Imprenditore, blogger per Business Insider e investitore con oltre 200 business attivi. È stato tra i primi finanziatori di Alibaba e Airbnb, mentre Forbes l’ha inserito al primo posto della lista dei 50 più importanti angel al mondo. «L’errore più grande che puoi fare è bussare alla mia porta e dire: ho una grande idea»
Fabrice Grinda è tra i principali imprenditori ed investitori nel settore tech. Forbes l’ha inserito al numero uno della lista dei cinquanta più importanti business angel al mondo. Sicuramente una persona con il fiuto per il successo visto che è stato tra i primi investitori di Alibaba e Airbnb. Il suo percorso imprenditoriale inizia da lontano. Nasce in Francia ma si trasferisce negli Stati Uniti per studiare alla Princeton University dove, nel 1996, si laurea con il massimo dei voti in economia. La prima avventura imprenditoriale arriva due anni più tardi quando, a ventitre anni, fonda Aucland che diventerà uno dei più grandi siti di aste in Europa. L’anno successivo vende il 51% dell’azienda a Bernard Arnault raccogliendo diciotto milioni di euro e nel 2000 cederà l’intera azienda al fondo del magnate delle moda. Al suo attivo vanta 250 exit a fronte di 700 investimenti. Nonostante i successi finanziari, nel 2012 decide di fare un “downgrade” della sua vita personale per dedicare più tempo con amici e famiglia. Vende il suo appartamento a Manhattan, la sua auto e cede quasi tutto in beneficienza. Nei tre anni successivi ha vissuto senza avere una residenza fissa, vivendo in vari appartamenti affittati su Airbnb. Oggi ha una famiglia, vive stabilmente a New York e continua la sua attività filantropica seguendo alcuni progetti educativi in Centro America ed usa il suo blog Playing with unicorns per dare consigli agli startupper.
Come è iniziata la sua passione verso la tecnologia signor Grinda?
Nel 1984 avevo dieci anni, mi regalarono il mio primo Pc e fu amore a prima vista. Adoravo programmare, i miei idoli erano Steve Jobs e Bill Gates, volevo diventare come loro.
Però ha studiato economia a Princeton non ingegneria informatica
Sì, subito dopo l’Università ho lavorato per McKinsey ma avevo la vena imprenditoriale. Ho fondato marketplace come OLX o Zingy che ho venduto nel 2004.
Un’azienda che fatturava 200 milioni di dollari l’anno, direi che è andata bene
È vero ma solo con gli anni ho capito che quello che mi motivava di più era diventare un business angel, cioè, aiutare e sostenere la crescita di quelle tecnologie che vanno verso la soluzione di grandi problemi come cambiamento climatico, ineguaglianze, aumento del benessere con la speranza di contribuire in qualche modo al miglioramento della società in cui viviamo.
E quindi ha fondato FJ Labs focalizzato sullo sviluppo di marketplace nei vari settori?
Esatto senza tralasciare di concentrarsi sullo sviluppo dell’AI che consente di implementare notevolmente i marketplace. Ad esempio, abbiamo investito in Rebag un portale dedicato alle borse usate. Lo sviluppo dell’AI consentirà a questo tipo di piattaforme di fare un passo avanti importante nel riconoscimento del prodotto, identificazione dell’offerta etc. Infatti, abbiamo investito anche in startup come Photoroom che consente di eliminare gli sfondi dalle foto, un tool importante per rendere più accessibili i marketplace.
Quante richieste di finanziamento ricevete?
Riceviamo circa trecento segnalazioni di startup a settimana
Sono parecchie. Come fate a scremare le domande?
Ci concentriamo su quattro aspetti. Ci piace il gruppo di lavoro? Ci piace il loro business? Sono interessanti le opportunità economiche? L’idea va nella direzione dove sta andando il mondo? Apprezzo gli imprenditori visionari ma allo stesso tempo concreti, che conoscono tutti gli aspetti e problemi che dovranno gestire. Poniamo particolare attenzione su quei progetti che offrono soluzioni nei settori che a noi interessano. Nel giro di una settimana diamo una risposta.
«Dovrai baciare molti rospi ma prima o poi uno diventerà principe, bisogna sempre perseverare se l’idea è buona»
Quale consiglio si sentirebbe di dare a dei giovani startupper?
