Il governo di Seoul ha annunciato investimenti per 7,2 miliardi di dollari a sostegno dell’industria nazionale dei chip. A riferirlo è stato il ministro delle Finanza Choi Sang-mok. Il mercato dei semiconduttori globali mostra un quadro ben definito, con i primi della classe in ottima salute: Nvidia è il colosso statunitense che negli ultimi anni ha bruciato le tappe rafforzando la propria leadership grazie a chip sempre più performanti, anche in vista della transizione all’intelligenza artificiale; Taiwan resta poi un Paese strategico per la filiera con un ruolo centrale della multinazionale TSMC. In questo scenario che ruolo ricopre la Corea del Sud?
Corea del Sud: a quanto ammontano gli investimenti nei chip?
Seoul può contare anzitutto su Samsung, che nel 2023 ha annunciato l’intenzione di costruire nel Paese la più grande fabbrica di chip al mondo. Sul piatto ha messo oltre 220 miliardi di dollari, un investimento monstre da spalmare su 20 anni, ma che rende l’idea di quanto il capitale pubblico non possa fare a meno di quello privato se l’obiettivo è competere nell’industria globale dei chip.
Se si guarda all’export, i semiconduttori rappresentano la voce più importante per il Paese: a marzo il volume degli scambi ha superato i 13 miliardi di dollari, ovvero un quinto delle esportazioni totali. Ma i miliardi fioccano anche per le investimenti nazionali con Samsung e Hynix a rappresentare le società più importanti in questo disegno: la costruzione di poli di produzione e spese in ricerca e sviluppo porteranno a un giro d’affari di 340 miliardi di dollari entro metà secolo.
Non solo chip: Seoul guarda anche alle batterie
Compresa la lezione della pandemia, con i colli di bottiglia lungo la filiera e le incertezze sulle tratte marittime globali, i Paesi più all’avanguardia su questo capitolo tecnologico cercano di costruirsi una filiera il più possibile a km 0, vicina ai siti produttivi per dipendere il meno possibile dall’esterno. E questo non vale soltanto per i semiconduttori, ma anche per le batterie: Seoul sta stringendo da anni partnership con Paesi come Australia e Kazakistan per incrementare l’impiego di minerali riciclati (in funzione anti Cina).