«Da piccolo avevo un sogno: fare l’atleta professionista. Ero appassionato di sci alpino, non proprio lo sport indicato per la città in cui sono cresciuto, Napoli. Ho purtroppo avuto un sacco di infortuni e in quei casi il problema per un atleta spesso è il non aver accesso immediatamente a un medico. Con Nora stiamo sviluppando un large action model». Pierangelo Raiola, classe 1992, è il protagonista di questa nuova puntata della rubrica “Italiani dell’altro mondo”. Di nuovo ci spostiamo negli States, dove insieme al fratello Michelangelo l’imprenditore ha lanciato Nora, startup del settore healthcare che sfrutta un agente di intelligenza artificiale per guidare la persona nel proprio percorso di cura.
La giusta mentalità
Ma prima di volare negli Stati Uniti partiamo dal percorso di Pierangelo Raiola. «Da piccolo ho iniziato con lo sci alpino, vincendo qualche gara. A 10 anni mi sono trasferito ad Auronzo di Cadore e da lì è iniziata la mia carriera». Poco prima dei vent’anni l’infortunio che lo ha fatto smettere. Sono momenti decisivi e dolorosi nella vita di uno sportivo, che pongono di fronte a un bivio. «Ho sofferto tanto, mi ha impattato mentalmente. Quando ti fai male sviluppi la paura. Gli atleti forti son quelli che comunque continuano. Il mio problema è che mi ero curato male».
Dopo la triennale alla Luiss Pierangelo Raiola ha ottenuto una borsa di studio per meriti sportivi a Yale, negli Stati Uniti, Paese dove oggi vive e guida la sua startup. «Credo sia stata un’esperienza incredibile aver fatto parte di quella istituzione. Riflettevo sulla qualità delle persone che con cui stavo. E mi chiedevo che cosa ci facessi li in mezzo. Con una buona mentalità sono riuscito ad affiancarmi a talenti che mi hanno fatto da trampolino».
Dopo gli studi si è trasferito a New York per lavorare nell’ambito della finanza, nel settore M&A. «Ho avuto la fortuna di conoscere in profondità l’infrastruttura sanitaria statunitense». E infatti, alla fine della propria carriera, è proprio alla salute che sportivi come lui talvolta si appassionano, nel tentativo di risolvere problemi. L’incontro con Ajay Naik, l’altro cofounder di Nora, gli ha permesso di lanciare la sua prima startup.
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«Lui era già un imprenditore di successo in India, dove ha creato una startup di computer vision per democratizzare il settore agritech. Una volta che l’ha venduta ha poi ottenuto il visto per venire a lavorare negli Stati Uniti». Un Paese che, nonostante i tanti problemi, resta ancora una terra di opportunità per chi viene dall’estero.
Cosa fa l’AI di Nora?
Fondata nel 2021, Nora prima si chiamava Xtra e ha chiuso poco più di un mese fa un round da 3,5 milioni di dollari. Tra gli investitori della società ci sono anche gli ex calciatori Gianluigi Buffon e Giorgio Chiellini. «Sono entrambi leader. Li ho voluti fortemente come investitori. Mi stanno aiutando a capire come gestire il gruppo. L’unico motivo per cui le startup vincono è sulla qualità dell’hiring. Hai un budget minore, ma spesso conti su top talent».
Nei primi anni della pandemia, quando i trend erano altri (metaverso, NFT, Clubhouse) le aziende innovative stavano già sperimentando soluzioni di intelligenza artificiale, tecnologia che ha sempre affascinato Raiola. «Sono stato uno sciatore e so cosa succede dopo un infortunio. Il primo problema è che non hai accesso al medico istantaneamente. Ci sono tempi di attesa di 14/18 giorni negli Stati Uniti. E intanto hai dolore. Con l’AI quello che puoi fare è domandare a un agente di intelligenza artificiale, sulla base dei tuoi sintomi, quale può essere il percorso terapeutico di riferimento». Con Nora – nome scelto per umanizzare la tecnologia – la persona si mette direttamente in contatto con i medici, guidato dal sistema.
«Definiamo il nostro come un large action model: significa che in base agli input restituiamo un’azione da fare. L’agente diventa la tua guida, sia per iscritto sia sotto forma vocale». Ad oggi gli utenti dichiarati sono più di 300mila e il team è di 15 persone. Come raccontiamo ogni giorno su StartupItalia, l’AI è un treno che corre veloce e in America la città di riferimento è San Francisco, dove Raiola fa tappa.
San Francisco vista da un italiano
«Qua si respira innovazione, è una città di visionari, è il place to be. Interagire da first time founder mi fa crescere. Quanto è successo con gli LLM e OpenAI è una nuova frontiera che si è aperta, ancora più di internet credo. A livello strutturale ci sarà un impatto mastodontico». E per l’AGI, l’AI più intelligente di tutte, forse non bisognerà aspettare neanche troppo. «Quello che facciamo con l’AI è potenziare l’essere umano».
L’accesso alla sanità è uno dei nodi che l’AI può aiutare a sciogliere, rendendo più facili visite, anamnesi e cure. «Nora è gratuita per gli utenti. Monetizziamo riferendo cliniche e prodotti nel marketplace». In prospettiva la startup vorrebbe aprire un centro di ricerca in Italia specializzato su AI e prevenzione. Nel frattempo a San Francisco c’è un dato curioso su noi italiani. «In Silicon Valley ci sono community fortissime di latini, francesi, tedeschi. Noi italiani non siamo riusciti a crearla. Forse perché spesso ci pestiamo i piedi a vicenda».