Alter-Ego è un robot umanoide che socializza, esprime emozioni, gesticola, abbraccia e parla con i visitatori con passione e coinvolgimento, promuovendo una causa che gli sta a cuore: la salvaguardia dei delfini. Completamente made in Italy, è frutto dello Spoke 4 del progetto RAISE, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR) attraverso il PNRR. Alla sua realizzazione collaborano il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e l’Università di Genova.

A curarne lo sviluppo è stato l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) con il coinvolgimento di due unità che tra poco andremo a scoprire. Oggi Alter-Ego è in fase di sperimentazione all’Acquario di Genova, al piano inferiore del Padiglione Cetacei. Il robot è il protagonista del nostro nuovo appuntamento di Viaggio in Italia.
Nei laboratori della robotica di eccellenza
Addentriamoci nei laboratori dell’Istituto Italiano di Tecnologia a Genova, dove prende forma Alter Ego. La nostra visita comincia nell’Unità Soft Robotics for Human Cooperation and Rehabilitation, attiva dal 2009-2010 e guidata da Antonio Bicchi. Qui, un team di circa 35 ricercatori lavora allo sviluppo di robot morbidi e sicuri, pensati per collaborare con l’essere umano nei contesti riabilitativi e assistenziali. Proseguiamo nell’Unità Cognitive Architecture for Collaborative Technologies, nata nel 2019 e coordinata da Alessandra Sciutti. In questo gruppo, composto da una trentina di esperti tra cui Francesco Rea, si studiano le basi cognitive dell’interazione uomo-macchina, affinché il robot Alter Ego non solo esegua comandi, ma comprenda intenzioni, emozioni e contesti.

La missione delle due unità genovesi coinvolte si intreccia in un approccio sinergico tra corpo e mente, hardware e cognizione. Soft Robotics for Human Cooperation and Rehabilitation si distingue per un ambiente dinamico, dove la comprensione avanzata del controllo motorio umano si traduce in soluzioni robotiche innovative. Con strumenti come sistemi di cattura del movimento ed elettromiografia, e laboratori dotati di CNC, laser cutter e stampanti 3D, il team progetta dispositivi sperimentali originali, promuovendo la condivisione open source di dati e soluzioni, nell’ottica di un trasferimento tecnologico sostenibile.

Parallelamente, Cognitive Architecture for Collaborative Technologies (CONTACT) esplora le basi sensoriali, motorie e cognitive dell’interazione sociale, con l’obiettivo di costruire robot capaci di comprendere e anticipare intenzioni e stati mentali umani. Attraverso lo studio della memoria, della motivazione e dell’apprendimento autonomo, punta a creare robot trasparenti, adattabili e socialmente consapevoli. Insieme, queste due anime dell’IIT disegnano un futuro in cui i robot non si limitano a imitare i gesti umani, ma ne condividono profondamente il linguaggio e la logica relazionale.

L’identikit di Alter-Ego
Il robot è alto 140 cm, si muove su ruote e ha mani poli-articolate che gli consentono di interagire con l’ambiente, come aprire porte e afferrare oggetti. Può funzionare sia in modalità autonoma – interagendo in tempo reale con chi lo circonda – sia telecomandato a distanza da un operatore tramite visore e joystick.
«Alter-Ego è il frutto di un lavoro multidisciplinare: neuroscienziati, psicologi, filosofi e informatici collaborano per trasferire le dinamiche della comunicazione naturale nei sistemi artificiali», spiega Francesco Rea, ricercatore dell’unità Cognitive Architecture for Collaborative Technologies dell’IIT.

Nel contesto dell’Acquario, Alter-Ego è in grado di identificare gruppi di visitatori, avviare una conversazione e modularla in base all’età, al numero di persone e al contesto. Nell’area dei delfini, ad esempio, racconta l’importanza del Santuario Pelagos e i pericoli che minacciano i cetacei nel Mediterraneo.

Ma non si tratta di una semplice conversazione registrata. Il robot adatta contenuti, tono e atteggiamento in tempo reale, reagendo a ciò che accade intorno a lui. «La vera sfida – continua Rea – è stata uscire dal laboratorio: Alter-Ego opera da solo in un ambiente reale, senza che ci sia sempre un tecnico dietro le quinte».

«Sa percepire lo stato emotivo delle persone. La nostra sfida è far sì che le sue emozioni siano coerenti con i movimenti del corpo, le espressioni del volto e le azioni. È un approccio architetturale integrato», aggiunge Rea. «Il visitatore può anche lasciare un feedback: questo permette al robot di apprendere, adattarsi e migliorare. È un ciclo continuo di conversazione, adattamento, apprendimento».
La robotica morbida: un corpo che sente
A “dare corpo” a questa intelligenza è il lavoro dell’unità Soft Robotics for Human Cooperation and Rehabilitation con Manuel Catalano, che da anni studia come costruire robot ispirati al corpo umano.
«Un robot non è solo cervello: è l’unione di intelligenza e corpo. Per noi è fondamentale che l’interazione fisica sia sicura, delicata, quasi umana», spiega Catalano.
«Per questo sviluppiamo mani robotiche, muscoli artificiali e materiali flessibili. Un robot deve saper toccare il mondo… senza far male».

Le mani di Alter-Ego sono il risultato di oltre quindici anni di ricerca, con sette versioni evolutive prima di arrivare a quella attuale. «Una delle priorità è sempre stata la sicurezza. Come diceva Ford: safety first».
Tuttavia, portare un robot in uno spazio pubblico non è solo una questione tecnica. Bisogna integrare discipline, testare il sistema in ambienti reali e affrontare il nodo della percezione sociale. Come reagisce il pubblico davanti a un robot? «Oggi siamo circondati da tecnologie intelligenti: droni, smart speaker, robot domestici. L’umanoide non è più un’eccezione. Se risulterà utile, sarà accettato», osserva Catalano.
Oltre l’Acquario: casa, ospedale, città
Alter-Ego non è pensato solo per musei o centri scientifici. È già stato sperimentato in contesti ospedalieri e domestici, per assistere persone fragili, monitorare da remoto e fornire supporto nelle attività quotidiane.

«Stiamo progettando robot-avatar per professionisti», racconta Catalano. «Un medico potrebbe “entrare” nel robot per assistere a distanza un paziente. È un modo per trasferire competenze in tempo reale, in modo sicuro ed efficace», racconta Catalano.
Italia ed Europa: leader della robotica collaborativa
Entrambi i ricercatori sottolineano il ruolo centrale dell’Italia e dell’Europa nella robotica avanzata. «Non è solo una questione d’orgoglio – precisa Catalano – ma di risultati concreti. L’Italia e l’Europa sono leader nella robotica collaborativa. Il prossimo passo è trasformare questi risultati in valore, in servizi per le persone, in economia».
«Quello che oggi sperimentiamo all’Acquario – conclude Rea – può diventare un servizio permanente, oppure ispirare nuovi modelli di business e nuove idee per migliorare la qualità della vita».