Su StartupItalia si affaccia una nuova rubrica curata da chi conosce la Silicon Valley come le sue tasche. Raffaele Giovine svela trucchi e suggerimenti su come funziona quel mondo e come far colpo sugli investitori esteri
«Ho vissuto in un sacco di posti: in Sud America, in Asia… I miei genitori facevano il mio stesso mestiere e seguendoli quando ero teenager ho abitato perfino a Johannesburg, nel Sudafrica dell’apartheid degli anni ‘90 ma credimi, il più grande salto culturale è stato venendo qui a Los Angeles». Era l’ottobre di qualche anno fa e il nuovo console italiano mi confermava il salto mentale che implica l’atterraggio negli Stati Uniti. Forse a causa delle serie televisive, forse dei veloci viaggi a New York che molti di noi hanno fatto, noi tutti viviamo nella convinzione assoluta che comunicare in California sia estremamente comprensibile per noi italiani. In realtà non è proprio così. Proprio per questo motivo, quando abbiamo iniziato a discutere circa la possibilità di creare una rubrica “Lettere dalla Silicon Valley” è stato naturale proporre, tra i primi argomenti, un galateo di Silicon Valley per italiani del tech. Ci sono, infatti, una serie di errori tipici, molto banali ma potenzialmente molto dannosi in cui è molto probabile incorrere e che, con qualche piccola precauzione, è facile evitare. Quelli che vi vado ad elencare nascono da esperienze personali, consigli di amici e colleghi. Non hanno la presunzione di essere esaustivi e si applicano di più alla West Coast che alla East Coast, dove lo stile di comunicazione è ancora diverso, più diretto, ed europeo. Invito sempre a non sottovalutare le variabili soft della comunicazione, soprattutto in Bay Area, luogo dove tutti vengono da ogni parte del globo nella speranza di creare qualcosa di nuovo. È un grande calderone culturale, che rende probabili incomprensioni ma che apre anche grandi opportunità. Opportunità che è bene essere pronti a cogliere. Era Novembre del 2014 ero sbarcato qui da poco e mi trovavo in un baretto anonimo sotto l’ufficio di 500startup, su Castro Street a Mountain View. Stavo ordinando un’insalata, quando incrocio lo sguardo dell’unico altro cliente del locale: un ragazzo in calzoncini, maglietta e infradito che si stava tranquillamente gustando un bagel. Aveva un’espressione dimessa e familiare ma ho impiegato qualche per capire che si trattava di Sean Parker nell’ordine fondatore di Napster, co-fondatore di Facebook, e di Spotify. Questo è la norma in Silicon Valley. Anzi il più delle volte non vi renderete neanche conto chi abbiate di fianco. E’ molto importante quindi essere sempre in “selling mode”, usare un linguaggio gentile e amichevole e applicare la scala dei valori adeguata per raccontare a chiunque incontriate quello che state costruendo. Ogni occasione: dalla partita di calcetto al caffè, la mattina davanti casa a (soprattutto) gli eventi di scuola dei vostri figli, sarà l’occasione migliore per spargere entusiasmo e conoscere potenziali investitori.
Qualche anno fa, uno dei nostri migliori ingegneri italiani, alla fine della sua prima settimana di lavoro con il nostro team statunitense, stava festeggiando con una birretta in un pub vicino casa a Brescia. Il suo capo di San Francisco gli aveva appena comunicato che il software che aveva scritto, frutto del lavoro della settimana appena trascorsa, era “ok”. Sono un fan del celebrare i successi professionali; peccato che “ok” nella scala dei valori da questo lato del mondo sia un’espressione sintetica per dire: “grazie dello sforzo profuso ma quanto ottenuto è molto distante da un livello accettabile e se mantieni questo standard non sono certo tu possa restare con noi”. Ci abbiamo messo un po’ a capire come sistemare il processo di feedback dal team americano a quello italiano, ma non è stato neppure semplice sistemare anche il flusso opposto. Il problema si manifestava, infatti, anche al contrario. La parte americana del team fraintendeva spesso lo stile poco autocelebrativo degli ingegneri italiani, confondendolo con incertezza, sintomo quasi certo di un qualche errore nascosto tra le righe del codice. Errore che, puntualmente, non esisteva. Non si trattava di una diversa percezione della realtà o di una diversa scala di valori “umiltà e serietà” verso “faciloneria ed eccessivo entusiasmo” ma semplicemente di una conversione errata dei feedback: un semplice errore di “conversione”. Alla fine, il tutto si è risolto con una tabella (che vi riporto qui sotto), simile a quelle appiccicate al frigorifero che si usano per trasformare Kg in libre e centimetri in pollici. La tabella fa ormai fa parte del welcome kit di ogni nuovo collaboratore e ci ha preservato dal primo degli errori nella scala delle incomprensioni.
