Marco Ogliengo nel 2015 fonda ProntoPro assieme a Silvia Wang. Oggi Marco è CEO di Jet HR, realtà che si occupa di semplificare la burocrazia sul lavoro e nella gestione dei dipendenti che ha recentemente chiuso un round a 25 milioni di euro, e Silvia di Serenis, startup che offre sedute di psicoterapia online. Era il 2016 quando Marco, assieme al collega Francesco Scalambrino, hanno iniziato per la prima volta a pensare a quella che sarebbe diventata JET HR, piattaforma tecnologica che, grazie al supporto di consulenti del lavoro, punta a semplificare la parte burocratica aziendale. «Abbiamo impiegato molto tempo prima di lanciarci sul mercato a studiare quali fossero le soluzioni più efficienti. Quando lavoravamo in ProntoPro per pagare i dipendenti dovevamo stampare le buste paga, firmarle, consegnarle a mano…Un processo macchinoso che non prevedeva l’esistenza di alcun portale digitale, strumento che invece era già adottato all’estero». Da quell’esigenza è nata JET HR che ha recentemente chiuso il terzo round a 25 milioni di euro. «Quando siamo partiti pensavamo a un team di 30 persone, oggi siamo in 110 e puntiamo ad assumerne altre 50 entro la fine dell’anno per poi raddoppiare nei prossimi 18 mesi», spiega Marco in un’intervista a StartupItalia sull’ultimo round concluso dalla sua startup con sede a Milano ma che lavora in fully remote da tutta Italia.

Leggi anche: Jet HR vola in alto e chiude un maxi round da 25 milioni. Tutti i dettagli sull’operazione della tech company
Marco, questo è il terzo round che chiude JET HR, come impiegherete i 25 milioni di euro ricevuti?
L’idea di lanciare il round non è nata dal fatto che avessimo bisogno di soldi, ma perché volevamo investire di più lato ricerca, sviluppo e prodotto. Concretamente, questo significa assumere una cinquantina di persone tra designer e sviluppatori e portare Jet HR a essere non solo uno strumento per la gestione delle assunzioni e stipendi ma diventare quasi un operativo per le PMI in grado di gestire tutta la burocrazia di back office, dalle tematiche di compliance alla contabilità, dalla sicurezza alle risorse umane. La maggior parte dei capitali ricevuti sarà impiegata per realizzare nuovi strumenti proprio per le risorse umane. Dopo il pre-seed a giugno 2023 chiuso a 4,7 milioni e guidato da Italian Founders Fund e Exor e il seed da 12 milioni annunciato a settembre 2024, in questo ultimo round, guidato da BASE 10, il fondo americano è al suo primo investimento in Italia.
Dall’inizio del vostro percorso vi aspettavate di intercettare l’interesse anche da parte di investitori internazionali e dei mercati oltreoceano?
No, per niente. Anzitutto, all’inizio non eravamo neanche sicuri di voler raccogliere capitali da fondi. Pensavamo di fare un piccolo club deal di amici, imprenditori e angel investors, e non ci immaginavamo di poter ottenere un riscontro così forte. Le cose si sono aggiustate man mano e, a un certo punto ci siamo detti: “Proviamo a raccogliere un po’ di più”. Devo dire però che in quella fase ci eravamo interfacciati con alcuni fondi stranieri ma tutti avevano declinato il nostro invito perché vedevano Jet HR come un’azienda con un mercato un po’ autoreferenziale: dall’Italia per l’Italia. Per un investitore straniero questa cosa fa un po’ paura perché gli investitori hanno un forte bias che li spinge a pensare che se l’azienda non è europea, non può diventare abbastanza grande da giustificare un investimento di venture capital. Noi avevamo capito che c’erano opportunità di mercato, però mi ricordo che dicevamo: “Vorremmo che JET HR contasse massimo 30 persone”. Oggi invece andiamo verso quota 160.

