Tra le belle colline toscane, affacciata sul Chianti e immersa in oltre 100 ettari adibiti a vigneti, uliveti e bosco, Palagina è la tenuta del gruppo Human Company dove la ruralità tende la mano a turisti, bambini, grandi, piccini e ragazzi con disabilità alla riscoperta delle tradizioni del territorio. Tra un buon bicchiere di Chianti e qualche goccia d’olio su un pezzo di pane qui abbiamo incontrato Giulia Rimini, 34 anni, originaria di Pelago (Firenze), general manager della Palagina da 8 anni. «Quella che oggi è “La Dimora”, ovvero l’albergo, è una struttura storica del 1400 che ha trascorso vari vissuti e attraversato ere storiche tra loro completamente diverse. Per un piccolo periodo è stato anche un monastero, durante la seconda Guerra Mondiale era il Quartier Generale dei tedeschi, poi di proprietà di una famiglia fiorentina, successivamente di un’azienda locale fino a che, circa 20 anni fa, è stata acquisita da Human Company e sono iniziate le attività che tutt’oggi con il team portiamo avanti mantenendo l’identità della dimora e valorizzando il contesto della ruralità come valore e identità». Ma la Palagina è molto di più e il nuovo appuntamento con Viaggio in Italia arriva in questo belvedere per raccontare la storia di un luogo che ha attraversato i secoli e oggi guarda all’innovazione e alla creazione di connessioni.

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Un legame indissolubile
Il legame tra la Palagina e il territorio in cui sorge oltre che evidente è indissolubile. «La ruralità è la sua anima», commenta Giulia mentre ci incamminiamo in un viaggio a strettissimo contatto con la natura. «L’intera struttura è composta da: una dimora storica, un agriturismo (“la cascina”), 3 appartamenti (il casale belvedere, la casa dei frutteti e la villa margherita), una honey room, un agricampeggio (il “borgo agricolo”) e una fattoria didattica».

Proprio la fattoria didattica è la nostra prima tappa, alla scoperta delle attività che Giulia organizza assieme al suo team ma non solo. «Abbiamo pensato a brevi corsi per adulti e bambini a contatto con la natura, che permettono di scoprire i ritmi dell’orto e dei vigneti, e con gli animali come vitelli, caprette, maiali, asini, pecore e pony, trasportati nelle pratiche dei contadini del territorio», spiega la general manager. Alla fattoria didattica non arrivano solo i più piccoli. «Organizziamo anche progetti sociali con i ragazzi con disabilità della Fondazione ODA Farm (Opera Diocesana Assistenza), i quali collaborano con noi attivamente alle attività agricole della fattoria in occasione della vendemmia, dell’imbottigliamento e dell’etichettatura del vino e dell’olio ma anche nella gestione dell’orto. Qui i contadini esperti insegnano ai ragazzi una serie di azioni, spesso ripetitive, che loro sono in grado di mettere in atto e ricordare la volta successiva, rispondendo, così, alla “coltura della socialità”». Ogni mese, qui si organizzano eventi tematici sulla base della stagione: dalla ricerca e decorazione delle uova per Pasqua al laboratorio del ravaggiolo a giugno fino alla battitura del grano a luglio e all’intaglio e decorazione delle zucche a ottobre. Ma anche aperitivi e cene in vigna degustando prodotti locali e laboratori di artigianato.

Nella tenuta, gli ospiti si divertono a imbottigliare e personalizzare l’etichetta a proprio piacimento. «Abbiamo pensato di rendere queste esperienze sempre più “cucite addosso al cliente”. Piacciono e tanti di loro poi tornano o ci raccomandano ad amici e parenti».
L’apicoltura
Alla Palagina tra le “special guest” che incontriamo nella nostra passeggiata ce ne sono alcune di cui spesso ci dimentichiamo ma che sono, invece, fondamentali per il nostro benessere: le api. «Qui abbiamo delle arnie e organizziamo visite alla colonia insieme all’apicoltore che, in tutta sicurezza e nel rispetto degli animali, racconta l’importanza di questi insetti e guida alla degustazione del miele». Ma non solo. Alla Palagina si può vivere un’esperienza molto speciale concedendosi una notte nella “honeyroom” (“la stanza del miele”).

