«Da quando ho fatto la mia prima esperienza all’estero ho capito quale è davvero per me l’elemento non negoziabile: immergermi sempre nell’ambiente più internazionale possibile». Matteo Giardini, 27 anni, è un founder, ma soprattutto quello che noi definiamo globetrotter: Stati Uniti, poi in Olanda a Rotterdam; in seguito Melbourne in Australia e infine di nuovo Europa prima a Barcellona e poi a Dublino. Oggi il founder di Coosmo, startup early stage in ambito AI e specifica per la digitalizzazione delle PMI, si trova a Madrid. Ma mai dire mai: «Non penso che rimarrò qui a lungo. L’idea è di cambiare ed esplorare».

Giardini ha poi un’altra passione: lo sport. «Ho dedicato circa 12-15 ore settimanali quando lavoravo in Google per preparare l’Ironman, avendo palestra e piscina in ufficio. Ero il fondatore di un cycling club a Dublino. Il triathlon è stato assolutamente fondamentale come “lifestyle hack”». In questa nuova puntata della nostra rubrica “Italiani dell’altro mondo” torniamo in Spagna, per ascoltare la storia di chi ha vissuto, studiato e lavorato in tanti Paesi.

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Matteo Giardini, Ceo di Coosmo

Abituarsi all’estero

Matteo Giardini è di Ravenna. «Fin dalla quarta liceo però mi sono spostato all’estero. Non certo per colpa della Romagna. Sono stato in Indiana, negli USA, per un anno. Ho vissuto l’esperienza classica da high school. Ed è stato il primo contatto con persone internazionali».

L’abitudine a un contesto diverso gli ha fatto salire l’appetito per altre esperienze e così, al termine delle superiori, ha spalancato la cartina dell’Europa per trovare la sua nuova destinazione. «Sono andato a Rotterdam per frequentare un corso di laurea in international business. L’idea era fare un’università simile alla Bocconi». Gli anni sono quelli immediatamente prima della pandemia, dal 2017 al 2020.

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Il salto dall’altra parte del mondo, in Australia, è arrivato subito dopo. Si è trasferito in uno dei Paesi più lontani sul mappamondo per frequentare la Monash University. Il rientro in Italia è stato funzionale a un percorso che molti intraprendono, ovvero quello della consulenza. Prima in KPMG, poi in Boston Consulting Group. Ma la voglia di lanciare qualcosa di suo non lo ha mai lasciato.

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La palestra di Google

«Volevo lavorare su cose molto più operative, pratiche. Ad alto livello. Dovevo costruirmi un profilo ibrido, semitecnico. Perché l’idea di base era creare un prodotto mio». E così Matteo Giardini ha preso un volo diretto a Barcellona per frequentare un master di data science e machine learning. «In poche parole: è stato il ponte che mi ha lanciato verso il mondo dell’AI». Di trampolino in trampolino, è riuscito a saltare in un’altra nazione europea, l’Irlanda, nella capitale del tech.

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«Grazie a quel master sono riuscito a lavorare per Google, a Dublino. Ero in un team di ingegneri pur essendo tra i pochi non ingegneri di formazione». Quante startup sono germogliate grazie a ex dipendenti delle Big Tech? La lista è lunga e si aggiorna di mese in mese con founder che rubano il più possibile dall’esperienza corporate per affrontare il mare aperto della competizione tra aziende globali.

«Ho surfato l’onda dell’AI, sono entrato agli inizi di Gemini e ChatGPT». Matteo Giardini ci ha raccontato la sua esperienza in Google proprio come se fosse una sorta di palestra per imprenditori. «A Dublino c’è una concentrazione di persone di alta qualità e internazionali. Non sei in mezzo a supereroi, ma a professionisti. Solo che sono tra i massimi esperti di quel che stanno facendo». Si diceva dello sport come chiave per mantenere un equilibrio lavoro-vita privata. «Ho fatto due mezzi Ironman e un Ironman intero, tutti in Italia tra Jesolo e Cervia». L’attività fisica aiuta a schiarire la mente, a sfogare lo stress. «Il triathlon è fondamentale per staccare un paio d’ore dal lavoro per fare sport, mangiare e dormire bene, riposare».

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In Google ha capito che in un periodo storico in cui l’AI domina il dibattito sono i talenti che fanno la differenza. E infatti le corporate fanno a gara per assumere i migliori. «Cosa mi può rendere un imprenditore più bravo? Questa è sempre stata la mia strategia. Un ambiente che dà priorità alle persone e alle alte performance è centrale». Come ci ha spiegato, il founder di Coosmo ha voluto «imparare dai grandi per portare questo apprendimento in qualcosa di mio». A Dublino ha avuto a che fare con aziende tradizionali in tutta Europa.

Non è stato il solo, a un certo punto, a lasciare la Big Tech. «Ho amici ed ex colleghi di Google con cui ero stato assunto a Dublino e che sono qui a Madrid per lanciare le loro aziende. Tra founder ci influenziamo a vicenda». Nello specifico, Coosmo è una delle startup che opera in un settore in crescita, quello della transizione delle PMI a modelli più efficienti, spesso e volentieri grazie all’AI. «Siamo in fase ancora iniziale, con un pilota che stiamo commercializzando con un tavolo di innovazione insieme ad aziende». Nel frattempo Giardini non ha certo messo da parte le altre sfide, quelle sportive. «Sono più focalizzato sulla mia vita da neo imprenditore ma continuo a correre e ad allenarmi. Sto preparando una maratona e un Hyrox, per la primissima volta».