Il primo Tag romano, nel Palazzo delle Poste, non è un coworking ma un mini-ecosistema. In vista di possibili investimenti e in linea con il piano industriale firmato da Francesco Caio. Con una dote da 3 miliardi.
Che ci fanno le Poste in un coworking? Per anni il gruppo è stato sinonimo di posto fisso (non solo a livello contrattuale ma anche fisico). Molto è cambiato. E oggi la società guidata da Francesco Caio si apre a una nuova esperienza, rivolta a chi un ufficio ha deciso di non averlo.
Il ruolo dell’open innovation
In realtà non sono le Poste che entrano in un coworking ma è il coworking che entra nel Palazzo delle Poste con il primo Talent Garden di Roma. Tag, fondato da Davide Dattoli, replica la sua formula: non solo un luogo in cui si condividono stanze, scrivanie e servizi ma un acceleratore. Sostenuto da Digital Magics, con cui (lo scorso dicembre) Poste ha sottoscritto un accordo per la nascita del campus.
Un nuovo approccio aperto, che non si ferma alla fornitura di stanze e connessione. Le scrivanie (che costeranno 250 euro al mese) sono aperte a tutti, anche a società più strutturate (le prime postazioni sono state assegnate, tra gli altri, a Deliveroo e Cisco). Ma la partnership assegna a Digital Magics il compito di monitorare il mondo delle startup e capire se possono essere utili a Poste Italiane. Come si legge nella nota diffusa al momento della firma, lo scorso dicembre, “la finalità è quella di mettere a sistema informazioni e conoscenze per pianificare iniziative ed eventuali investimenti che Poste Italiane valuterà in termini di valore industriale e tecnologico per nuove soluzioni di business”. Tradotto: il nuovo Tag sarà una struttura nella quale far crescere talenti, allevati da Digital Magics in vista di possibili investimenti di Poste.
Il Piano Industriale 2020: eCommerce e digitale
La direzione è in linea con il Piano Industriale del gruppo, presentato nel dicembre 2014, che segna il percorso da affrontare fino al 2020. Che cosa prevede? Tre miliardi di investimenti in “infrastrutture e piattaforme digitali per l’innovazione dell’offerta”, 500 milioni dei quali per la “riqualificazione e la sicurezza degli uffici postali”. I capitali, quindi, non mancano. E neppure la libertà di spaziare in diversi settori. Perché “l’innovazione dell’offerta” si traduce in quelle tre priorità indicate dall’amministratore delegato Francesco Caio: “Un sistema logistico funzionale e capillare; sistemi di pagamento digitali, sicuri e tracciati; risparmio e offerta assicurativa per le famiglie”. Praterie per le startup che si occupano di logistica, payment, assicurazioni, retail.
Un mini-ecosistema in Poste
Le Poste sono ancora sportello, ufficio, contanti. E continueranno a esserlo. Ma nell’ultimo Piano Industriale, Caio ha sottolineato che “il nuovo contesto economico e sociale in cui si dovrà muovere Poste Italiane è legato essenzialmente allo sviluppo dell’economia digitale ed all’e-commerce”. Pescando (anche) dai talenti del Tag. Il campus, quindi, non è solo un coworking e neppure un semplice spazio. È una struttura che fonde acceleratore, incubatore e (potenziale) finanziatore. Un mini-ecosistema, grazie al quale le startup entrano in Poste e Poste si apre alle startup.