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Chi conosce la storia di Andrea Vaccari, il fondatore di Glancee “acquistato” da Facebook nel maggio del 2012 con la sua applicazione, aspettava con interesse di capire come e se Mark Zuckerberg avrebbe sfruttato l’esperienza pregressa del giovane veronese.

Oggi sappiamo che, coerentemente con il resto della strategia mobile sempre più aggressiva, il fondatore del social network ha pescato a piene mani nel lavoro fatto da Vaccari e ha lanciato un prodotto destinato a far discutere (sulla privacy, come al solito). Nearby Friends permette di vedere gli amici che si trovano nelle vicinanze se entrambi gli utenti, quello che riceve la segnalazione e quello che entra nel suo campo d’azione, hanno dato l’autorizzazione all’app a tenere traccia di tutti i loro spostamenti. Tutti, sempre. Anche quando l’app non è in uso. Facebook e Vaccari, a cui è stato dato l’onere di presentare la novità, hanno ribadito che i singoli iscritti avranno la possibilità di gestire completamente quanto e come farsi “seguire” dall’inconcina di Menlo Park: quando e se farlo, a chi far vedere gli spostamenti ed eventualmente a chi comunicare con più precisione dove incontrarsi. Resta comunque un passo molto ardito, e importante dal punto di vista economico.

Il debutto, limitato per ora gli Stati Uniti, sarà privo di legami diretti con le sponsorizzazioni pubblicitarie. Ma è abbastanza ovvio che si tratti del fine ultimo dell’iniziativa. È altrettanto vero che convincere gli utenti a farsi pedinare da un’app all’epoca del Datagate non sarà una passeggiata. Ben vengano quindi i primi passi di piombo, ma vale la pena iniziare a già a ragionare sulle potenzialità commerciali della soluzione. “Google sa già cosa cerchiamo, cosa ci piace e come ci spostiamo grazie alle mappe. Facebook ha già le informazioni di profilo e amicizie, gli manca giusto sapere dove ci troviamo in quel determinato momento”, dichiara a SmartMoney Gianluca Diegoli, docente dell’Università Iulm ed esperto di marketing. Il dato diventa interessante “quando ci troviamo in prossimità di negozi fisici e possiamo diventare bersaglio di comunicazioni in tempo reale. Non solo: se pensiamo ai Beacon (la tecnologia utilizzata anche da Apple di cui abbiamo parlato qui, nda) l’interazione può proseguire all’interno del punto vendita con segnalazioni sulla posizione dei prodotti specifici”, spiega Diegoli, manifestando però molto scetticismo sull’interesse degli iscritti al social network di sbloccare la funzione Nearby. “Tentativi di questo genere se ne vedono da dieci anni, sono abbastanza scettico. Gli utenti difficilmente si fanno coinvolgere se non ottengono nulla in cambio”. Facebook e Vaccari, in realtà, sono – evidentemente – convinti che il bisogno di pizzicare amici, conoscenti e colleghi nelle vicinanze sia esistente e sufficiente per chiudere un occhio, anzi tutti e due, sulla privacy. E hanno già fatto un primo passo in direzione della pubblicità localizzata, fa notare Diegoli, sperimentando la segnalazione delle Pagine vicine alla posizione in cui ci si trova. Le intenzioni, bellicose, sono già abbastanza chiare.

Facebook Places, come del resto Foursquare, hanno già dimostrato i loro evidenti limiti, sia di usabilità sia commerciali: agli utenti non piace poi così tanto esplicitare la propria posizione e, Foursquare ne sa qualcosa, costruire un business profittevole su un’azione mai diventata davvero un’abitudine è difficile. Nearby prova a fare piazza pulita. Estremizza il bisogno di condivisione portandolo a portata di mano (offline) e delega allo smartphone la localizzazione che diventa quindi realmente spontanea solo nel momento in cui si accetta la funzione. Se funzionerà sarà una miniera d’oro.