Questo alloggio viene chiamato così perché si ha la possibilità di respirare l’odore del miele puro e vivere a strettissimo contatto con le api senza correre alcun rischio. «Abbiamo pensato a questa stanza che, lato uliveti, è a ridosso delle arnie, visibili dall’interno, cosicché chi soggiorna qui oltre a respirare l’odore del miele puro possa ascoltare il rumore bianco del ronzio delle api, che si dice abbia un potere rilassante e meditativo».
La dimora storica
Giulia ci conduce poi alla scoperta della dimora storica che, come accennato, si tratta di una struttura che risale al ‘400. «Oggi qui abbiamo 24 camere arredate disponibili per gli ospiti nel più classico stile toscano, due piscine tra gli alberi di ulivo e le vigne e un ristorante, “il ristoro con Burde”, situato nella limonaia della dimora storica che dal 1901 propone piatti locali che nascono e trovano definizione nel rapporto con il territorio che li circonda – ci racconta Giulia mentre si respira tutta la storia di questo vecchio edificio che oggi è diventata una dimora da sogno – Qui si mangiano prodotti a km zero, che provengono dalle nostre coltivazioni, si beve del buon Chianti che proviene dalle nostre vigne e si degusta una buona fetta di pane e olio che facciamo noi. Con un quintale di olive ci facciamo circa 14 litri d’olio. La Dimora ha anche vinto una puntata di 4 Hotel di Bruno Barbieri».

Oltre alla Dimora, c’è anche la cascina, con piscina panoramica, pool bar e 18 camere in uno stile più contemporaneo e il borgo agricolo, un agricampeggio composto da 12 alloggi glamping, ciascuno tematizzato al suo esterno secondo diverse attività e mestieri: dal fabbro all’ortolano, passando per l’apicoltore.
E pensare che 81 anni fa a pochi chilometri da qui si è consumata una delle più gravi tragedia d’Italia: la strage nazifascista di Castelnuovo dei Sabbioni. La mattina del 4 luglio 1944 i soldati tedeschi rastrellarono 74 ostaggi, compreso il parroco Don Ferrante Bagiardi che si era offerto in cambio della liberazione degli altri ostaggi. Tutti i prigionieri furono portati davanti alla chiesa e fucilati.
Ora quel passato che non c’è più sembra riecheggiare tra le vigne e gli ulivi, non ancora carichi di frutti.

Creare connessioni
La mission di Giulia e della Palagina non è solo quella di far riscoprire le tradizioni toscane che sono ancora vive e ben nutrite qua ma anche creare connessioni: «Qui si respira un dualismo che ha trovato il suo modo di convivere e fare network. Da una parte, ci sono le associazioni locali e le scuole, da un’altra i turisti. Nella Palagina noi puntiamo a realizzare attività i cui questi due target apparentemente molto diversi si incontrino e condividano esperienze, culture e tradizioni. Ci abbiamo provato da subito e ha funzionato alla grande! Ora chi viene qui in vacanza conosce anche chi ci vive e viceversa. Perché non è solo un luogo di incontro tra agricoltori e turisti ma anche tra persone». Un modello che sta funzionando molto bene: «Sono sempre di più coloro che tutti gli anni tornano, anche magari per fare un saluto. C’è una signora inglese che 3 volte l’anno sceglie di venire da noi nella dimora a trascorrere qualche giorno di tranquillità. Ormai è “una di famiglia” per il nostro team e ogni anno le persone accorrono anche solo per salutarla. Oppure, ricordo una famiglia che ha partecipato all’etichettatura del vino e l’anno dopo è venuta a fare la vendemmia. Qua alla base di tutto ci sono le idee di condivisione e collaborazione per creare prodotti unici nei loro generi».

Ma fare innovazione in questo settore in Italia non è sempre semplice e non è sempre scontato. «In Human Company, sono stata molto fortunata perchè sono sempre stata sostenuta e incoraggiata nei miei progetti (e pensare che mi ci sono pure trasferita a vivere!) ma riconosco che il settore dell’agricoltura in Italia non sia per niente semplice da innovare – conclude Giulia – Il margine c’è, ma mantenere un legame con la tradizione non è facile perché le realtà in Italia sono legate a contesti familiare piccoli e spesso non c’è il mindset né la struttura aziendale giusta per fare più tanto. Considerando anche che per la fattoria didattica, ad esempio, abbiamo cercato degli insegnanti, per l’apicoltura degli apicoltori, e via dicendo. Servono figure professionali non sempre facili da reperire». Giulia, laureata in Scienze Agrarie, ha fatto di questo lavoro una scelta di vita, scegliendo di trasferirsi nella Palagina. «La formazione in agraria mi ha aiutata a integrare le mie conoscenze con il territorio. Credo che questo sia un modello vincente e speriamo anche replicabile in altre zone d’Italia. Alla fine, in questo Paese, ogni luogo ha le sue tipicità e ci auguriamo che tutte possano essere valorizzate».