Un’idea, apparentemente banale, che ha prima preso la forma di un progetto e, poi, di una startup. Oggi quella startup che ha recentemente chiuso un round da 2.2 milioni di euro progetta e realizza box on demand per gli imballaggi di nuova generazione e guarda oltre-confine. Ma è da Assago, alle porte di Milano, che inizia la storia di Voidless. Più precisamente, sui banchi del Politecnico di Milano, quando 2 anni fa, i 4 co-founder, Carlo Villani, Mattia Bertolani, Guglielmo Riva e Daniel Kaidanovic, durante una lezione hanno un’idea: “Come risparmiare sugli imballaggi in eccesso?“. Era il 2022 e i 4 studenti non si sarebbero mai immaginati che da quell’idea sarebbe nata una startup che ad oggi ha raccolto complessivamente 2.8 milioni di euro. Proprio quell’intuizione, che per alcuni potrebbe sembrare semplice e banale, è stata la fortuna di Carlo, Mattia, Guglielmo e Daniel.
Oggi, da Assago, Voidless spedisce in tutta Europa imballaggi su misura e non ha la minima intenzione di fermarsi qua. «Puntiamo, soprattutto, alla zona del Benelux, per noi strategica», raccontano i 4 cofondatori. Li abbiamo incontrati per farci raccontare meglio la loro storia, come sono riusciti a dare forma a quella che inizialmente era solo una piccola luce che brillava nell’ombra e dove vogliono arrivare.
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Iniziamo dal principio, chi ha pensato per primo a Voidless?
In realtà tutti e 4. Eravamo compagni di banco e durante una lezione al Politecnico di Milano ci era stato chiesto di presentare un’idea innovativa. Ci abbiamo pensato per giorni finché, da una semplice spedizione recapitata a domicilio, si è accesa una lampadina: perché utilizzare un imballaggio eccessivamente grande per un oggetto piccolo? Così abbiamo iniziato ad approfondire il tema dell’overpackaging, un’esperienza comune e frustrante per molti consumatori che non garantisce alcuna protezione in più del contenuto se non uno spreco di risorse.
Come siete riusciti a mettere a terra il progetto?
Da subito ci siamo focalizzati sullo studio di questo settore di mercato, avviando una serie di analisi per capire se ci fosse già qualcuno che aveva pensato a una soluzione per sviluppare, costruire e installare sistemi di imballaggio on-demand di nuova generazione, in linea con le esigenze dei clienti in materia di Industria 4.0. Così, dopo qualche mese di studio abbiamo dato vita a Voidless, con l’idea che anche soltanto 50 centesimi per pacco risparmiati a livello globale valgono tanto per il nostro pianeta e per le nostre tasche.
Quando avete iniziato, come vi sareste immaginati in futuro?
Dalle prime call avviate con potenziali clienti abbiamo capito che avevamo fatto la scelta giusta. Con un bel po’ di olio di gomito abbiamo, anzitutto, cercato una sede che potesse essere idonea allo sviluppo della nostra idea e poi abbiamo iniziato a lavorare sul prodotto. Siamo partiti quasi subito con la prima raccolta fondi e nel 2022 abbiamo chiuso il primo round pre-seed a 600.000 euro.
Poi che cosa è successo?
Siamo cresciuti sempre di più, da Assago, dove, appunto, ha sede Voidless, i clienti hanno iniziato a moltiplicarsi e la platea ad amplificarsi sempre di più. La nostra tecnologia è, di fatto, applicabile in diversi settori: dall’e-commerce a chi spedisce ricambi, prodotti, oggetti in giro per il mondo. La macchina che abbiamo messo a punto è molto versatile e si adatta a molteplici tipi di imballaggio, permettendo agli operatori di velocizzare le operazioni di packaging e, allo stesso tempo, di risparmiare risorse.
Oggi spedite anche in Europa?
Certamente, il mercato logistico funziona moltissimo in termini di scalabilità nell’Unione Europea. In particolare, la zona del Benelux, dove vorremmo atterrare prossimamente, è per noi strategica perché non solo è ricca di magazzini ma lì vogliamo vendere anche i nostri sistemi, mantenendo, comunque, la sede produttiva in Italia. Alla fine, non è complicato come sembra: la nostra idea è quella di creare sempre più partnership in giro per il mondo, mantenere la produzione in Italia ed espandere la rete di vendite nell’UE.
Mi sembra che abbiate le idee molto chiare. Quali saranno quindi i vostri prossimi passi?
Già a partire dal prossimo anno vogliamo arrivare in Olanda, ma non ci fermeremo lì, come anticipato tutta la zona del Benelux è per noi fertile. Al momento siamo in chiusura di alcuni accordi commerciali, quest’anno ad Assago metteremo a punto da 5 a 10 macchinari, e la recente chiusura del nuovo round a 2.2 milioni di euro ci sta aiutando moltissimo.
Come impiegherete questa ultima iniezione di capitale?
Prima di tutto, dobbiamo consolidarci in Italia. In questa direzione, il capitale ottenuto serve a permetterci di mostrare le metriche dei nostri sistemi, poi lavoreremo più a fondo sulla commercializzazione e sulla produzione in Italia. Prima di andare all’estero dobbiamo mostrare solidità nel nostro Paese. Nel team, che ad oggi conta 14 persone, stiamo assumendo. Siamo alla ricerca di altre 6 persone che si occuperanno della parte meccanica, dell’automazione, del business e sales. Vogliamo assicurarci che il nostro prodotto non faccia una pecca: per aspirare a grandi risultati le nostre macchine devono essere perfette.