La giuria di Red Bull Basement ha scelto due progetti centrati sull’economia circolare e la sostenibilità. Decisive anche le votazioni del pubblico
Doveva esserci un solo vincitore, invece sono due: saranno E-Trash e BrokerGreen i team italiani a volare in Turchia per la finale mondiale di Red Bull Basement, la competizione pensata per promuovere i principi di imprenditorialità tra gli studenti universitari che l’azienda austriaca ha rilanciato anche quest’anno e che ha raccolto centinaia di adesioni nel nostro Paese. Alla fine i voti della giuria, insieme al sostegno raccolto dai team sul sito ufficiale, hanno decretato un vincitore: sono stati Alessandro Rizzo e Vito Ragaglia, studenti di ingegneria di Catania ad aggiudicarsi la nomination italiana alle global final che si terranno dal 13 al 15 dicembre a Istanbul.
Sorpresa, la wild-card assegnata da NTT è andata anch’essa a una squadra italiana: quella formata da Filippo Casellato e Umberto Bolzoni, studenti di digital managment nel campus di H-Farm a Treviso. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con tutti loro, per farci raccontare come sono arrivati a definire i progetti e come si pongono rispetto alla possibilità che possano trasformarsi (presto?) in una vera startup.
La Borsa del riciclo agricolo
Il progetto BrokerGreen di Alessandro Rizzo e Vito Ragaglia è un perfetto esempio di economia circolare: l’idea alla base è una sorta di intermediazione tra produttori agricoli e del comparto agroalimentare, che producono quotidianamente una certa quantità di quelli che vengono considerati scarti di produzione, e le altre industrie che possono essere interessate all’acquisto di quelle che possono ancora essere risorse utili. Spiega Vito a StartupItalia: “Ho ereditato due piccolo terreni di famiglia, qui vicino Catania, ho familiarità con la produzione agricola: già oggi, a causa dei cambiamenti climatici, la produzione non è prevedibile. Se crollasse la produzione da un giorno all’altro, come potremmo sostenere l’economia locale? Abbiamo pensato a un modo per sfruttare al massimo quanto produciamo”.
Sulla stessa lunghezza d’onda il suo collega, e amico, Alessandro: “Abbiamo cercato un’idea che avesse un impatto significativo: ci sono molti settori in cui questo tipo di dinamica è già in atto, pensate al tessile o al farmaceutico, e abbiamo anche considerato che nella nostra regione l’agricoltura ha un ruolo significativo nella economia generale. In più, lo scarto oggi rappresenta il problema maggiore della filiera agroindustriale”. Così è nata BrokerGreen: che, oltre all’aspetto di connessione tra domanda e offerta, ha già in nuce al suo interno la possibilità di tracciare come questi “scarti” si muovono lungo la filiera e dunque potenzialmente potrebbe garantire quel tipo di trasparenza al processo che si sta imponendo come uno dei requisiti fondamentali di qualsiasi modello di business moderno.
Un tema che è molto caro soprattutto a quella Generazione Z di cui Alessandro e Vito sono perfetti rappresentanti: “Non abbiamo altra scelta che diventare imprenditori e prenderci cura del pianeta” dice quest’ultimo, ribadendo che il concetto di sostenibilità è nel caso del loro progetto un punto di partenza e non di arrivo. Gli fa eco Alessandro: “Le dimostrazioni del cambiamento climatico sono sotto gli occhi di tutti: abbiamo visto a Catania solo un paio di settimane fa cosa è successo e cosa può ancora succedere. Non possiamo che essere a favore della sostenibilità e della circolarità, deve partire anche da noi la spinta per un cambiamento generale della società intera”.
