GrowITup è la nuova creatura di Microsoft e Fondazione Cariplo. Investirà 10 milioni in tre anni, per far crescere le startup e la loro collaborazione con le grandi aziende.
Che cos’è GrowITup? Non è un incubatore, né (solo) un progetto di open innovation. Questo programma, nato dall’iniziativa di Microsoft e Fondazione Cariplo, ambisce a diventare il polo di aggregazione e il punto d’incontro tra grandi aziende e startup. Passando per le strutture (acceleratori e incubatori) che tessono già la rete digitale italiana. E aggiungendo capitali, che non fanno mai male. Se proprio volessimo definirlo, potrebbe essere un acceleratore di ecosistema.
Dieci milioni in tre anni
GrowITup è stato svelato all’inizio di giugno, durante la Edison Innovation Week, e battezzato il primo luglio. Ha trovato casa a Milano, negli spazi della Cariplo Factory. Tra risorse tecniche, intellettuali, marketing e logistica, richiederà un investimento di 10 milioni nei prossimi tre anni. L’obiettivo è quello di trasformarli in un moltiplicatore. Carlo Purassanta, ceo di Microsoft Italia, ha dichiarato di voler contribuire a duplicare ogni anno gli investimenti da venture capital in Italia, per arrivare a quota 1 miliardo nel 2020.
Enrico Noseda, founder del progetto, inizia a spiegare GrowITup dicendo che cosa non è: «Non è un acceleratore, non fa scouting sul mercato di startup da incubare in cambio di equity con un modello di business basato sulle exit, non richiede capitali o fees alle startup supportate né ad acceleratori e venture capital». Il supporto economico arriva dalle sponsorizzazioni dei partner, a partire da Microsoft e Fondazione Cariplo.
Un facilitatore al centro dell’ecosistema
Allora cos’è GrowITup? «È un facilitatore che supporta gli stakeholders in un’ottica sistemica – sottolinea Noseda – lavora al centro di un ecosistema facilitando il percorso delle startup dalla fase post seed in avanti».
Non c’è quindi un antagonismo con gli operatori già sul campo. Tutt’altro. «Opererà in ottica di cooperazione: le startup che entreranno nel programma GrowITup provengono principalmente dal pool di acceleratori e incubatori italiani». E infatti l’accoglienza è stata buona: «Siamo attualmente in conversazione con i principali operatori del settore con riscontri molto positivi».
Noseda definisce GrowITup come «un ulteriore canale di supporto», che dovrebbe rendere più semplici «cooperazioni commerciali, partnership strategiche o industriali. E la raccolta di investimenti o possibili exit verso il mondo corporate, anche con il supporto di investitori istituzionali».
Lo schema: perché GrowITup
Per Fabio Moioli, head of consulting & services Microsoft, GrowITup «è uno schema di successo win win che mette insieme il piccolo e il grande». Accenture, uno dei partner dell’iniziativa, ha stimato che una maggiore collaborazione tra aziende maggiori e startup potrebbe avere un impatto sul Pil italiano di 35 miliardi di euro.
Lo schema è questo: le startup vengono formate con un’ottica internazionale, anche grazie all’aiuto dei mentori. Si apre così un canale privilegiato con mondo corporate e potenziali investitori. Acceleratori e incubatori hanno uno strumento in più per far crescere le proprie startup, aprendosi (in potenza) a un nuovo bacino di capitali. Le grandi aziende esplorano un ambiente innovativo, fatto di competenze che a volte è difficile sviluppare al proprio interno e, allo stesso tempo, osserva da vicino giovani società su cui puntare. Gli investitori si focalizzano su un gruppo di startup mature, già selezionate e con possibili sinergie con il mondo corporate. L’ecosistema dovrebbe così attirare nuovi capitali nazionali e internazionali (in particolare da venture) verso realtà locali.
La piramide: obiettivo scalare
Se, oltre a dare una definizione, a GrowITup dovessimo dare una forma, sarebbe una piramide. Il programma parte dalla base: selezionare le startup. Connette acceleratori e incubatori, coinvolge partner aziendali. Per poi arrivare agli ultimi due gradini, i più ostici per il mercato italiano: attirare gli investitori e scalare.
