Crowdfooding è la piattaforma dove investitori e startup food si incontrano: chi vuole finanziare, chi vuole raccogliere. Obiettivo? Il ceo Alessio D’Antino: “Espanderci in altri paesi europei”
Le startup del cibo seducono gli investitori. Lo abbiamo visto con Great! Laboratori del gusto. Eppela è la prova che l’interesse a far parte di nuove avventure che facciano crescere il mondo del food, arriva anche dal basso. Lo dimostra anche la nascita di Crowdfooding, la prima piattaforma di equity crowdfunding dedicata al mondo del food and beverage. Il suo creatore è Alessio D’Antino, giovane imprenditore torinese, che con la sua idea ha sedotto il team di You Can Group, società fondata da Sara Roversi e Andrea Magelli, specializzati in food innovation e con i piedi ben piantati in Italia. Dopo aver investito il proprio tempo per la preparazione del progetto, Crowdfooding ha visto la luce in una presentazione a Londra che ha coinvolto oltre 130 opinion makers, acceleratori locali e giornalisti. “Per il 2016 abbiamo una previsione di crescita che dovrebbe portarci a raggiungere le 250mila sterline. Entro il prossimo anno toccheremo il break even point”, spiega D’Antino.
Il richiamo di Londra
Ma perché presentare una startup sul food creata da menti italiane a Londra? “Il mercato europeo e soprattutto quello inglese è molto più appetibile per una startup dedicata al food in cerca di fondi. A Londra la food innovation è molto attiva e vibrante e il mercato dell’equity crowdfunding è ben sviluppato. Inoltre ci sono degli schemi di investimento messi in campo dal governo inglese che rendono appetibile l’investimento in una startup innovativa, oltre alla presenza di sgravi fiscali”. D’Antino ha studiato il mercato legato a startup e food innovation durante la sua permanenza nella Silicon Valley, in cui ha conosciuto anche Sara Roversi e Andrea Magelli. “Lavoravo per un acceleratore di startup”, racconta il fondatore di Crowdfooding “e in un anno ho incontrato molti imprenditori del cibo che volevano far partire delle attività nel food and beverage, puntando su prodotti tipici, o altri che usavano la tecnologia a supporto del cibo. Molti di questi avevano difficoltà a raccogliere capitali”.
I difficili passi per le startup del food: ecco perché
La principale difficoltà per le startup del food è la verginità del mercato a questo prodotto: non tutti gli investitori capiscono le dinamiche di una food company, che ha bisogno di molti capitali per partire e non riesce subito a ripagare l’investimento, a causa dei bassi margini. “Davanti alla frustrazione di questi imprenditori, mi sono chiesto se ci fosse un metodo per creare un accesso al capitale più immediato”. Ed è nato Crowdfooding. “Abbiamo sviluppato una directory con gli investitori più attivi nel food & beverage. Abbiamo integrato i dati di piattaforme di investimento, depurandoli da ciò che non riguardava il cibo e ne è venuta fuori una lista di 3000 investitori. Era novembre 2014. Abbiamo reso l’accesso al database gratuito per gli imprenditori. Abbiamo sondato il terreno con gli investitori, abbiamo fatto un match fra le due esigenze e abbiamo creato l’algoritmo”.
Come funziona
Se si ha un’idea innovativa in campo food e si è alla ricerca di fondi, basta registrarsi sulla piattaforma. La Invest Commettee fa una selezione tra tutti i progetti, per proporre solo i migliori. Superata questa fase, viene permesso alle aziende di creare campagne di crowdfunding con obiettivi economici e temporali. Gli investitori scelgono l’entità della partecipazione azionaria nei progetti, in modo da sapere quanto guadagneranno dal loro investimento. Crowdfooding trattiene il 2% sugli investimenti nelle aziende presentate, mentre alle startup viene trattenuta una fee di 1500-2500 sterline a fronte di una consulenza sull’attività, compresa la parte legale. Inoltre alle aziende finanziate o in cerca di finanziamenti viene offerto un template per governare le relazioni con gli investitori. Tuttavia l’investimento viene gestito solo attraverso la piattaforma: vietate le contrattazioni individuali.
La road map di Crowdfooding
La maggior parte delle startup che hanno risposto alla chiamata di Crowdfooding sono europee, ma molte domande d’ingresso vengono anche dall’India e dagli Stati Uniti. “In Italia c’è molto know how, soprattutto produttivo, e storie come quelle di Pizzabo o Restopolis insegnano. Tuttavia da noi la scena non è ancora molto matura secondo me”, spiega il co-fondatore di Crowdfooding. D’Antino tira in ballo l’Olanda per l’agrifood, e i paesi nordici dove si sperimenta molto grazie all’università. Ma per l’imprenditore torinese c’è un’area mondiale su cui ha molte aspettative: “Sono un fan dell’Asia: qui ci sono molti cibi che noi non abbiamo e che, con i dovuti adattamenti, possono essere portati da questo lato del mondo”. L’ambizione di Crowdfooding è di diventare la più grossa piattaforma di investimenti legata al mondo food and beverage: “Miriamo ad espanderci in altri paesi europei, ma abbiamo anche bisogno di una regolamentazione legislativa che ci permetta di attirare investitori in progetti internazionali”. Tuttavia, in attesa di raggiungere questo ambizioso obiettivo, la startup ha lanciato il Food Innovation Executive Program, un progetto di formazione tra Bologna e la Silicon Valley. Del resto per conquistare il successo bisogna essere ben preparati.