L’intervista a Ernesto Belisario, avvocato ed esperto di diritto delle tecnologie
«Il vero tema riguarda il ruolo proattivo dei social quando ricevono segnalazioni. Quanto sono veloci a intervenire di fronte a un determinato tipo di contenuto? Quel che è certo è che non basta più l’autoregolamentazione. E di questo i primi a esserne convinti sono proprio i colossi. Servono norme chiare». Ernesto Belisario, avvocato ed esperto di diritto delle tecnologie, ha risposto alle domande di StartupItalia a pochi giorni dalla tragedia di Palermo, dove una bambina di 10 anni ha perso la vita nel tentativo di pubblicare un contenuto su TikTok. In questi anni gli utenti dei social hanno imparato a conoscere il successo virale delle challenge: sfide a volte innocue e divertenti, altre invece pericolose e, per alcuni, fatali come nel caso della #blackoutchallenge che sfiderebbe i giovanissimi allo auto-strangolamento. Sull’onda della rabbia per quanto successo in Sicilia, pochi giorni fa il Garante della Privacy ha disposto per TikTok «il blocco immediato dell’uso dei dati degli utenti per i quali non sia stata accertata con sicurezza l’età anagrafica».
TikTok: cosa fare?
Prima negli USA con il ban di Donald Trump, oggi in Italia. Dobbiamo prepararci a una crociata contro TikTok? «Non mi appassionano i dibattiti ideologici – ha risposto Belisario – quello che è importante è seguire gli sviluppi giuridici. Per quanto riguarda il provvedimento d’urgenza del Garante della Privacy, il blocco è inserito all’interno di un’istruttoria con la quale il garante aveva già richiesto chiarimenti al gestore dell’app». A fine 2020 l’autorità amministrativa ha infatti avviato un procedimento contro TikTok per quanto riguarda il rischio privacy dei minori. La tragedia di Palermo ha spinto poi alla richiesta di blocco.
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A questo punto è necessario capire se è possibile attuare questo blocco per gli utenti la cui età non è stata verificata. «Esistono soluzioni di age verification – ha argomentato l’esperto – si va da strumenti rudimentali come il controllo del documento di identità, agli algoritmi che hanno un maggior livello di sofisticazione. YouTube, ad esempio, ha implementato una serie di meccanismi di questo tipo in relazione ai video che possono essere visualizzati soltanto da soggetti maggiorenni. Quello che però bisogna capire – ha sottolineato – è che l’obiettivo non è tanto aver un sistema sicuro al 100%, ma dotarsi di controlli difficilmente aggirabili dagli utenti».
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Le responsabilità dei social e di tutti
Non si contano le situazioni in cui le piattaforme sono intervenute in ritardo di fronte a contenuti violenti e pericolosi. I fatti di Capitol Hill, quando il 6 gennaio scorso i sostenitori di Trump hanno fatto irruzione al Campidoglio, sono però sembrati a molti un punto di non ritorno. «Come in tutti i problemi complessi non c’è una soluzione troppo semplice – ha detto Belisario – ognuno gioca il suo ruolo in questo scenario, dalle piattaforme alle famiglie. In merito ai social manca consapevolezza, ad esempio, nelle scuole».
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In questo contesto il contributo decisivo potrebbe essere quello normativo a livello europeo. Poche settimane fa sono state pubblicate le prime bozze del Digital Services Act e del Digital Markets Act, che porterebbero novità per i giganti del web. «La rivoluzione digitale si fa anche con le norme – ha concluso Belisario – Bruxelles ha l’approccio giusto e si è visto con il GDPR che è stato copiato anche all’estero. Come sempre un fattore decisivo è la tempistica: è ovvio che scrivere norme richiede tempo, ma questa è ormai una corsa contro il tempo. Sarà importante la velocità».