In Italia, sottolinea Noseda, le difficoltà maggiori restano. «L’accesso ai capitali e una cultura ancora troppo locale». Durante il battesimo di GrowITup, anche Purassanta ha sottolineato questo aspetto. «Serve uno shift verso il global. E in questo la grande azienda, che ha già fatto questo passo, magari lungo anni, può aiutare la piccola impresa ad accelerare questo processo» .
«L’ecosistema italiano – continua Noseda – ha idee, network di acceleratori e incubatori, grandi imprese con una grande voglia di innovare». E, al netto dei suoi difetti (o forse proprio per questi) conserva «un’infinità di opportunità da cogliere, per informatizzare le imprese, rendere meno burocratica la macchina dello Stato, far crescere le startup innovative e trasformarle in aziende di successo a livello globale».
La struttura: leader, comitati, partner
A capo di GrowITup ci sono i due leader: Enrico Noseda e Anders Nilsson. Noseda e Nilsson formano il comitato di direzione assieme ai rappresentanti dei due promotori: Carlo Mango e Riccardo Porro (per Fondazione Cariplo), Carlo Purassanta e Fabio Santini (per Microsoft). Il comitato di direzione è l’organo che guida il progetto: delinea le strategie, approva i piani operativi e il budget, monitora l’andamento dell’intera macchina.
Segue il comitato consultivo, un forum allargato ai rappresentanti dei partner. È un organismo su base volontaria e supporta il comitato di direzione nelle scelte programmatiche di GrowITup. Ha un ruolo particolarmente importante soprattutto nella prima fase, quella della selezione delle startup.
Ci sono poi i partner. Al momento sono 16, ma l’obiettivo è di arrivare a 20 entro la fine dell’anno e a 30 entro giugno 2017. Alpitour, Barilla, Enel, Generali, Intesa Sanpaolo, New Holland e Techonogym sono i Corporate Partner. Accanto ai Technology&Services partner (Accenture, Avanade e HP enterprise), contribuiscono al progetto sia finanziariamente, sia dedicando risorse con mentorship e coaching. Alla formazione partecipano anche i partner della Business Schools (Luiss e il Mip del Politecnico di Milano). Per finire (per ora) con Innogest, Invistalia, Quadrivio e Assolombarda.
«I partner – spiega Noseda – offriranno la loro esperienza e i loro network per spingere la startup verso il livello successivo. Questo aprirà inoltre nuove opportunità di coinvolgimento: le aziende avranno l’opportunità di sperimentare il potenziale delle startup. Gli investitori potranno avere un’anteprima di come le opportunità si stanno sviluppando». Poi, quando le startup saranno più mature, potranno aprirsi agli investitori. E le aziende saranno in prima fila per stringere accordi su prodotti e servizi o per acquisire tecnologia e talenti.
La selezione: chi può accedere
Le startup selezionate devono appartenere a uno di questi sette settori: Industria manifatturiera, Cibo & Agricoltura, Design & Moda, Assicurazioni & Servizi Finanziari, Turismo & Intrattenimento, Sanità, Energia & Ambiente. Settori scelti perché, ha spiegato Purassanta, sono quelli nei quali “l’Italia ha credibilità internazionale”. Devono avere una prospettiva globale, personale qualificato e meno di 5 anni di vita. Devono essere italiane (cioè registrate o con la maggior parte dell’attività in Italia), aver già raccolto 50-100 mila dollari e prevedere investimenti non inferiori ai 500 mila.
“Fondamentalmente pescheremo dagli acceleratori per startup in fase post-seed”, spiega Noseda. “Accetteremo anche candidature dirette per startup già in una fase di scaleup (che abbiano finito un programma di accelerazione o che comunque siano in uno stadio del loro ciclo di vita già sviluppato)”. Da ottobre GrowITup inizierà lo scouting e la selezione delle startup con gli acceleratori partner e tra le candidature ricevute.
Paolo Fiore
@paolofiore