. “Al tempo dei coloni le aragoste erano così abbondanti da essere considerate le proteine dei poveri e venivano mangiate solo dagli indigeni”, continua Sewitz. Il valore iconico e sociale di un determinato cibo può variare nel tempo e oggi le aragoste vengono servite nei ristoranti di lusso. L’aragosta ha qualcosa in comune coi grilli: entrambi sono artropodi. Il consumo di insetti non è assolutamente un elemento nuovo nella storia umana: l’uomo aveva iniziato a cibarsene migliaia di anni fa e, stando ai dati Fao, oggi la tipologia più consumata di insetti sarebbero le cimici. I grilli, invece, rappresentano il 13% di tutti gli insetti consumati su scala mondiale. Sewitz è convinto che essi costituiscano una fonte di proteine sana e sostenibile (contengono 13 grammi di proteine per porzione), il loro sapore sarebbe simile a quello di un dado arrosto. “C’è molto da fare perché la gente inizi a capire che consumare del cibo a base di grilli non ha nulla di strano”, commenta Sewitz,”serve informazione e divulgazione”. Le barrette proteiche della Exo sono sul mercato da un paio di anni, tutto è partito dalla cucina di Sewitz e da una campagna su Kickstarter con cui l’imprenditore ha potuto raccogliere i primi 20.000 dollari. L’azienda, grazie ai fondi ricevuti, potrà sviluppare il proprio business ed effettuare campagne informative circa le proprietà nutrizionali dei cibi a base di grilli.
Estrazione delle proteine: work in progress
Un’altra grande barriera alla produzione industriale di queste barrette è rappresentata dal processo di estrazione delle proteine dai grilli. Se è vero che questi insetti sono in grado di riprodursi in tempi rapidissimi, con un notevole vantaggio per la programmazione di un’intensa produzione industriale, la tecnologia che permette di estrarne le proteine è ancora troppo cara. Secondo Sewitz, ogni libbra di polvere di grillo è prodotta con la demolizione di 3.000-4-000 grilli, per poi essere venduta al dettaglio per 30 dollari circa. Per ora, la macinazione dei grilli viene affidata conto terzi, ma l’obiettivo di Sewitz è poter sfruttare economie di scala per la produzione su larga scala, per abbassare il costo unitario. “Il nostro obiettivo primario rimane quello di far capire alla gente che mangiare insetti è qualcosa di naturale, vogliamo vincere il pregiudizio che a oggi impedisce a questa tipologia di cibo di veder riconosciuto l’alto valore nutrizionale che possiede”, conclude Sewitz.