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La parola chiave è integrazione: tra macchine e persone, tecnologie e valori, velocità dell’innovazione e necessità di governarla. Questa è una chiave di lettura per approcciarsi alla seconda edizione del rapporto The Augmented AI-Human Job, redatto da Look4ward, l’osservatorio permanente sulle competenze del futuro di Intesa Sanpaolo, è frutto di una ricerca condotta in collaborazione con l’Università Luiss Guido Carli e in partnership con Accenture e Digit’Ed.
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L’indagine, elaborata dal Centro di Ricerca in Strategic Change “Franco Fontana”, ha coinvolto oltre 800 imprese italiane tra CEO, HR manager e responsabili formazione di diversi settori, per analizzare l’impatto trasformativo dell’intelligenza artificiale sul sistema produttivo, educativo e organizzativo del Paese.
L’approccio è stato tanto quantitativo quanto qualitativo: ai questionari somministrati si è affiancato un lavoro di ascolto, analisi semantica e mappatura cognitiva per individuare le nuove sfide in ambito di competenze, processi organizzativi, education e lavoro.
Adozione AI, la voce delle aziende
Il rapporto analizza a fondo l’impatto che l’intelligenza artificiale sta avendo sulle imprese italiane, mettendo in luce come questa tecnologia non rappresenti solo un’evoluzione tecnica, ma una vera e propria trasformazione culturale e organizzativa. La metodologia di indagine prevede interviste qualitative in profondità a CEO di primarie imprese italiane e internazionali e una rilevazione quantitativa tramite survey rivolta a HR Director, che ha coinvolto un campione rappresentativo di 800 micro, piccole, medie e grandi imprese nazionali, tra il 4 dicembre 2024 e il 14 gennaio 2025.
Dai dati emerge che il 18,6% delle imprese italiane ha già adottato soluzioni di intelligenza artificiale in modo strutturato, ma l’interesse è in crescita, soprattutto tra le aziende più grandi, localizzate prevalentemente nel Nord-Ovest e attive nel settore dei Servizi. In questi contesti, l’adozione è favorita da fattori come la dimensione aziendale, un livello di fatturato più elevato (le aziende con ricavi superiori ai 10 milioni di euro hanno oltre cinque volte la probabilità di adottare l’IA rispetto a quelle più piccole) e una maggiore predisposizione culturale all’innovazione.
L’intelligenza artificiale non si limita a supportare, ma incide sempre più sul fatturato e sulla produttività: si prevede che l’impatto sul fatturato aziendale passi dal 16% al 29%, mentre quello sulla riduzione dei costi aumenti dal 7% al 17%. E già oggi, il 43% delle imprese che ha implementato l’IA segnala un miglioramento concreto dell’efficienza operativa.

Ma il cambiamento più rilevante riguarda le competenze. Le aziende stanno comprendendo che l’adozione dell’IA richiede molto più che macchine e algoritmi: serve preparazione. Il 44% delle imprese che utilizza l’intelligenza artificiale sente la necessità di sviluppare nuove competenze trasversali, con particolare attenzione all’uso consapevole delle tecnologie digitali (62%), alla creatività e all’innovazione (32%) e alla capacità di comunicare con chiarezza anche i concetti più complessi (27%).
Le competenze tecniche non sono da meno. Le imprese chiedono sempre più figure capaci di conoscere i modelli di intelligenza artificiale, sviluppare soluzioni scalabili in ambienti produttivi, analizzare e interpretare grandi moli di dati. In parallelo, cresce la consapevolezza che solo attraverso la formazione sarà possibile affrontare questa trasformazione. Oltre l’80% delle imprese prevede di investire in percorsi formativi specifici per l’IA nei prossimi tre anni, e tra quelle che già utilizzano l’AI, ben il 60% la considera una priorità strategica. Tuttavia, solo il 9% delle aziende si affida oggi a università o centri di formazione esterni: la maggior parte preferisce percorsi interni.
Il divario tra domanda e offerta di competenze è netto: il 66,2% delle imprese dichiara di avere difficoltà a trovare profili adeguati. Quasi la metà delle aziende (42%) intende attivare collaborazioni con università per sviluppare percorsi formativi congiunti nei prossimi tre anni, ma soltanto il 6% ha già avviato iniziative concrete in questa direzione.
In un panorama del genere, è chiaro che serve superare il vecchio approccio legato all’automazione e iniziare a pensare in termini di “lavoro aumentato”. L’intelligenza artificiale può diventare un alleato prezioso, un supporto che non sostituisce ma potenzia le capacità delle persone. Costruire un ecosistema formativo collaborativo, accessibile e multidisciplinare diventa dunque una priorità, così come ripensare i modelli organizzativi per valorizzare davvero il capitale umano. Solo in questo modo la tecnologia può trasformarsi da strumento a leva strategica per il futuro.
Education e AI: come cambia il futuro dell’apprendimento
Una delle aree più investite dalla rivoluzione dell’IA è il settore educativo. Il capitolo cinque del report analizza il fenomeno dell’AI for Education (AIEd), tra opportunità e criticità. Dall’analisi emerge che L’IA personalizza l’apprendimento, abilita tutoring intelligenti, ambienti immersivi, simulazioni e assistenti virtuali, ma solleva anche interrogativi etici: privacy, accesso diseguale, delega cognitiva eccessiva.
L’86% degli studenti universitari utilizza già strumenti IA nello studio, ma solo il 48% si sente preparato a un mondo del lavoro in cui l’IA è centrale. Per le organizzazioni formative, l’intelligenza artificiale è una leva per internazionalizzare i percorsi, modularli, e connettere università e imprese. I docenti evolvono in facilitatori, i modelli didattici diventano esperienziali e interdisciplinari. Le micro-credenziali si affermano come soluzione agile per il lifelong learning.

Ma servono nuovi approcci: ibridi, inclusivi, human-centric. Le interviste agli esperti del settore education confermano che è urgente rafforzare le competenze trasversali (soft skills, pensiero critico), promuovere partnership internazionali e mantenere la persona al centro della trasformazione tecnologica.
Il commento di Intesa Sanpaolo e Luiss
Elisa Zambito Marsala, Responsabile di Education Ecosystem and Global Value Programs di Intesa Sanpaolo, ha sottolineato come la ricerca condotta in collaborazione con l’Università Luiss dimostri che “l’intelligenza artificiale sta cambiando in modo significativo il nostro modo di lavorare ma anche di apprendere”. Per affrontare questo cambiamento, secondo Zambito, servono ecosistemi virtuosi, modelli educativi innovativi e una rinnovata centralità delle competenze trasversali, come creatività, pensiero critico e capacità di fare rete, per mantenere l’essere umano protagonista nelle trasformazioni globali.
Dello stesso avviso il Rettore della Luiss Guido Carli, Paolo Boccardelli, che ha definito l’IA non solo una sfida tecnologica, ma “una sfida culturale”. Il vero cambiamento, ha aggiunto, “passa dalla capacità di formare persone in grado di governare l’innovazione e la rivoluzione digitale”. La collaborazione con Intesa Sanpaolo, ha spiegato, conferma la volontà dell’ateneo di costruire un ecosistema di competenze multidisciplinari, inclusive e sostenibili, in cui le tecnologie siano al servizio delle imprese, della responsabilità e della crescita, con al centro sempre la persona.