«Siamo stati sulla Luna nel luglio 1969. Woodstock è cominciato tre settimane dopo. Col senno di poi, è lì che il progresso si è fermato e che hanno vinto gli hippie». Delle tante affermazioni sconcertanti, spiazzanti della lunga intervista nei giorni scorsi sul New York Times a Peter Thiel, fondatore di PayPal e Palantir, tra i primi finanziatori di Facebook e oggi figura di spicco della destra a Silicon Valley come sostenitore di Donald Trump dal 2016 e mentore del vicepresidente Vance, questa è quella che più mi ha stupito.

Quell’inquietudine per le parole di Thiel
Perché per anni con Italiani di Frontiera ho indagato sul contributo della controcultura californiana alla crescita della culla mondiale dell’innovazione, pure con uno spettacolo (“Dobbiamo tutto agli Hippie. Alle radici della New Economy“, regia di Alessio Mazzolotti), che all’esordio ebbe l’onore di un pubblico elogio da uno spettatore d’eccezione: Federico Faggin.

Agli occhi di Thiel invece, dagli anni Settanta sarebbe iniziato un pericoloso rallentamento nella dinamica di cambiamenti e innovazione iniziata nella società occidentale a metà Settecento. E mentre molti di noi oggi temono di vedere già avviata l’era di un inquietante autoritarismo tecnologico, lui, che ammette di aver puntato subito su Trump solo come unico elemento dirompente di questa stagnazione, il pericolo lo intravede in un possibile «regime autoritario ecologista» immobilista che tutto pretende di controllare e misurare, indicando fra diverse citazioni del Vecchio Testamento il possibile Anticristo in… Greta Thunberg!
Per anni ho celebrato il potere innovativo del pensiero controcorrente di personaggi scomodi, dai poeti della Beat Generation alla breve stagione hippie, che ispirarono il sogno libertario di diversi pionieri dell’hi tech, non solo Steve Jobs. Oggi scopro che a mettermi a disagio è proprio un pensiero controcorrente, di visionari di una controcultura contrapposta ma germogliata sempre nella Bay Area, profondamente di destra. Come fronteggiarla? A soccorrermi è stato un vecchio amico come Leandro Agrò, pioniere in Italia di Internet delle Cose e Design Thinking, “orgogliosamente siciliano” da alcuni anni trapiantato a Silicon Valley (in coda la sua scheda), con una preziosa riflessione a tutto campo sulle parole di Thiel. Agrò vive e lavora a Palo Alto. Si occupa di innovazione in ambito hardware/IoT e Physical AI, portando il design thinking nei processi di accelerazione per startup deep tech. È a capo dei programmi Deep Tech Programs a INNOVIT e collabora con venture builder tra Italia e Stati Uniti. È advisor di compagnie a forte vocazione robotica ed è Chief Product Design Officer di SailADV Group / D.gree, dove progetta una tecnologia di autonomia e intelligenza artificiale per superyacht.