Siete ancora convinti di voler restare sul mercato italiano?
Si, assolutamente. Lo eravamo prima e lo siamo adesso perchè ci troviamo in un mercato molto particolare dove anche con soli 60 milioni di abitanti si possono costruire aziende enormi, anche se questo non è un concetto facile da trasmettere a un investitore non italiano. Siamo andati controcorrente e dopo che inizialmente gli investitori stranieri, appunto, non ci consideravamo, abbiamo iniziato a farci strada e le cose sono cambiate. Per esempio, Picus Capital, l’investitore che ha guidato il penultimo round da 12 milioni, non aveva investito nel pre-seed, ha continuato a seguirci e poi è voluto salire a bordo. Con gli americani, i numeri sono stati più convincenti e non c’è stato il “no” prima del “sì”.
In che modo siete, quindi, legati al mercato americano?
Non ci interessa andare in America. Il successo di Jet HR è dovuto al fatto che aiuta a sbrigare alcuni passaggi centrali nel mercato italiano, basato sulle nostre leggi che andiamo ad automatizzare. Un esempio pratico? Per chiedere il rimborso di un taxi devi avere due ricevute, una per dimostrare che è stato pagato con mezzi tracciabili, se no non è deducibile. Quindi noi siamo chiaramente legati ai nostri investitori, e siamo felici che magari i capitali futuri continueranno ad arrivare dall’America, il migliore mercato di capitali al mondo. E siamo anche felici di avere accesso, come network di best practice, ad aziende americane che sono l’ecosistema di venture più evoluto al mondo, dove ci sono le migliori imprese da cui imparare. Però non ci vogliamo spostare dall’Italia.
Da ProntoPro a JET HR, quale è la tua storia e come hai conosciuto il co-founder Francesco?
Francesco Scalabrino l’avevamo assunto in ProntoPro io e Silvia Wang, per guidare il comparto design e prodotto. Abbiamo lavorato insieme un paio di anni, si era creata molta fiducia. Poi lui si è dedicato per un certo periodo ad altro ma siamo rimasti amici e mi sono sempre detto che se un domani avessi voluto fondare un’azienda, l’avrei fatto con lui. E così è andata.
Quindi l’idea di mettere a terra Jet HR com’è venuta?
Jet HR nasce da un’esigenza di automazione di cui mi sono reso conto in prima persona. Per pagare i dipendenti c’era da stampare le buste paga, poi consegnargliele firmate, tutto questo senza neppure avere un portale di distribuzione dei cedolini digitalizzato. All’estero, invece, già da un po’ esistevano soluzioni digitali di questo tipo. Così ne ho parlato con Francesco che ha appoggiato sin da subito la mia idea che però, per un certo lasso di tempo è rimasta soltanto un’idea. Poi, quando abbiamo venduto ProntoPro con Francesco abbiamo iniziato a ragionarci seriamente. Da imprenditore ormai non più alle prime armi, volevo assicurarmi che l’ideale fosse non solo un’esigenza che sentivo personalmente, ma che potesse diventare qualcosa di veramente grande, con un impatto significativo. Se costruisci qualcosa che aiuta 100 persone è molto bello, ma se hai un milione di clienti stai cambiando un pezzettino d’Italia. Ecco, io volevo arrivare a quell’obiettivo.

E così dopo un lasso di tempo passato a studiare il mercato è fiorita JET HR..
Sì, per noi lo studio del business model, del target, dei mercati è stato fondamentale. Abbiamo passato quasi un anno a cercare idee di business diverse, esplorare i trend del momento. Insomma, avevamo tanti input. Sicuramente siamo stati anche facilitati dal fatto che Francesco avesse, nel frattempo, lavorato per due unicorni stranieri. Avevamo, quindi, sin da subito un’idea chiara di dove saremmo voluti arrivare. Ne ho parlato con chiunque: agricoltori, imprese edili, call center, volevo assicurarmi che non ci stessimo illudendo di fare qualcosa di grande per poi scoprire che in realtà era un sottomercato.
Oggi state crescendo a vista d’occhio. Quali sono state, quindi, secondo te, le chiavi del vostro successo?
La risposta potrebbe non essere “sexy” ma la verità è che abbiamo scelto il business giusto, un’esigenza di mercato fortissima, e, poi, l’esperienza di noi fondatori ha fatto la differenza e ci ha portato a focalizzarci sulla qualità delle persone che portiamo a bordo. Le prime 30 persone che abbiamo assunto erano quasi tutte esclusivamente senior. Avremmo potuto pagare un terzo per assumere neolaureati brillanti, come avevamo fatto in ProntoPro, ma poi i neolaureati devi gestirli, insegnarli, e se tu vuoi andare veloce hai bisogno di poter delegare, di poterti fidare. Inoltre, in ProntoPro, ad esempio, io e Silvia eravamo quasi in tutto le persone più brave in una determinata disciplina. Che si trattasse di marketing o sales o altro, eravamo sempre i più esperti nel guidare i team. In Jet HR, invece, non funziona così: io e Francesco siamo bravi in alcune cose, ma quasi ogni area conta persone che sono più competenti di noi.
Infine, da ProntoPro quali sono le skills principali che vi siate portati in Jet HR?
In ProntoPro ho fatto di tutto: dal marketing al sales, dalle PR al prodotto. Ma la cosa più utile sono stati gli errori, che puoi non ripetere. Ad esempio sovraccaricare un’azienda di figure brillanti ma junior. Con il senno di poi, quello è stato un errore. In JET HR ogni cosa che abbiamo fatto l’abbiamo fatta con molta più consapevolezza. Pensa che, il business plan era fatto così bene che per i primi due anni non ci abbiamo messo penna: in ogni riga rispettavamo quello che avevamo scritto o eravamo sopra. Con l’esperienza, siamo riusciti a vedere avanti e a pianificare bene. Questa è stata una delle chiavi del nostro successo.