Suggerisco di costruire basi solide prima di lanciare una startup. Capisco l’eccitazione di una buona idea ma quella è solo una piccola componente del progetto. Una volta che decidete di intraprendere l’avventura imprenditoriale, ci vuole molta costanza. Potete seguire i consigli sul mio blog.
Cerchiamo di essere più specifici. Se una startup volesse rivolgersi ad un business angel, quale approccio dovrebbe seguire?
Per prima cosa devi catturare l’attenzione, quindi prepara una presentazione di massimo una ventina di slides, non di più. Devi dire in modo chiaro come e cosa vuoi fare e perché il progetto è interessante per un investitore. Prima di rivolgerti ad un business angel a caso, cerca nella tua rete contatti. A volte una buona parola di una persona che conosce sia voi che l’investitore, può essere importante. L’errore più grande che puoi fare è bussare alla porta di un business angel e dire “ho una grande idea, parliamone”. Dovrai baciare molti rospi ma prima o poi uno diventerà principe, bisogna sempre perseverare se l’idea è buona.
«L’errore più grande che puoi fare è bussare alla porta di un business angel e dire “ho una grande idea, parliamone»
E sulle qualità personali dell’imprenditori cosa ci può dire?
Apprezzo le persone eloquenti perché non devono ispirare solo me ma tutte le persone con le quali entrerà in contatto per sviluppare il suo business. Questo non vuol dire non aver paura di sbagliare, anche le persone più brillanti sbagliano, bisogna vedere come si reagisce ai problemi, anche quello dice molto sul tipo d’imprenditore.
A proposito d’imprenditori, lei è nel settore da molti anni ed avrà colloquiato migliaia di startupper, come è cambiata questa figura nel corso degli anni?
C’è molta differenza tra uno startupper del 1998 ed uno del 2023. Oggi le risorse costano meno, c’è stata una democratizzazione in questo senso e l’intelligenza artificiale continuerà ad accelerare questo processo. Oggi anche chi non ha un background tecnico, è in grado di fare startup perché hai molti più strumenti a disposizione rispetto al passato.
«Oggi fare impresa è più facile, stiamo assistendo ad una democratizzazione delle startup»
Lei è nato in Francia, mantiene ottimi rapporti con il suo paese però lavora negli Stati Uniti. Ritiene l’ecosistema americano più interessante per le startup?
Prima era così ma oggi, come dicevo, c’è una sorta di democratizzazione delle startup. Negli anni ’90 dovevi per forza andare nella Silicon Valley se volevi avere successo perché solo lì trovavi competenze, tecnologie, fondi. Oggi il costo per sviluppare startup si è ridotto molto e quindi non è più fondamentale trovarsi in California.
Però ho notato che lei investe il 70% dei suoi fondi negli Stati Uniti ed il 30% nel resto del mondo, vorrà dire qualcosa.
In realtà investiamo il 55% delle risorse negli Stati Uniti e Canada e circa il 21% in Europa dove abbiamo attualmente trecento investimenti in corso.
Niente in Italia?
No, semplicemente perché non siamo molto connessi con l’ecosistema imprenditoriale italiano. Investiamo dove possiamo ottenere big deals e dall’Italia non sono mai arrivate proposte interessanti.
«Le startup non falliscono per la competizione del mercato. I motivi sono altri»
Lei è stato imprenditore ed ora business angel, quindi ha una visione completa, quale lezione importante ha imparato?
Che le startup a volte non ce la fanno perché il problema è il prodotto, oppure accade che in founders litigano tra loro oppure fanno pessimi accordi per ottenere fondi a condizioni poco vantaggiose. Però posso dire che le startup falliscono raramente a causa della competizione del mercato. Quindi è importante lavorare su ottimizzazione ed efficienza delle risorse.
Viviamo un momento di inflazione e tassi d’interesse alti. Come questi aspetti influiscono sull’accessibilità ai fondi da parte delle startup?
La situazione economica non è così male come molti pensano anche se c’è inflazione alta. Il 2022 è stato un ottimo anno per le startup, i nostri investimenti sono cresciuti molto. A parte questo, se osserva la storia economica delle startup, il periodo migliore per le startup americane è stato il 2008, quello della crisi economica mondiale. In quegli anni sono nate Uber, Airbnb, Instagram.