I sogni son desideri, e a volte diventano realtà. Come nel caso di Wishew, contrazione di “Wish you” (“Ti auguro“), il social nato da 3 co-founder italiani, sardi e siciliani, che è appena stato lanciato negli USA e ha già chiuso un round pre-seed decisamente importante incassando 10 milioni di dollari. A investire nella realtà con sede a Londra è stato principalmente Leonardo Maria Del Vecchio attraverso il suo fondo, LMDV Capital, che ha permesso che il sogno di questi 3 ragazzi si trasformasse in realtà.
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Dal sogno alla realtà
Lanciato in America il 29 aprile, nella Giornata mondiale dei desideri, il social network messo a punto dall’attuale CEO, Giacomo Vose, con Antonino Risicato (CMO) e Vincenzo De Caro (CGO) permette di poter condividere i propri sogni in un breve video (stile TikTok) e sperare di racimolare una cifra sufficiente per poterli realizzare. La startup, con sede a Londra, ha radici tutte italiane. Era il 2022 quando Giacomo, una notte di marzo, ebbe un’idea: lanciare un mix tra la piattaforma di crowdfunding GoFundMe e TikTok per essere supportati nella realizzazione dei propri desideri. «Per gran parte della mia vita ho faticato molto a realizzare quello che volevo. Mentre studiavo Ingegneria, contemporaneamente, ho svolto vari lavoretti per sostenermi, i più disparati: dal cameriere al parcheggiatore, dal barman al benzinaio. In questo percorso mi sono mancate tante cose, ma ho pensato che avere la possibilità di chiedere a una community di supportarti se desideri davvero qualcosa sia una grande opportunità – spiega Giacomo – Ho preparato tutto il piano finanziario ancora prima di cercare i componenti del team, che dovevano essere persone competenti ma con un pizzico di follia. Dopo tanti colloqui, li ho trovati».
Il mercato dei desideri
Poco a poco ha preso forma il social, alimentato da un meccanismo di ricompensa che garantisce un reward a chi dona. La strategia messa in atto da Giacomo ancor prima che ci fosse un team dietro all’iniziativa si è rivelata per lui vincente, ma gli ostacoli sono stati tanti e per niente scontati. «Ero ben cosciente che un modello di business di questo tipo avrebbe funzionato in America, dove le donazioni crowdfunding rappresentano il 49% del totale a livello globale, mentre solo nel Regno Unito e in Canada se ne contano il 23% – afferma Giacomo – I donatori più generosi rientrano nella classe media di reddito». I co-founder, Giacomo originario della Sardegna ma residente a Pisa, Antonino e Vincenzo palermitani che vivono a Reggio Emilia, hanno puntato tutto su un mercato che vale circa 100mila miliardi di dollari a livello globale. Una stima che si basa sul denaro che le persone spendono in beni e servizi oltre che sul tempo e sullo sforzo che dedicano alla realizzazione dei propri desideri.
Come funziona Wishew
Il modello di business di Wishew basa essenzialmente i suoi ricavi su due direttrici: una commissione di transazione del 12%, che include anche quella associata al servizio fornito dalla piattaforma, compresi i costi delle operazioni finanziarie, e una serie di pacchetti di sponsorizzazione. «Con questi permettiamo agli utenti di posizionare i propri video nella parte alta della home, così da rendere più visibili i propri desideri e sperare in un engagement (e in un guadagno) maggiore – spiega il CEO – Inoltre, attraverso una serie di strumenti di intelligenza artificiale possibilità, sempre dietro pagamento, di poter tradurre il proprio contenuto in più lingue in real-time».
Inoltre, si può partecipare anche al Wish-Game, grazie al quale gli iscritti possono concorrere per vincere alcuni premi. «Due mesi prima del lancio di Wishew abbiamo raccolto un migliaio di desideri e abbiamo notato che tra i più gettonati ci sono alcuni strumenti tech come smartphone, pc, tablet, ma anche il supporto ad attività imprenditoriali e non: dalla messa a terra di un’idea alla partecipazione a corsi di formazione e/o esperienziali – spiega Giacomo – Si tratta di un modello che, secondo noi, potrà funzionare anche con la beneficienza».
I prossimi obiettivi di Wishew
Per il team di Wishew la raccolta fondi è stato particolarmente complicata. «In Italia tanti fondi che investono nel tech cercano un livello di rischio pari a zero. Per questo partire in Italia per noi è stato davvero difficile». E, infatti, al momento Wishew punta tutto sugli U.S.A. con l’auspicio di raggiungere un milione di iscritti entro la fine dell’anno. «Se conquistiamo gli Stati Uniti, abbiamo conquistato tutti», racconta Giacomo, ma nel prossimo futuro del social dei desideri non c’è soltanto il mercato americano. Il social verrà lanciato anche nel Regno Unito, in Canada, Europa, Mena e America Latina. «Nel prossimo futuro apriremo, probabilmente, una sede anche in Italia – commenta il CEO di Wishew – L’idea è quella di rimanere con core team italiano e ampliare la nostra crew che oggi conta circa 50 persone. Al momento tutte le transazioni sono effettuate in dollari, ma ci piacerebbe avere una nostra moneta virtuale, agganciata a una valuta reale, che diventerà prossima protagonista all’interno della piattaforma».
Il controllo dell’iter delle donazioni
Wishew sta sviluppando anche un sistema di controllo della spesa, che prevede una sorta di bollino per gli utenti che hanno adoperato il guadagno per realizzare realmente i propri sogni. «Al momento non abbiamo previsto l’obbligatorietà di rendere pubblico il modo in cui si è speso il guadagno raggiunto sulla piattaforma ma abbiamo messo in piedi un sistema che in un certo senso obbliga l’utente a farlo perché chi ha donato riceve una notifica sul proprio smartphone che lo invita a comunicare al social se il ricevente abbia o meno pubblicato qualcosa in merito al desiderio una volta terminata la raccolta. Qualora non avesse pubblicato alcun tipo di feedback e, anzi, avesse truffato coloro che si sono prestati alla donazione, questo viene automaticamente bannato e non può più accedere, neanche in futuro, al social», conclude Giacomo. Il team di Wishew è al lavoro per rendere obbligatoria, in un prossimo futuro, la comunicazione del modo in cui gli utenti hanno usufruito dell’incasso.