Nel mondo si contano 751 startup. Oltre il 60% è distribuito tra Nord America ed Europa, ma è l’Asia che intercetta più della metà degli investimenti. A crescere robot e intelligenza artificiale, le tecnologie più diffuse restano piattaforme software e mobile app. L’analisi nel guest post di Filippo Renga, a capo dell’Osservatorio Smart Agrifood del Politecnico di Milano
Che il mondo delle startup, anche nel settore dell’agrifood, stia attraversando un periodo di maggiore incertezza è innegabile. La progressiva, seppur lenta, uscita dalla situazione pandemica unita alle incertezze politiche causate dalla guerra ha portato un rallentamento negli investimenti destinati alle nuove imprese. Qualcuno parla di una imminente “bolla delle startup”, ma quanto è realistica una simile previsione? La realtà è che, come spiega il New York Times, di questa bolla si parla già da dieci anni e il settore è sempre riuscito a non “esplodere”. In un tale contesto di insicurezza, vale la pena approfondire come se la stanno cavando le startup del mondo agroalimentare, che soffrono meno rispetto a quelle di altri settori.
L’Osservatorio Smart AgriFood del Politecnico di Milano, che portiamo avanti insieme al Laboratorio RISE dell’Università degli Studi di Brescia, ha effettuato come di consueto un censimento delle startup internazionali operanti nel settore e con particolare proposizione tecnologica e digitale. La mappatura ha individuato 751 startup – dato in crescita rispetto alle rilevazioni degli anni precedenti – che sono state in grado di raccogliere finanziamenti per un totale di 15,2 miliardi di dollari. La distribuzione geografica di queste startup dà alcune indicazioni interessanti: oltre il 60% è distribuito tra Nord America ed Europa, con gli Stati Uniti a guidare la classifica dei paesi con il maggior numero di startup smart agrifood. E fino a qui, niente di sorprendente.
L’Asia guida i finanziamenti
La vera peculiarità è da ricercarsi nella distribuzione dei finanziamenti, dove il continente asiatico raccoglie il 60% del totale con “solo” il 22% delle startup. Che sia chiaro, questo dato non rappresenta una novità, parliamo anzi di un trend già evidenziato nel recente passato – basti pensare che nel 2019 l’Asia contava il 42% dei finanziamenti totali, sempre guidata dal ruolo preponderante della Cina. Emerge però in modo nitido il ruolo sempre più centrale che stanno assumendo alcuni Paesi asiatici come Emirati Arabi, Singapore e Arabia Saudita, dove si è verificato un evidente aumento di investimenti probabilmente legato a una maggiore attenzione di questi Paesi alla food security nonché al raggiungimento di un certo grado di autosufficienza nella produzione di materia prima e prodotti agroalimentari.
La mappatura ha individuato 751 startup, che sono state in grado di raccogliere finanziamenti per un totale di 15,2 miliardi di dollari
Per quanto riguarda i target a cui si rivolgono le startup internazionali, l’analisi che abbiamo condotto evidenzia un focus sugli estremi della filiera agroalimentare. L’offerta di prodotti e servizi è infatti rivolta in larga parte ad aziende agricole e consumatori (rispettivamente il 30% e il 44% delle startup): alle prime vengono offerte principalmente soluzioni di Agricoltura 4.0 per la mappatura e il monitoraggio da remoto delle coltivazioni o delle macchine agricole o per la gestione d’impresa; ciò che viene offerto ai consumatori riguarda invece perlopiù servizi di eCommerce o applicazioni e servizi per ricevere informazioni sulla tracciabilità dei prodotti o sullo stato di conservazione e freschezza degli stessi. Rilevante anche il numero delle startup che offrono soluzioni desinate all’intera filiera: il 6% infatti fornisce soluzioni la cui applicazione coinvolge diversi nodi della catena produttiva, come ad esempio le innovazioni legate ai processi di tracciabilità alimentare.
Anche da questa prospettiva notiamo un forte sbilanciamento legato alla distribuzione dei finanziamenti, in questo caso a favore delle startup orientate a valle della filiera e in particolare all’eCommerce. Nell’agroalimentare e nella ristorazione, i principali trend eCommerce AgriFood si confermano essere due: soluzioni B2c per l’acquisto di prodotti agroalimentari (47% delle startup eCommerce), e la food delivery, cioè piattaforme che aggregano l’offerta dei ristoratori e supportano l’ordinazione e la consegna di piatti pronti a domicilio (24% delle startup eCommerce).
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Gli esempi virtuosi
In questo contesto è interessante notare l’aumento di realtà che si dedicano alla lotta allo spreco alimentare, che offrono ad esempio servizi volti a recuperare eccedenze o prodotti agroalimentari invenduti presso i punti di distribuzione, per poterli vendere a prezzi agevolati tramite vetrine online e consegna a domicilio. Le startup Babaco e SiembraCo rappresentano due esempi virtuosi di questa forte attenzione alla sostenibilità: la prima sfrutta il canale eCommerce per recuperare prodotti ortofrutticoli invenduti, ad esempio nella GDO, e offrirli a prezzi scontati e con consegna a domicilio ai consumatori finali. La seconda, invece, offre la possibilità ai consumatori di affittare un orto a distanza e riceverne i frutti a domicilio.
Non stupisce vedere che subito dopo l’eCommerce, l’ambito applicativo più esplorato sia l’AgTech (25% delle startup internazionali). Nel settore agroalimentare si evidenzia infatti una forte spinta all’innovazione tecnologica e digitale, testimoniata da un numero sempre maggiore di soluzioni di ultima generazione come robot e intelligenza artificiale. Le tecnologie più diffuse rimangono comunque le piattaforme software e le mobile app, seguite dalle tecnologie di raccolta, trasmissione ed elaborazione dati, Internet of Things e droni. Tali tecnologie sono utilizzate al fine di proporre soluzioni sempre più orientate all’automazione e al supporto decisionale basato su dati empirici, ma non solo.
I dati parlano di una crescita costante, di un interesse sempre più netto verso l’innovazione digitale a tutti i livelli della filiera
Grazie ai dati raccolti, infatti, le startup stanno innovando anche i propri modelli di business, ad esempio applicando il modello della servitization nel settore agricolo alla vendita di trattori autonomi o di kit 4.0 applicabili alle macchine agricole. È il caso delle startup American Robotics e Blue White Robotics che, seppure implementando soluzioni diverse – in un caso droni per la mappatura dei terreni e nell’altro kit hardware e analytics per rendere i trattori autonomi – applicano un modello di vendita simile. Le startup non offrono alle imprese agricole i loro prodotti, ma i loro servizi, quantificati ad esempio sulla base delle ore di lavoro svolte o degli ettari lavorati dalle soluzioni.
Quello delle startup agrifood è un mondo in fermento e probabilmente più di altri settori sta resistendo alla situazione attuale di precarietà. I dati parlano di una crescita costante, di un interesse sempre più netto verso l’innovazione digitale a tutti i livelli della filiera, senza dimenticare l’importanza del ruolo che le nuove imprese agroalimentari possono ricoprire a favore della sostenibilità. Non è dato sapere cosa riservi il futuro a questo settore, ma finora la bolla sembra destinata a restare intatta.