Ma oltre a questa motivazione, pur totalmente condivisibile, Rizzo e Ragaglia coltivano anche un altro ideale: quello di diventare imprenditori. “Io e Alessandro siamo diventati amici perché nessuno dei due vorrebbe fare l’ingegnere da grande” racconta Vito, con un sorriso complice che si stampa sul volto di Alessandro. Quest’ultimo mi spiega che ha scelto di studiare ingegneria perché lo ritiene un indirizzo di studio che offre una formazione completa, ma nella sua idea c’è sempre la spinta verso la creazione di una startup: “Ci crediamo, la vittoria al Basement ci ha dato una spinta in più. Se andrà tutto bene costruiremo un team il più possibile completo e poi si vedrà”. Nel tempo che li separa dalla finale, mi dicono, sfrutteranno la rete di mentor messa a disposizione di Red Bull per completare un’analisi di mercato e strutturare al meglio la value proposition di BrokerGreen: e per migliorare la loro comprensione del sistema di intermediazione e brokeraggio attraverso il digitale, così da migliorare anche tecnicamente la loro idea.
Non chiamatelo solo cestino
Dietro a E-Trash non ci sono solo Filippo Casellato e Umberto Bolzoni: la nostra chiacchierata, con loro in uno dei padiglioni del campus di H-Farm a Treviso dove studiano, inizia presentandomi il loro amico e collega Sebastiano Felicetti, che ha collaborato attivamente allo sviluppo dell’idea e alla presentazione del progetto a Basement 2021. Le regole però prevedevano un massimo di due studenti per team, mi spiegano, così hanno dovuto fare una scelta: l’idea iniziale è di Umberto, frutto di quanto aveva studiato alle scuole superiori, Filippo si è ritagliato il ruolo di frontman e dunque la scelta era praticamente già fatta. Ma i tre pensano davvero in grande, anche se insistono che qualunque cosa accada punteranno comunque a chiudere il ciclo di studi in cui sono impegnati: il loro campus mi dicono, è un posto molto stimolante e non vogliono perdere le opportunità che potrebbero presentarsi.
Che cos’è E-Trash: è un cestino per i rifiuti, bello esteticamente ma soprattutto intelligente. Sfruttando la resistenza elettrica variabile dei diversi materiali che vengono gettati al suo interno procede in modo autonomo alla separazione dei rifiuti: “Lo abbiamo pensato inizialmente per gli spazi pubblici – spiega a StartupItalia Umberto, che al momento è un po’ il CTO dell’azienda – ma vorremmo che diventasse un prodotto che anche i privati possano volere in casa propria. Dovrà essere funzionale ma anche bello, la nostra ambizione è che possa quasi diventare uno status symbol desiderabile: un po’ come Dyson ha fatto con l’aspirapolvere”.
Anche le idee di questo team si muovono dal concetto di sostenibilità e di riciclo: “L’idea iniziale è proprio partita dalla spinta ecologica – continua ancora Umberto – A scuola e in giro mi ero accorto che troppo spesso c’era un solo cestino per tutti i rifiuti, oppure che la gente non approfittava di quelli separati per la differenziata. Quando nel corso di un progetto alle superiori ho appreso di questa tecnologia che viene usata già a livello industriale ho pensato a come applicarla su scala ridotta”. Sebastiano aggiunge anche un tassello in più: “Riflettendoci, ci siamo resi conto che si tratta anche di una nicchia potenzialmente interessante: il mercato della sostenibilità è ancora un po’ indietro in Italia, c’è spazio sul mercato per crescere anche in un contesto molto competitivo a livello globale”. Ma, ci tiene a precisare Filippo, “Questo non è il punto di partenza: è la conseguenza di un nostro interesse per queste problematiche”.
I tempi di sviluppo e costruzione di E-Trash sono forse più lunghi rispetti al progetto precedente, ma in vista delle finali mondiali il team punta soprattutto su due aspetti: approfondire le problematiche tecniche e la questione dell’aspetto che avrà il prodotto finito. Hanno già adocchiato un po’ di mentor tra quelli messi a disposizione da Red Bull, e intendono muoversi sull’aspetto tech e sul design: c’è anche da completare il business plan, ma è esattamente di questo che si occupano tutti e tre nel corso di studi universitario che stanno seguendo. “Crediamo molto in questa idea e nel suo potenziale – mi dicono – Ci siamo detti: vediamo se va, più avanti decideremo cosa fare”. Nel frattempo, e non poteva essere altrimenti, hanno già in mente un piano per comunicare a mezzo social tutti gli sviluppi del progetto.