Quando stava in Jefferies si è occupato del Serie C per la fintech italiana: 93 milioni di euro, dentro Tencent e altre Big Tech. Lo Strategy Director ci racconta come funziona un’ex startup
«Non ci ho pensato due volte». Oggi lo ricorda così il passaggio dal mondo delle banche tradizionali a Satispay. Era il 2021 e Giorgio Berardi, oggi Strategy Director della fintech, aveva appena terminato una fase che lo avrebbe proiettato in una delle aziende innovative di punta del panorama italiano. «Ho lavorato per anni a Jefferies, a Londra. Mi occupavo di M&A e IPO. Poi siamo stati coinvolti nel processo di aumento di capitale di Satispay, il Serie C. Così ho lavorato molto con Alberto Dalmasso (il Ceo e Founder di Satispay, ndr) per cercare investitori». Sforzi ripagati con cifre insolite per il nostro mercato: nel novembre 2020 anche noi di StartupItalia vi raccontavamo dell’operazione da 93 milioni di euro. «Abbiamo fatto un bel round di successo portando a bordo soggetti come Tencent e Block». Come si dice in questi casi, squadra che vince non si cambia. «Alberto mi ha chiesto, “Ma perché non passi dall’altra parte e ti unisci al team?» La risposta di Giorgio Berardi è l’attacco del nostro articolo.
Unicorni, che tempo fa?
Satispay è uno dei pochissimi unicorni in Italia, ovvero una delle aziende valutate almeno 1 miliardo di dollari. Status che, come ci insegna la storia recente, non protegge dalle tempeste finanziarie ed economiche. Sono davvero tante le società in giro per il mondo che si stanno ridimensionando, a cominciare dagli organici. Secondo il sito Layoff.fyi, che sta conteggiando i licenziamenti tra le società tech, da inizio 2023 oltre 500 aziende hanno mandato a casa più di 166mila persone. Situazione che, per il momento, pare non aver sfiorato Satispay.
«Oggi siamo 380 – ci spiega Berardi -. Quando sono arrivato 2 anni fa eravamo meno 100. Al momento stiamo assumendo quasi due persone ogni giorno». Sviluppatori, ingegneri, figure che fanno camminare l’unicorno verso un obiettivo ambizioso. «Nei prossimi 12 mesi raddoppieremo l’organico rispetto a fine 2022». Buona parte di tutto questo deriva dall’ultima iniezione di capitale, a settembre dello scorso anno, quando Satispay è diventata ufficialmente unicorno. «Ci ha dato la flessibilità e la tranquillità per crescere il più possibile e assumere le persone di cui abbiamo bisogno per realizzare il progetto di Satispay».
Network e indipendenza
Fondata dieci anni fa da Alberto Dalmasso, Dario Brignone e Samuele Pinta, Satispay ha scalato, concentrandosi soprattutto sull’Italia dove attualmente conta 3,5 milioni di utenti e 240mila esercenti. «Possiamo arrivare a 20 milioni di utenti e 2 milioni di esercenti. L’opportunità di crescita che abbiamo è ancora gigantesca». Per diventare che cosa? Si sente sempre più spesso parlare di superapp, sul modello della WeChat cinese.
«Siamo prima di tutto un network di pagamento. L’obiettivo a lungo termine è creare il primo network europeo. Se consideriamo che in Europa, più o meno, il 70% dei pagamenti passa tramite Visa e Mastercard, ovvero società americane, è chiaro quanto si dipenda da soggetti extraeuropei». Un po’ come è stato per decenni sul fronte energia, circostanza che l’invasione russa in Ucraina ha contribuito a smuovere. «Essere dipendenti da operatori extra europei non è mai strategico».
Satispay, dall’interno
E per raggiungere un obiettivo così ambizioso occorrono i talenti e le risorse. «La cosa personalmente che mi piace di più è lavorare in un ambiente dove tutti vogliono dare il massimo per l’azienda e per se stessi». Far parte di qualcosa, in alcuni casi, significa averne un pezzettino. «Ogni dipendente di Satispay è anche shareholder: tutti entrando ricevono pacchetti di stock option».
Se parliamo di lavori e professionalità una fintech di questo calibro, con quasi 400 dipendenti, ha varie unit che tengono in piedi l’infrastruttura. «Senz’altro è cruciale la parte di tecnologia e di prodotto, dove contano le competenze di Software Engineering e la parte di creatività che permettono di far funzionare tutto quello che vediamo in Satispay». C’è poi il capitolo Business Development. «Sono i sales, team di persone che si concentrano sulle città chiave dove vogliamo crescere». E poi l’HR, come il marketing («Senza, Satispay non sarebbe un brand»). Per non dimenticarsi di Strategy and Data, la unit che guida Giorgio Berardi. «Bisogna prendere decisioni in base ai dati, che ci portano in una o in un’altra direzione».
Come tanti servizi digitali che diamo per scontati – basta cliccare sul tasto icona e accediamo a un mondo di opportunità – anche Satispay ha fondamenta che la rendono fruibile. «Cloud, in questo, è una delle parole chiave: perché ci permette ci crescere in maniera più snella e rapida. E poi un altro elemento alla base di Satispay è SEPA». L’acronimo indica la Single European Payments Area. «Si tratta dello standard dei pagamenti introdotto con PSD1: permette di collegarsi a qualsiasi banca europea con un semplice messaggio». Lavorare in un unicorno non significa infine perdere l’approccio che si deve adattare nella fase early di qualsiasi startup. «Ogni volta che lanciamo una feature, un prodotto, un aggiornamento, deve essere fatto con l’idea della scalabilità. Che sia utilizzato da un utente o 10 milioni».