Ma che ci fanno tre giganti del pensiero e della creatività umana, Aristotele, Mozart e Leonardo, in quello scompartimento di un treno in buona compagnia… con Cleopatra e Gengis Khan?L’ambiente da videogioco è lo sfondo per un esperimento estremamente interessante, nel video “Reverse Turing Test Experiment with AIs”, che su YouTube da poche settimane ha superato il milione e 200mila visualizzazioni.
Le figure si presentano come avatar creati da Intelligenza Artificiale. Ma quando passa il controllore, rileva dal sistema Wi FI del treno che uno di loro è un essere umano. Quale? Ognuno farà una domanda a un compagno di viaggio, dalle risposte decideranno chi NON è Intelligenza Artificiale ma essere umano.
In una manciata di minuti dunque, viene rovesciato il celebre e controverso test di Turing degli anni Cinquanta, per stabilire se una macchina è in grado di esibire un comportamento intelligente. Stavolta sono Intelligenze Artificiali a dover individuare chi è umano. E senza rivelare la conclusione, lo fanno focalizzandosi su chi si esprime con maggior passionalità e senza la visione strategica che un’Intelligenza Artificiale non può non avere.
Storie di italiani di frontiera
Non sono un esperto di Intelligenza Artificiale, sono un curioso patologico. E la curiosità, per quello scompartimento virtuale in cui si indaga sul pensiero umano, è la stessa che ha fatto da bussola al mio progetto Italiani di Frontiera, con il quale da anni raccolgo e racconto storie di talenti, di ieri e di oggi, preziose per immaginare il domani. La curiosità ha finito col farmi intravedere fili rossi invisibili fra le storie che racconto. E unire i puntini in modo eccentrico ha trasformato un mosaico di personaggi e interviste in un ritratto in progress del talento italiano, un’inchiesta inedita su cosa abbiamo di particolare, che ci viene riconosciuto soprattutto all’estero. Dietro a design, competenze artistiche, artigianali e tecnologiche, c’è un modo di pensare. E nessuno lo poteva sintetizzare meglio di Renzo Piano, in un video di anni fa, che conosco ormai a memoria: «Noi italiani siamo come nani sulle spalle di un gigante, tutti. E il gigante è la cultura, una cultura antica che ci ha regalato una straordinaria, invisibile capacità di cogliere la complessità delle cose, articolare i ragionamenti, tessere arte e scienza assieme… un capitale enorme…»
Io non faccio analisi ma sono le storie che racconto a ispirare riflessioni inattese… Poche hanno segnato il mio percorso come quelle di due amici, che alla fine dello scorso millennio, da giovani professionisti di talento, avevano avuto l’occasione della vita in campi diversissimi: Grafica Digitale e Antropologia.
Nato a Torino, vissuto a Verona, Luca Prasso è stato pioniere del disegno digitale in Italia prima di quella svolta: lavorare in DreamWorks dove l’avevo incontrato per la prima volta nel 2008 e dove ha contribuito a film importanti (ho ancora la sua foto con l’Oscar vinto da “Shrek”). Oggi Luca, esploratore delle tecnologie del futuro, fa tesoro di quel pizzico di scetticismo delle sue radici, prezioso nell’immaginare scenari di domani, anche monitorando le reazioni dei suoi figli ai nuovi gadget. Ed è passato da tempo a Google, dove è impegnato oggi ad alimentare con video e immagini l’immenso archivio di un’Intelligenza Artificiale in grado di sfornare film.
Nato in Sicilia ma vissuto a lungo in Veneto, laurea a Padova, Cesare Marino è oggi autorità mondiale nel campo dei nativi americani, già al prestigioso Smithsonian Institution, dov’è diventato pure straordinario scopritore di italiani che furono protagonisti sulla frontiera di ieri, quella del West, storie che io ho affiancato nel mio progetto a quelle di connazionali che sfidano oggi la nuova frontiera, quella dell’innovazione.
Incredibilmente, i loro racconti di quell’esperienza, riuscire a entrare il quelli che erano considerati “Templ Assoluti” de rispettivi settori così diversi, DreamWorks per la grafica digitale, Smithsonian per l’antropologia, a un certo punto coincidevano. Primi passi intimiditi, la convinzione di non poter competere con i tanti superspecialisti che in campo internazionale concorrevano a quell’ambito posto. Presto, la scoperta invece che quello che temevano fosse un handicap era la chiave vincente: l’avere qualcosa in più proprio perchè italiani, una formazione ampia, multidisciplinare e non mirata, perchè è quella combinazione di competenze a sfornare soluzioni inedite, con una visione d’insieme che spesso manca ai superspecialisti.
«In una grande sala dello Smithsonian che metteva soggezione, davanti a un luminare del livello di Levi Strauss, pensavo di non farcela. In pochi minuti invece avevo capito che avrebbe scelto me, per un posto sognato da antropologi di tutto il mondo. Era incantato dai collegamenti che facevo e abbiamo parlato quasi solo di navigatori veneziani», aveva ricordato Cesare, protagonista con Luca della prima puntata del mio Italiani di Frontiera.
Questa combinazione di competenze, che intreccia abilità professionali e inventiva a un retroterra di cultura umanistica, che nelle parole di Renzo Piano viene dal nostro passato e offre una chiave unica nell’affrontare la complessità, è il filo rosso che unisce le storie dei tanti eccezionali personaggi di ieri e di oggi che ho incrociato e che racconterò anche in questo spazio offerto da StartupItalia.
Le storie in arrivo
Da Cristina Dalle Ore, che dopo aver partecipato a missioni storiche come astronoma alla NASA oggi guida la ricerca Bayer che studia le nuove frontiere dell’agricoltura, a Luca Cavalli Sforza, genetista oggi scomparso, per molti anni docente a Stanford, che incrociando la genetica a statistica, demografia e antropologia ha contribuito forse come nessun altro ad abbattere ogni pretesa scientifica del razzismo, a Federico Faggin, prezioso amico e mentore del mio progetto, che dopo aver firmato il primo microprocessore e creato (prima di Apple) la tecnologia touch, esplora oggi un suggestivo orizzonte metafisico unendo scienza e spiritualità nell’affermare che l’essere umano non è riducibile a “macchina pensante”.
La sfida oggi non è solo alla complessità ma pure all’Intelligenza artificiale che sta ridisegnando presente e futuro e che dovremo imparare a usare, senza subirla. Esser consapevoli del nostro straordinario patrimonio intellettuale, di come combinare competenze e unire i puntini porti a scenari inaspettati, indispensabili per coltivare quel Pensiero Laterale che forse è il meno replicabile da AI, è un primo importante passo. Quella complessità che come una gigantesca onda rischia di schiacciarci, può farci volare scoprendo percorsi inattesi, se proviamo a prenderla di traverso e cavalcarla. Con un surf che altri non è che la nostra curiosità.