«Dal 1999 l’intelligenza artificiale batte l’umano a scacchi. L’AI pervade le nostre vite da tempo. Perciò non credo che solo perché oggi si inserisce in una presentazione la parola intelligenza artificiale le startup del settore abbiano più facilità nel raccogliere capitali». Lisa Di Sevo, Ceo e Managing Partner di Prana Ventures, è la protagonista della nuova puntata del lunedì in cui presentiamo la storia di un volto del mondo degli investimenti. Fondatrice dell’associazione SheTech, è salita a bordo di una delle prime holding – dpixel – che in Italia ha investito in ambito seed. «Parliamo di oltre dieci anni fa. Organizzavamo i bar camp: tra le startup che incontrammo ricordo Soundreef». Un’altra Italia, dove l’ecosistema dell’innovazione iniziava lentamente a gemmare. Questa è la storia di una imprenditrice con la passione da sempre per il coding e la tecnologia.
Quando Apple ha cambiato tutto
Su StartupItalia raccontiamo i profili dei venture capitalist partendo dal loro percorso, proprio perché il mestiere dell’investitore non deriva da un monolite. Non per forza serve un backgorund standard per entrare nel mondo della finanza e Lisa Di Sevo ha sempre continuato a coltivare le proprie passioni. «Ho sempre amato la matematica e mi è sempre piaciuto sviluppare. Nel 2003, ad esempio, ho realizzato un aggregatore di notizie. Ma non ha funzionato».
Anni di entusiasmo e sperimentazione, in cui ha messo in piedi progetti insieme ad altri amici nerd. «Ai tempi avevo dato un esame a scelta, giapponese, e così mentre studiavo sono riuscita a lavorare per NEC, in cui mi occupavo dei permessi di soggiorno per i dipendenti che arrivavano in Italia». Il periodo prima dello scoppio della crisi del 2008 è stato fondamentale per lo sviluppo di una nuova fase per gli sviluppatori.
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«Erano i tempi del primo iPhone: potevi sviluppare più facilmente grazie all’app economy. Lo sviluppo del seed capital si è legato proprio a quel trend». Una rivoluzione che Steve Jobs ha avviato, ma che ha richiesto molti anni per essere compresa. Proprio nel 2007 – l’anno dello smartphone che ha investito intere industrie – Lisa Di Sevo è entrata in dpixel, una delle prime realtà che in Italia si è occupata di investire su startup early stage grazie alla lungimiranza di figure come Gianluca Dettori (a cui deve la sua passione per questo mestiere) ed Elserino Piol. «Stavamo sviluppando l’ecosistema. Grazie alla tecnologia diventava più veloce testare».
Un VC è come una startup
Lisa Di Sevo è poi diventata project leader del primo programma di open innovation di TIM, ruolo che l’ha portata a gestire gli acceleratori di Milano e Bologna. «Dal 2009 al 2014 abbiamo fatto scouting di progetti». E intanto l’ecosistema cresceva, con le prime realtà che iniziavano a formarsi, e startup destinate a diventare qualcosa di più grande. «Ciò che mi appassiona di questo lavoro è il fatto di vedere sempre cose nuove». E la ricerca non mira a individuare a tutti i costi il business di successo. «In uno degli ultimi incontri di Prana Ventures abbiamo voluto portare il caso di un fallimento. Purtroppo in Italia viene visto ancora male. Ma all’estero se non hai fallito almeno una volta, alcuni VC nemmeno investono».
Prana Ventures è un progetto nato come un’impresa – perché gli investitori questo fanno di mestiere – con un obiettivo specifico. «Non è stato per nulla facile lanciare un fondo in Italia. Sentivo la necessità di proporre un player nell’ecosistema del seed capital che adottasse un approccio diverso. Con il mio socio Alessio Semoli ci siamo detti: ci distinguiamo non perché siamo per forza i più bravi, ma perché sappiamo fare gestione».
Finora Prana Venture ha raccolto 3mila business plan e in portfolio conta 16 startup. «Siamo agnostici rispetto al settore. Un terzo delle nostre aziende ha una donna nel team dei fondatori. Pur non essendo un fondo articolo 8 (che ha obblighi di investimenti in ESG, ndr), agiamo come se lo fossimo perché crediamo nella finanza a impatto». Missione che prosegue nell’associazione SheTech, che Di Sevo ha lanciato nel 2010, per avvicinare le donne al mondo tech. «Finora è stato il mio più grande successo».