Lo stile comunicativo
Strettamente correlato alla diversa scala dei feedback, ma in fondo derivazione dello stesso è in generale lo stile di comunicazione. Gli americani, e in particolar modo i californiani, tendono ad essere meno diretti e molto più smussati nelle interazioni. Dare risposte con uno stile troppo deciso, cosa che per noi è sinonimo di chiarezza ed efficienza, qui viene scambiato solo per eccesso di aggressività. Purtroppo la più istintiva traduzione dall’italiano all’inglese di espressioni come “potresti….” non aiuta. “Could you…?” suona in realtà impositivo simile a “fai e basta..” Meglio ricorrere a formule poco note da noi ma qui molto apprezzate come “You may want to know,…” o “You may want to consider….” . Facili, non impegnano e vi aiuteranno molto. La cosa più preziosa che vi porterete dietro da Silicon Valley dopo gli sforzi iniziali sarà il vostro network. Poco tempo a disposizione ed un continuo flusso di persone e di idee rendono per tutti estremamente più importanti contatti che vengono generati da conoscenze fidate. Non significa che non valga la pena inviare “cold e-mails” a investitori in target, ma è sempre molto meglio arrivarci presentati da un contatto considerato affidabile. Attenzione però: esiste una vera e propria liturgia, rigidissima, che regola le richiesta e la elargizione di “intro” e che va conosciuta e rispettata. Prima di iniziare è necessario dotarsi di un “blurb”. Un blurb non è altro che una mail molto breve che descrive la vostra idea, accompagnata da una breve presentazione della società (1-3 pagine). Ci sono degli schemi ben precisi a riguardo e cercando su Google “blurb per y-combinator” troverete diversi spunti utili. Attenzione, il processo è fisso: a vostra richiesta a tizio A di conoscere tizio B, vi sarà richiesto di inviare una mail (blurb + deck) specificatamente per tizio B. Tizio A inoltrerà a tizio B la vostra email per verificarne l’eventuale interesse. Se, e solo se, Tizio B darà riscontro positivo seguirà allora una mail una presentazione diretta da tizio A a tizio B con voi in copia.
Consigli utili
A questo punto, il galateo di Silicon Valley impone di aver rispetto del tempo della controparte. Ci si aspetta una risposta entro un’ora dal momento in cui riceverete la mail di presentazione; di rispondere direttamente alla persona che vi è stata presentata mettendo in copia nascosta e di ringraziare la persona che vi ha fatto l’introduzione. Solo così gli risparmierete un sacco di email inutili mentre fissate l’appuntamento. Infine, evitare di offrire delle disponibilità generiche. Evitate formule come “ti chiamo questo pomeriggio dopo le 5 se per te va bene” ma fornite delle opzioni in modo puntuale. Per evitare scambi prolungati di email vi suggerisco di condividere direttamente la vostra agenda usando calend.ly Tenete, inoltre, aggiornato il vostro contatto sull’evoluzione dei colloqui ed in caso di evoluzione positiva (meeting o call) la vera regola da rispettare è non arrivare mai in ritardo. Il concetto italiano di quarto d’ora accademico negli Stati Uniti non vale neppure per le prenotazioni al ristorante e, tantomeno, in un incontro di lavoro. Preparate la logistica dell’incontro il giorno prima per essere sicuri di arrivare a destinazione ed evitare imprevisti ma soprattutto non spostate ne cancellate mai l’appuntamento, se non per casi di estremamente gravi. Durante l’incontro difficilmente sarete giudicati sulla base della vostra apparenza ma soprattutto non preoccupatevi del vostro accento: gli americani hanno un grande rispetto di chi lavora in un paese straniero. Quindi dimenticatevi la pronuncia, portate materiale curato e professionale, usate il giusto (alto) livello di entusiasmo ma no BULLS*****. Infine, grande attenzione al senso dell’umorismo. Avete mai visto un comico di Zelig diventare famoso al di fuori dei confini nazionali? Ecco, appunto, e vale anche il contrario quindi lasciate perdere battute e state lontano da temi delicati che avete più da perdere che da guadagnarci…
In bocca al lupo.