Prima di tutto Leandro, quali sono i motivi di questo profondo disagio in persone aperte alle idee nuove, davanti alle dichiarazioni di questi guru di Silicon Valley?
Personaggi come Peter Thiel ed Elon Musk Incarnano un tipo di leadership che è allo stesso tempo inquietante e, innegabilmente, efficace. E questo avviene in un luogo, Silicon Valley, dove viene definita una buona parte del nostro futuro, spesso senza il nostro consenso. Le loro idee ci turbano perché non si fermano a migliorare il presente. Mentre noi ci sentiamo intrappolati in un mondo fratturato, loro parlano di stagnazione, intelligenza artificiale come strumento di potere, futuri rubati e religioni algoritmiche. Molti li liquidano come megalomani narcisisti o cattivi da fantascienza. Eppure qui nella Valley, le persone li seguono con un livello di riverenza che sfiora la devozione. ‘Sei un mal di testa per questo Paese‘ detto da un professore, per il mio procedere controcorrente, è stato il miglior complimento che abbia mai ricevuto. Allora perché nascondersi dalle idee di coloro che ora danno a me il mal di testa? Affrontiamoli, i mostri”.
E come sono questi “mostri”?
Hanno idee forti, invasive, spesso pericolosamente semplici. Ma colpiscono quel punto cieco dove si nasconde la nostra paura dell’irrilevanza e della stagnazione. Le persone che lavorano con loro lo sanno bene: nelle loro aziende, da SpaceX a Palantir, da Neuralink a Anduril, si racconta di orari disumani, pressione estrema e visioni uscite direttamente da un romanzo distopico. Ma anche di motivazione radicale, in luoghi in cui la convinzione dominante è ‘Cambia il mondo… o muori provandoci’.
Ma dove porta questa strada?
La parola chiave? ‘Obbiettivo’. Quella sensazione di essere parte di qualcosa di più grande di te stesso. In una società che sogna un futuro ‘alla Star Trek’ dove i problemi sociali sono risolti e il lavoro non è più una necessità ma una scelta – avere un obbiettivo è tutto. Che siamo d’accordo o meno con quell’obbiettivo è irrilevante, quel che conta è che è potente. Musk e Thiel non si limitano a dire cose provocatorie. Come in politica, il loro valore risiede nel generare un significato e in ciò che provocano negli altri. Come nella riflessione sugli hippie: tagliente, esasperante. Ma innegabilmente memorabile La loro leadership non è lì per essere copiata. È lì per essere decodificata. Come un virus. Solo in questo modo possiamo realizzare gli anticorpi.
Peter Thiel dice spesso: viviamo in un’era di stagnazione mascherata da innovazione. Non è esagerato?
Attenzione, sotto la frustrazione di queste dichiarazioni si nasconde una spinta più profonda: Progresso, non come miglioramento lineare, ma come ribellione. Rifiuto di un presente che sembra bloccato. Thiel, Musk e gli altri non sono eroi o salvatori. Sono disadattati con capitale. Menti inquiete che non riescono a trovare pace nel sistema che hanno ereditato. Persone che non sopportano l’idea che la realtà sia già decisa. Per loro il cambiamento è un’esigenza esistenziale. Per questo attaccano, col riferimento agli hippie, una visione pacifista, ecologista che racchiude in sè il concetto di conservazione, mantenere e ripetere il presente. Così facendo ignorano i freni culturali, evitano il consenso e mirano dritti al nucleo del potere: computazionale, energetico, narrativo. Che ci piaccia o no, stanno riscrivendo i termini di accesso al futuro.
In questa iperbole, Thiel è assai critico con l’Intelligenza Artificiale…
Secondo lui, l’AI sforna meme e sciocchezze – certo, forse aumenta la nostra produttività – ma nel processo erode il pensiero critico. Niente nuove città. Niente energia pulita. Niente estensione della vita. Ma in un mondo in cui il costo dei televisori è diventato quasi irrisorio mentre quelli per la sanità sono esplosi… forse che AI riesce a incidere su questi costi? No, sta creando in compenso il più grande rischio economico per l’umanità, visto che nessuna delle società che fanno AI ha i conti in attivo. Quindi Thiel qualche ragione ce l’ha no? Come non essere d’accordo?.
Dalle parole ai fatti. Quando Musk con un manipolo di fedelissimi col DOGE ha fatto piazza pulita di organismi e istituzioni di assistenza e coperazione non è stato sfiorato dall’idea delle conseguenze, spesso letali, per decine di migliaia di persone in tutto il mondo
Questi miliardari non riconoscono i rischi che scaricano sugli altri. Operano, per privilegio o ideologia, come se fossero immuni alle conseguenze. Sono impermeabili ai sistemi di valori condivisi, religiosi o politici. Ma nemmeno questa è una novità, è retaggio di uno spirito feroce e spietato della frontiera. Come fu realizzata nell’Ottocento la ferrovia dall’Atlantico al Pacifico? In nome del progresso, prima sterminare i nativi, poi spremere migliaia di operai cinesi, che furono indispensabili per quell’impresa che procedeva fra espropri frettolosi e mazzette per andare più veloci (tra i promotori un certo Leland Stanford), alla fine dei lavori negare dignità di cittadinanza a quegli stessi operai, con odiose discriminazioni razziali. Anche se 150 anni dopo i cinesi si sono presi una bella rivincita, visto che oggi sono una presenza massiccia nelle Università e nelle aziende di Silicon Valley.
Transumanesimo, Singolarità, Fede nella tecnologia come trascendenza. Niente di tutto questo è iniziato con Thiel o Musk…
Ma loro hanno reso popolari e operativi dei concetti che sembravano astratti. Le loro aziende funzionano come chiese moderne. Con dogmi, rituali e una convinzione cristallina: La crescita è l’unico modo per sopravvivere. Almeno finché dura. E a loro va bene così. Perché le aziende non durano per sempre”.
Par di capire che però tu intraveda qualcosa di prezioso in questa visione, che a noi sembra distopica…
Il punto non è decidere chi ha ragione. È allenarci a vedere quello che abbiamo proprio davanti: grandi visioni, mostri retorici e idee che si comportano come virus. E se tutto questo dà a tutti un enorme mal di testa, non avere valori preimpostati non è sempre una cosa negativa, può essere lo spazio creativo più radicale: una terra di nessuno dove emergono nuove possibilità. Perché la libertà dalle norme può generare orrore… o genialità. E sì, la civiltà occidentale ha sempre sovrascritto altre culture.
Ma c’è un rovescio della medaglia…
Certo, perchè senza una bussola etica, tutto diventa un esperimento. E quando l’esperimento è l’umanità stessa – la sua memoria, corpo e coscienza – la posta in gioco diventa incandescente. E quando il gioco si fa duro… be io non sono così sicuro di voler essere uno di quei ‘duri’ che vanno avanti in quel momento.
Certo che una tale concentrazione di potere finanziario, politico e di comunicazione nelle stesse persone fa paura…
Siamo chiari: il denaro non qualifica le idee. Se un uomo per strada urlasse le stesse cose che dicono Thiel o Musk – con meno soldi e vestiti peggiori – probabilmente lo chiameremmo un pazzo. Ecco esattamente perché il Pensiero Critico conta. Perché la storia è piena di verità scomode che sono arrivate da luoghi inaspettati. E a Thiel, che vede il movimento hippie come la radice del declino, bisognerebbe ricordare che senza quel movimento, non ci sarebbe stato Atari, niente Apple, niente ‘bicicletta per la mente’. Vivremmo ancora in un mondo in stile IBM, centralizzato: sicuro, sterile, autoritario nel tono. Un futuro tecnologico costruito con il potere, non contro di esso.

Alla fine dunque sono provocazioni spiazzanti ma utili?
Sì, ascoltiamo le voci di persone che ci danno mal di testa. Ma senza smettere di pensare, solo perché loro sono ricche, forti o potenti. Dobbiamo e possiamo avere un ruolo nel definire il nostro domani solo se facciamo leva su menti aperte e Critical Thinking. Perchè il futuro non è di proprietà. È co-scritto”.
Per chi volesse saperne di più:
– La lunga intervista a Thiel su New York Times ma solo per abbonati
– Qui l’audio integrale accessibile su Spotify
– Qui traduzione quasi integrale dell’intervista, sul sito LeGrandContinent