Google ha appena lanciato sul mercato un’evoluzione del Chromecast, la chiavetta HDMI che trasmette in diretta sulla tua TV i contenuti dei tuoi dispositivi mobili. Il nuovo gadget supporta la qualità video 4K.
Google ha appena compiuto 18 anni (qui “18 progetti da ricordare fatti da Google nei suoi primi 18 anni“). Era il 9 ottobre 2006 quando i co-fondatori della piattaforma YouTube caricavano un video di circa un minuto e mezzo, “A Message from Chad and Steve”, in cui annunciavano l’acquisizione della loro startup da parte di Big G per 1,65 miliardi di dollari (appena un anno dopo il lancio: qui il primo video del tubo, “Me at the zoo“). In Google, dieci anni fa, sono riusciti a intercettare il cambiamento che stava avvenendo, ossia la volontà di un pubblico televisivo sempre più “affamato” di novità, e sempre più esigente grazie alla nascita e crescita del Web 2.0, che offriva contenuti nuovi, inediti, che aprivano la strada verso nuovi orizzonti.
You
La convergenza mediale, i social media, il Web 2.0 e la televisione digitale erano temi piuttosto popolari nel 2006, anno in cui le tecnologie partecipative di intrattenimento audiovisivo raggiunsero l’attenzione dei mass media, come esemplifica l’ultimo numero di quell’anno del settimanale statunitense Time. La Persona dell’Anno 2006, secondo Time, è stata infatti “You“, ovvero lo spettatore partecipativo che utilizzando YouTube e altri social media diventa protagonista dell’intelligenza collettiva del Web 2.0. Si passa così da una concezione di passività ad una di reciproco scambio, di interazione e contaminazione, sia tra utenti e media, sia tra new media e media tradizionali: la convergenza aumentava di pari passo alla consapevolezza e all’interattività degli spettatori.
Il passaggio dal broadcasting al narrowcasting
Il passaggio dal broadcasting al narrowcasting ha consentito la differenziazione dell’offerta televisiva e la nascita di una molteplicità di canali che assecondano specifici target contribuendo a formarne gusti e stili di vita. Già dagli anni Novanta la rivoluzione tecnologica che avrebbe dovuto segnare l’avvento di una nuova era mediale era stata identificata: nell’era post-televisiva, si diceva, il broadcasting sarà sostituito dal bitcasting e gli utenti del futuro potranno abbandonare definitivamente il device televisivo in favore del teleputer. Ma cos’era il teleputer?
Lo studioso americano Press, nel 1990, per rispondere alla domanda di come la televisione potesse diventare un personal medium bidirezionale, introdusse la distinzione tra teleputer e compuvision. Secondo Press, la digitalizzazione dei media aveva prodotto due diversi trend: da una parte il televisore aveva cominciato ad integrare la capacità di elaborazione e l’interattività del computer, trasformandosi progressivamente in un teleputer; dall’altra il computer aveva cominciato ad acquisire la capacità di elaborazione e di visualizzazione di contenuti video, evolvendosi verso il compuvision. Quale dei due trend avrebbe prevalso? Su questo tema, per alcuni anni, si sono dati battaglia sociologi e ingegneri: il sociologo Gilder per il teleputer, il massmediologo Negroponte e, udite udite, Bill Gates per il compuvision.
Oggi il teleputer è un device tecnologicamente realizzabile, ma non è ancora nato un nuovo medium che racchiuda in sé tutte le funzionalità del computer e tutte le opportunità di fruizione televisive. Qualcosa che permette la “fusione” tra i due device, però, è gia sugli scaffali dei negozi di tecnologia, il Google Chromecast (e device simili di altri competitor), ossia un piccolo apparecchio, simile ad una chiavetta USB, che se collegato alla TV attraverso la porta HDMI la trasforma in un computer, mantenendo però le caratteristiche classiche del televisore. Insomma, il Chromecast trasforma la TV in una “multiTV“.
Piuttosto che una TV interattiva, ossia un mezzo di comunicazione univocamente associato ad un elettrodomestico di fruizione e ad una specifica modalità di trasmissione, la “multiTV“ è un sistema plurale e fluido in cui convivono molteplici modalità di fruizione e distribuzione che gli utenti possono utilizzare per guardare, interagire e creare contenuti audiovisivi.
Il Google Chromecast e i walled garden
Nel primo decennio del XXI secolo la piattaforma Internet è stata colonizzata da corporation dell’intrattenimento che, a partire dall’accorpamento di case di produzione cinematografiche, reti televisive, testate giornalistiche e aziende di telecomunicazione, si sono espanse in rete. Queste big company hanno costruito dei walled garden, “giardini recintati” di intrattenimento televisivo che nascondono dietro a differenti interfacce la stessa proprietà. Ma la piattaforma cross-mediale, per la sua natura reticolare, non è completamente recintabile, perciò siamo in grado di costruire il nostro walled garden dell’intrattenimento personale nel nostro salotto, grazie al Web 2.0, allo streaming e a device come il Google Chromecast.
Non stiamo a perdere tempo sullo spiegare funzionalità e applicazioni del Chromecast, basterà questo video per chi ancora non lo conosce.
Il nuovo Google Chromecast Ultra: bellezza in 4K
Google ha lanciato nella giornata del 3 ottobre il nuovo Chromecast, che supporta la trasmissione video streaming con qualità 4K. Il device si chiama “Chromecast Ultra“.
La notizia è stata data però con molto anticipo da Evan Blass (noto nell’ambiente tech come @evleaks) attraverso le pagine web di VentureBeat: in quanto a forma è molto simile alla seconda generazione del Chromecast, con un design sempre più minimal, e come fa notare Blass, sempre più simile ad una sfera Pokemon.
Le differenze sostanziali non si vedono, perché sono a livello software, con la grande novità del supporto dello streaming di video in qualità 4K: il costo dovrebbe essere di 69 dollari. Da farci un pensierino…