Per il nostro longform domenicale intervista a Gianluca Galletto, manager italiano che vive nella Grande Mela. Già consulente dell’ex sindaco De Blasio, il suo libro “Viva New York” racconta una metropoli oltre i luoghi comuni. «Continua ad essere il centro del mondo»
«La pandemia ha colpito duro su New York», «la delinquenza è aumentata», «la città è sporca e la metropolitana piena di ratti», «i newyorkesi lasciano la città», «la legalizzazione della marijuana ha trasformata la città in zombie». Sono alcuni dei titoli che raccontano New York sulla stampa internazionale. Una narrazione che non rappresenta la realtà secondo il manager pugliese Gianluca Galletto, che vive nella Grande Mela dagli anni ’90 ed è stato consulente per la città di New York sotto l’amministrazione De Blasio. È stato proprio l’ex sindaco di New York dal 2014 al 2021, grande estimatore di Galletto, a curare la prefazione del libro appena uscito Viva New York (Paesi Edizioni). «Avevo in mente di scrivere questo libro già prima della pandemia ma, stanco di leggere la narrazione sbagliata ed ingiusta della mia città, ho trovato le energie per dedicarmi al progetto editoriale» afferma Galletto che raggiungiamo mentre è in tour promozionale in Italia.
Nato a Grottaglie nel 1969, laurea in Economia alla Bocconi, negli USA arriva con una borsa di studio Fulbright, poi un master in international economics a Yale. Si appassiona alla politica americana e partecipa attivamente a sei campagne presidenziali americane democratiche. È in quelle occasioni che conosce l’ex sindaco di New York Bill De Blasio, di origini italiane. «Mi sono occupato di due cose per la città di New York. Prima del commercio estero, ovvero portare a New York aziende e startup innovative. Sono anche stato capo delle partnership tecnologiche dell’ente delle case pubbliche che è forse il lavoro che ho svolto con maggiore passione». Il manager italiano si è trovato a gestire per il NYC Housing Authority, 180mila appartamenti con un fabbisogno di 40 miliardi di dollari per la manutenzione e l’aggiornamento. «Mi occupavo di portare soluzioni innovative da adottare per la gestione di questo patrimonio, seguivo pilot di aziende innovative, è stata la parte umana del progetto che mi ha coinvolto in modo particolare». Dall’edilizia popolare NYCHA sono passati il rapper milionario Jay Z, Howard Schultz il fondatore di Starbucks così come l’attuale sindaco di New York, Eric Adams. È vero: nella narrazione comune New York è una delle città più costose del mondo ma dall’altra parte è un esempio di collaborazione tra pubblico e privato come racconta Galletto nel suo libro. «Gli inquilini che usufruiscono dell’edilizia popolare pagano il 30% del proprio reddito e questo è importante per non svuotare la città e mantenere il tessuto sociale».
New York batte Silicon Valley
Nel 2023 è in corso una fuga da New York? È forse questa la narrazione comune che meno convince Galletto. «Se davvero tutti vogliono andarsene, perché fa notizia l’affitto di 7 metri quadri per 2000 dollari? Le tendenze si guardano non anno per anno ma nel lungo periodo ed i dati mostrano come New York abbia un saldo positivo di arrivi». Non è un caso, infatti, che nel 2021 la città abbia raccolto 55 miliardi d’investimento di venture capital a fronte dei 100 della Silicon Valley che però è composta da più città. «Un dato recente mostra come per la prima volta Manhattan abbia più startup di San Francisco» prosegue Galletto. La metropoli ospita aziende che sono state startup di successo. Il sito di e-commerce Etsy, Squarespace che realizza e gestisce siti web, Vimeo, Buzzfeed. «Spotify è l’esempio che mi viene in mente per primo. Li incontrai nel 2014, erano una decina di persone ora sono in 1500 qui a New York ed hanno due piani al Westfiled World Trade Center».
New York sta diventando attrattiva per le startup anche se non è certo semplice avviare un’attività. Come dicono i newyorkesi, bisogna avere “skin in the game”, un modo per dire che le aziende devono camminare con le proprie gambe. «A differenza dell’Italia dove si usa molto il credito fiscale per sostenere le aziende, a New York non è così perché una volta finiti gli aiuti, se non sei in grado di camminare con le tue gambe le aziende lasciano il Paese». Mentre fino a qualche anno fa, la Silicon Valley era più attrattiva rispetto alla costa orientale per la disponibilità di capitali, oggi non è più così. I capitali sono presenti nella Grande Mela ed esiste capitale umano perché la città ha investito molto in formazione tecnologica attirando talenti da ogni parte del mondo. «La parte interessante è che qui ci sono anche i potenziali clienti e molte aziende europee lo hanno capito. Mentre l’Italia si concentra soprattutto sul food, fashion, wine, Paesi come la Francia, Olanda, Austria stanno portando molte startup». Anche il Ceo di Cloud4Wi, Andrea Calcagno, ha deciso di trasferire la sede da San Francisco a New York.
Il turismo a New York ha creato come in ogni parte del mondo problemi anche alle startup, perché trovare spazi a buon mercato non è semplice. Per questo motivo la città ha investito nella riconversione di aree statali o militari come nel caso di Brooklyn Navy Yard, un hub dedicato alla manifattura e all’innovazione biotech. «Nel campo delle biotecnologia la città di New York ha investito un miliardo di dollari con De Blasio per sostenere il settore ma il grosso dei fondi non sono andati alle aziende. Sono invece serviti a creare l’ecosistema necessario per favorire lo sviluppo d’innovazione».
New York, modello da imitare
Nel libro Viva New York, Galletto individua una serie di proposte che l’Italia potrebbe imitare come la Big Idea. Una formula abbastanza usuale negli Stati Uniti e che a New York ha consentito di introdurre progetti rilevanti dopo un massiccio dibattito tra cittadini, tecnici, università guidato dalla leadership politico-istituzionale. Quali sono le idee per una trasformazione di lungo termine? Parte così un lungo confronto e dibattito e alla fine il governo sceglie l’idea migliore e chiede al resto del mondo di fare una proposta di progetto con tanto di capitali da investire. Pubblico e privato collaborano attivamente e la città di New York è stata una delle prime negli Stati Uniti a creare la forma istituzionale delle “corporation non for profit” come il Mayor Fund. «Si tratta di un modo snello per la gestione dei fondi per progetti specifici. La corporation raccoglie donazioni da persone, fondazioni, aziende e tecnicamente spende i fondi come fosse un ente privato. Ma il board è controllato dal sindaco». Grazie a questo sistema, la città di New York ha portato avanti un gigantesco progetto educativo con l’obiettivo di formare cinquemila insegnanti in computer science nelle scuole pubbliche a partire dall’ultimo anno della materna, un’iniziativa costata ottanta milioni di dollari tra fondi pubblici e raccolte private.