«Abbiamo scelto questo nome perché ci siamo sentiti un po’ come i giovani nel film, quando si ritrovano per leggere e scegliere poesie». Fulvio Muzio, Roberto Turatti e Giovanni Favero hanno un background di grande esperienza alle spalle nel mondo della musica, dello spettacolo, della produzione e dell’imprenditoria. Da veterani del settore hanno lanciato un esperimento che non sbarra la strada all’AI, anzi. Con Dead Poets Club – omaggio al film L’attimo fuggente che in inglese si chiama Dead Poets Society – hanno sfruttato l’Intelligenza artificiale per produrre brani in cui la creatività umana e la tecnologia collaborano per comporre brani a partire da celebri poesie.

Fare musica (bene) con l’AI
«Quando ho lavorato in un centro di elaborazione dati ho avuto la fortuna di fare il programmatore e questo mi ha aiutato molto», ci ha spiegato Roberto Turatti, batterista, DJ e producer. Da più di un anno si diletta a sfruttare l’Intelligenza artificiale per fare musica. Suno è una delle piattaforme che più utilizza e che ha sfruttato per il progetto con i suoi due compagni d’avventura. Hanno pubblicato il primo brano su Spotify, The Fly.

Tutti e tre i membri di questa band hanno le idee chiare su quali siano le regole d’ingaggio con l’Intelligenza artificiale. «L’AI come strumento a disposizione del musicista e del creativo è straordinaria, ma solo se non diventa un Jukebox. Le nostre canzoni nascono con poesie che si sposano con melodie pensate e create prima».

Poesie da ballare
L’ispirazione è nata dalla lettura di alcune poesie entrate nella storia della letteratura mondiale e composte dagli autori e dalle autrici più famosi. La loro bellezza meritava un omaggio musicale, un brano. «Volevamo mappare capolavori dei testi del passato, in particolare quelli con caratteristiche di metriche adatte per diventare canzoni. D’Annunzio, Rosalia Castro, Catullo, William Blake».

E così è partito un progetto che per la sua parte tecnologica è stato affidato a Whattadata, spin-off dell’Università Bicocca. «Non è l’AI che arrangia – spiegano i tre membri di Dead Poets Club -. Siamo noi che la guidiamo, la instradiamo. Il nostro non è un progetto arrangiato dall’AI». Ed è importante ribadirlo quando dietro a questi sforzi c’è tanto impegno da parte di persone che hanno lavorato una vita nel settore.
Nella fase di composizione, il fulcro è rimasto sempre e solo la creatività dei musicisti e dei compositori. L’Intelligenza artificiale è intervenuta unicamente come supporto alla produzione artistica, soprattutto grazie all’utilizzo di diversi cantanti virtuali. In tutto sono sette le poesie protagoniste del progetto e che compongono un disco che si completerà con la pubblicazione online nei prossimi mesi. «C’è un denominatore comune che è l’energia – hanno concluso -. Verrà voglia di ballare questi brani».


