“Solo lo 0,05% del Pil italiano speso per sicurezza informatica”
Solo lo 0,05% del Pil italiano viene speso per la sicurezza informatica, a fronte dell’incremento a quattro cifre di attacchi phishing e social Engineering registrato negli ultimi 12 mesi.
È questo l’allarme lanciato dagli esperti riuniti al Security Summit 2017, la tre giorni milanese chiusa il 16 marzo.
1200 partecipanti alla presentazione del Rapporto Clusit 2017
Filo conduttore della manifestazione, spiega una nota, è stato “il divario sempre più ampio tra la percezione dei rischi e la realtà, evidenziato in primis dal Rapporto Clusit 2017, che è stato presentato in apertura di convegno” e che fornisce ogni anno un quadro “della situazione globale, evidenziando Paesi e settori più colpiti” dalle minacce cibernetiche.
Durante il summit, che ha coinvolto oltre 1200 partecipanti – esperti, rappresentanti di istituzioni, organizzazioni e aziende – si è evidenziata “la necessità di nuovi investimenti in tecnologia – pur a fronte della attuale prevalenza di tecniche di attacco molto semplici e a basso costo, quindi facilmente accessibili – e in formazione a partire dall’età scolare”.
L’Importanza della formazione per ridurre il rischio cyber
Per Gabriele Faggioli, presidente Clusit, c’è bisogno della creazione da parte delle istituzioni di programmi educativi per l’utilizzo ‘etico’ del digitale fin dalla scuola primaria, ovvero nell’età in cui i bambini iniziano a disporre di device connessi alla rete. “La sfida della sicurezza informatica è oggi l’educazione”, ha affermato Faggioli, “che da sola può aiutarci a ridurre il rischio cyber a livelli molto prossimi allo zero”.
Dall’educazione il passaggio alla formazione, tema centrale per aziende e istituzioni.
Secondo gli addetti ai lavori il fattore umano continui a rivelarsi l’anello debole della catena della sicurezza cyber, responsabile, insieme alla scarsa propensione agli investimenti, dei livelli di ‘insicurezza’ odierni. “Appare sconcertante che in Italia si spenda un solo euro in Information Security per ogni 66 euro spesi in Ict, pari all’1,5% della spesa nazionale in tecnologie informatiche. Ovvero, a conti fatti, circa lo 0,05% del Pil”, ha affermato a riguardo Andrea Zapparoli Manzoni, tra gli autori del rapporto.
La protezione dei dati come leva per il business
Nel corso di diversi tavoli di confronto nella tre giorni è poi emersa da parte delle aziende l’urgenza di considerare il tema della protezione dei dati come parte integrante del business. Secondo gli esperti intervenuti, il Gdpr (General data protection regulation – Regolamento Ue 2016/679) sta già rivoluzionando la sicurezza IT: molte imprese stanno infatti facendo fronte ad adeguamenti tecnologici e organizzativi in vista della scadenza di maggio 2018. La crescente liquidità dei dati, contestuale all’utilizzo esponenziale di cloud e mobile, porterà nei prossimi mesi alla convergenza dei sistemi di controllo deputati alla privacy e alla cyber security, in ottica di gestione del rischio, ottimizzazione di operatività e costi. Una delle tendenze più evidenti, secondo gli addetti ai lavori, sarà l’implementazione di una ‘sharing economy’ nell’ambito della protezione dei dati, in ottica di condivisione dei costi e dei servizi.
Fonte: CyberAffairs