Utile netto a 6,8 miliardi di dollari, utenti in salita e aspettative superate. Ma Apple sospende il programma Enterprise dopo l’inchiesta sull’app per monitorare le abitudini degli utenti a pagamento
“Faremo altri errori, ma ora abbiamo un chiaro senso del cammino davanti a noi”. Questa la promessa di Mark Zuckerberg nel confronto con gli investitori seguito alla diffusione degli (ottimi) risultati del quarto trimestre 2018. Numeri buoni, per certi versi inattesi, arrivati tuttavia dopo l’ultimo scandalo: cioè la notizia che la piattaforma ha pagato degli utenti, in gran parte teenager e più in generale fra i 13 e i 35 anni, per poter avere accesso alle loro abitudini digitali, cioè a tutti i dati che transitavano sui loro smartphone, attraverso un’applicazione parallela non ufficiale. Il tutto alla cifra di 20 dollari di ricompensa al mese.
I numeri del quarto trimestre 2018
Mentre prometteva l’integrazione fra i servizi di messaggistica, l’espansione dei pagamenti via WhatsApp, più contenuti effimeri in stile Storie di Instagram e la solita, massima sicurezza in termini di privacy, il fondatore snocciolava cifre importanti che in Borsa hanno fatto risalire il titolo di quasi il 9% dopo gli ultimi mesi di drastico calo, che ha sfiorato il 40%. L’utile netto si attesta a 6,88 miliardi di dollari, o 2,38 dollari per azione – superiori ai 2,18 attesi dagli analisti – e i ricavi sono saliti del 30% a 16,91 miliardi di dollari, sopra i 16,39 su cui scommetteva il mercato.
Salgono anche gli utenti: 2,32 miliardi al mese
“La nostra comunità e il nostro business continuano a crescere. Abbiamo cambiato in modo fondamentale come gestiamo la società concentrandoci sui grandi temi sociali e investendo di più nelle nuove modalità per connettere le persone” ha spiegato Zuckerberg. Tornato a sfoggiare cifre positive anche in termini di utenti: quelli attivi giornalieri sono stati in media 1,52 miliardi nel dicembre 2018, il 9% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Mentre gli utenti mensili sono saliti del 9% attestandosi a 2,32 miliardi. La pubblicità sui dispositivi mobili ha rappresentato il 93% del totale ricavi del periodo.
Nel complesso, 2,7 miliardi di persone usano il social network, Instagram, WhatsApp e Messenger ogni mese (considerati cioè nel complesso), con due miliardi di questi che lanciano almeno uno di questi servizi ogni giorno sui propri dispositivi. Tuttavia spunta anche qualche notizia negativa: sul social “vivono” 116 milioni di account fasulli e 255 milioni duplicati
La mossa di Apple sull’app ficcanaso
Tornando all’operazione dell’applicazione per sondare le persone – ovviamente col loro assenso, ma la questione non cambia troppo – svelata da una lunga inchiesta di TechCrunch, c’è da segnalare nelle ultime ore la puntuta reazione di Apple. Tanto per sciogliere il clima già teso con Menlo Park, la Mela ha deciso che Facebook non potrà più installare e usare le versioni interne delle sue applicazioni, quelle non distribuite tramite il negozio digitale, sugli iPhone dei suoi dipendenti. Cupertino ha dunque revocato il certificato dell’azienda del social blu per fare in modo che Facebook Research, questo il nome del programmino, non possa più funzionare né sui dispositivi dei dipendenti che di eventuali “volontari a pagamento”. In pratica i programmatori che lavorano sulle applicazioni al momento non hanno più la possibilità di “provare” e testare le piattaforme sulle versioni installate sui loro iPhone.
Addio, per il momento, all’Enterprise Program
“Il comportamento di Facebook è una chiara violazione delle nostre linee guida – ha spiegato Apple – con la revoca del certificato di distribuzione intendiamo proteggere i nostri utenti e i loro dati”. La questione, vale la pena ricordarlo, è esplosa perché si è scoperto che per un paio d’anni Facebook, almeno dal 2016, la piattaforma ha offerto a certi gruppi di utenti fra i 13 e i 35 anni del denaro. In cambio, questi dovevano installare sui telefoni un software di monitoraggio – reso funzionante su iPhone tramite le licenze dell’Apple Developer Enterprise Program ora revocate – che ha consentito il tracciamento di molte attività, dai messaggi ai tempi di utilizzo delle applicazioni. Il tutto attraverso il lavoro combinato di una Vpn, una virtual private network, in coppia con l’applicazione in questione, battezzata Facebook Research.
Lo zampino di Onavo
Al momento non è chiaro quanto fosse esteso questo programma di “monitoraggio autorizzato”. Di sicuro c’è che era operativo, con altri sistemi, fin dal 2014, grazie all’acquisizione da parte di Facebook della società Onavo, specializzata proprio in questo genere di tracciamento del traffico su reti Vpn. Il programma – utilizzato già all’epoca dal social per monitorare gli utenti e capirne di più sul modo in cui usavano la propria app e le concorrenti – era finito nel mirino di Apple in quel periodo, che ne aveva imposto la rimozione dall’App Store. Con Facebook Research, che oltre tutto continuava a inviare le informazioni ai server di Onavo, il problema sembrava schivato. Il punto, tuttavia, ruotava e ruota ancora nel caso dell’app per Android intorno alla scarsa trasparenza in particolare sulla tipologia di dati condivisi e sugli ostacoli affinché utenti under 18 non potessero aderire senza il consenso dei genitori. Facebook Research era infatti promosso con annunci in particolare su Instagram e Snapchat. Sul punto un portavoce del social, che ha smentito che il programma di ricerca fosse segreto come riportato da alcune testate, ha spiegato che “meno del 5% dei partecipanti era costituto da adolescenti, tutti in possesso di un modulo di consenso firmato dai genitori“.