Parlare di “agentification” non è semplice perchè questo termine ingloba al suo interno tantissime facce e strumenti che oggi sono sempre più essenziali per le imprese e per chi vuole fare innovazione. E mentre l’avanzamento dell’intelligenza artificiale sta inaugurando una nuova era caratterizzata dall’ascesa degli agenti di AI, un cambiamento di paradigma può sbloccare tantissime capacità a volte anche poco immaginabili. Ne abbiamo parlato con Hassan Sawaf, founder e CEO di aiXplain, azienda che fornisce soluzioni di intelligenza artificiale e machine learning per vari domini e applicazioni come l’e-commerce, l’assistenza sanitaria, l’istruzione e l’intrattenimento.
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Dopo la laurea in Informatica e 25 anni di esperienza nello sviluppo e nell’implementazione di tecnologie all’avanguardia, dal mondo accademico al mercato, Hassan è tra i contributor sul progresso della traduzione automatica, del riconoscimento vocale, della visione artificiale, della comprensione del linguaggio naturale, del dialogo e dell’ottimizzazione dei processi. Ha anche ricoperto posizioni di alto livello presso Facebook AI, Amazon Web Services, Amazon ed eBay, dove ha creato e guidato team che hanno fornito prodotti e servizi di impatto.
Hassan, che cosa significa, per te, “agentification”?
“Agentification” è un processo di miglioramento. Tu sai che cosa la tecnologia è in grado di fare e ti aspetti che si adatti ai tuoi bisogni, ma se tu insegni alla tecnologia che cosa deve fare esattamente, nei minimi dettagli, programmare diventerà sempre più veloce e, al tempo stesso, ne beneficeranno tutti perché tutti avranno accesso a quella tecnologia. Gli agenti in futuro avranno un ruolo sempre più decisivo perché sapranno dirti il motivo del perchè qualcosa non funziona in un determinato sistema e saranno in grado di spiegarti le ragioni dei cambiamenti.
Quale potrebbe essere il futuro dell’agentification?
Grazie all’aggiornamento continuo, gli agenti funzioneranno sempre meglio e il margine di errore sui bias sarà sempre più basso. Per esempio, nella mia azienda, gli agenti sono anche in grado di monitorare le policy, e se queste non rispecchiano l’output del tuo agente, questo riesce a cambiare il corso dei lavori cosicché la regolamentazione venga rispettata. Non solo la policy, ma garantisce anche un’alta qualità e funzionalità.
Qual’è l’impatto dell’agentification sui LLM?
Questi agenti hanno il vantaggio che, attualmente, parlano il linguaggio umano, e questa è una gran cosa perché se tu stai costruendo una tecnologia per un agente, ad esempio, puoi allargare il bacino di azione quando vuoi se lo basi sul linguaggio umano. Per me gli agenti sono come dei “minions” che lavorano per gli esseri umani è il linguaggio umano, per loro, è il linguaggio con cui li abbiamo programmati.
E quale è, invece, l’impatto sugli e-commerce?
Oggi quando pensi agli e-commerce, devi pensare che questi agenti prendono informazioni da te. Più sanno di te e più saranno precisi nel guidarti nello shopping. E così si andrà sempre di più verso la personalizzazione, che significa indirizzare l’utente verso un’esperienza d’acquisto migliore. Oggi gli algoritmi tendono a categorizzarti più che personalizzare l’offerta, mentre la personalizzazione sarà il futuro. E penso che nei prossimi 5 anni questi sistemi prenderanno sempre più piede.
I social network, invece, secondo te in che direzione vanno?
Penso che anche i social network prenderanno questa direzione. Oggi tu puoi fare il download dei dati su Facebook perché sei in un grande sistema, ma se la privacy la si vuole preservare davvero si deve cambiare approccio. I social media si devono evolvere, e se questo non succederà, le persone continueranno a chiedersi se possono fidarsi di loro.
Secondo te quanto conterà nella quotidianità di ognuno di noi l’intelligenza artificiale?
Io penso che l’intelligenza artificiale ci dia una versione migliore: oggi anche grazie all’AI riusciamo a essere più efficienti. Con l’agentification, ogni cosa è più vicina a te, più personalizzata e anche più controllata. Così acceleriamo l’innovazione e il progresso.
Come angel investor, che cosa vai cercando nelle startup?
Aziende che non abbiano gli occhi puntati solo sull’AI ma che guardino ai problemi e usino l’AI come uno strumento. In particolare io ho un occhio di riguardo nei confronti del settore dall’healthcare, dove c’è innovazione ma c’è anche tanto altro che può essere fatto. Io credo che se l’AI fosse nelle mani di tutti, si genererebbe un potenziale enorme. Mentre abbiamo Chatgpt in una zona del mondo, altre aree non sanno nemmeno che cosa sia.
E che cosa cerchi dalle startup italiane?
Negli ultimi 20 anni ho collaborato con molte startup e università in Italia, da Roma a Trento, e ho apprezzato questi mercati. Già quando lavoravo in Amazon e in Ebay ho conosciuto molte persone che venivano dall’Italia e sono molto rimasto colpito dalla qualità degli ingegneri italiani. L’energia che mettono nel proprio lavoro è unica.
Che cosa dovremmo cambiare, secondo te, a livello di ecosistema in Europa?
Ho notato che c’è anche molta differenza tra gli U.S.A e l’Europa. Il continente europeo è più conservativo, mentre gli Stati Uniti sono molto più flessibili. Negli USA, quando ti presenti a un potenziale cliente, questo ti chiede di fare qualcosa insieme. Spero che, in questo senso, l’Europa si muova più velocemente per far crescere l’ecosistema.