Le startup sono state protagoniste della diretta di “Life, il vocabolario dedicato al futuro della salute”. Qui per rivedere la puntata
Health startup: sono loro oggi il cuore pulsante della ricerca nel campo della prevenzione e della diagnostica. Veri e propri cantieri di idee, che riuniscono esperti di diverse discipline alla ricerca di soluzioni innovative, stringendo alleanze virtuose con i colossi della salute. Sono state loro le protagoniste della diretta di “Life, il vocabolario dedicato al futuro della salute”, promosso da Startupitalia con il supporto di Sanofi Pasteur. Un incontro moderato da Giampaolo Colletti e Anna Gaudenzi, con gli spunti visual del disegnatore ed esperto di tematiche scientifiche Giulio Pompei.
Un primo consiglio alle giovani startup è arrivato direttamente da Santa Barbara, California, dove ha sede Evidation Health, unicorno che ha raccolto in totale 259 milioni di dollari: “Non bisogna avere fretta: bisogna ricordarsi sempre che si sta correndo una maratona, non facendo uno sprint”, ha esordito Luca Foschini, Co-founder and Chief Data Scientist. Servono tempo, visione e finanziamenti, ma soprattutto conta la credibilità: “Va costruita passo dopo passo, facendo molta ricerca e puntando sulle pubblicazioni scientifiche”. Come attrarre i capitali necessari? “Negli Stati Uniti c’è un’attitudine al rischio molto più alta da parte degli investitori. In Europa, ma soprattutto in Italia, la valutazione viene fatta sul fatturato, che però per un’azienda giovane non può chiaramente essere elevato. Negli Usa si valutano invece aspetti diversi, come la narrativa, il team e l’idea, e si è disposti a rischiare di più. Vedo però che le cose in Italia stanno cambiando velocemente e ci sono tanti capitali esteri che vengono portati tramite investimenti in partnership con la Silicon Valley e il Regno Unito, come dimostrato dagli ultimi unicorni. Sono molto fiducioso che possa esserci presto un rinascimento di startup, in Italia e in Europa”.
Startup e investimenti
Da questo punto di vista i dati sulla prima parte del 2021 sono molto incoraggianti, come spiegato dalla biologa e giornalista scientifica Giulia Annovi: “E’ evidente un crescente numero di finanziamenti sul panorama internazionale: in particolare a beneficiarne sono le aziende a metà tra life science e tecnologia, due settori che incontrandosi generano innovazione”. Gli investimenti effettuati finora sono equiparabili a quelli totali del 2019: i settori di interesse sono la prevenzione e, soprattutto, lo studio della medicina di comunità, probabilmente anche come risultato della pandemia che abbiamo e stiamo tuttora attraversando.
“Nello specifico del mercato europeo si rileva un bel balzo del 2.5% in più per quanto riguarda le aziende relative a tech e salute. Più in generale, per le biotecnologie, dal farmaceutico alla ricerca di nuove terapie, dalla diagnosi alla prevenzione, l’aumento è dell’1,5%. L’Europa è finanziata soprattutto dal comparto dei venture capital, con una forte partecipazione americana, che è passata dal 27% al 42%”. Quali sono i punti di forza e di debolezza che accomunano le startup? “Tutte sanno fare rete con il territorio e con l’estero, puntano a creare team interdisciplinari, studiano molto e fanno ricerca scientifica. I punti di debolezza sono talvolta collegati all’ambiente: serve una legislazione precisa sull’uso dei dati, per esempio, e sulla regolamentazione delle innovazioni messe sul mercato. Anche il trasferimento tecnologico andrebbe potenziato”.
Startup e università
In questo panorama, qual è il ruolo dell’università in supporto a startup e talenti emergenti? “Credo ci sia una certa confusione su questo”, ha dichiarato Anna Gatto, SDA Associate Professor of Practice – Digital Transformation all’Università Bocconi e Director LIFT Lab. “Lo scopo non deve essere quello di far crescere le startup, ruolo che spetta agli investitori: gli atenei devono però dedicare corsi all’applicazione di quello che si studia, senza diventare palestre per la messa a terra. Uno dei punto di forza dell’università italiana è l’insegnamento di molta teoria, soprattutto nei primi anni, però bisognerebbe chiedersi di più se si stanno dando agli studenti le skills e le conoscenze necessarie per poter creare poi conoscenza applicata”. Per creare una startup serve sì avere buone idee, ma anche maggiore velocità nell’execution: “Su questo l’università dovrebbe lavorare di più, però questo aspetto non va relegato alle business school. In ogni facoltà dove l’innovazione viene sviluppata da un punto di vista scientifico e tecnologico dovrebbe essere introdotto almeno un esame che riguarda la parte business”.
Startup e alleanze virtuose
Un esempio dell’alleanza virtuosa che può nascere tra startup innovatrici e aziende è arrivato da Emanuele Montomoli, ordinario di Igiene e Medicina Preventiva all’Università di Siena, ma anche President (Not executive function) e Chief Scientific Officer di VisMederi Research srl, società nata nel 2009 come startup legata alla prevenzione delle malattie infettive e ai clinincal trials sui vaccini: “Dopo 13 anni non siamo più uno spin-off dell’università di Siena, ma un’azienda matura con 97 dipendenti e un fatturato da oltre 20 milioni di euro, che resta in Italia”. VisMederi ha collaborato con l’università Statale di Milano allo sviluppo, ancora in una fase iniziale ma con le prima prove favorevoli, di ‘LeCoVax2’, vaccino che non si basa né su mRna né su adenovirus, ma su un su un microrganismo unicellulare modificato, in grado sia di produrre sia di trasportare le proteine virali che fungono da antigeni e che possono quindi stimolare la produzione di anticorpi nel vaccinato.
Quando di parla di startup, fondamentale è anche l’aspetto brevettuale per proteggere la proprietà intellettuale, come testimoniato da Luca Ravagnan, Ceo di Wise srl, specializzata nella produzione di dispositivi medici, che nel 2020 ha vinto il premio annuale di Startupitalia: “Questo per noi è stato da subito un obiettivo: abbiamo depositato il primo brevetto attorno al 2010”. A maggio è stato raggiunto un traguardo importante: “Abbiamo ottenuto la marcatura CE per la commercializzazione in Europa dell’elettrodo corticale quadripolare “Wise Cortical Strip”, dispositivo medico monouso, utilizzato per il neuromonitoraggio durante la chirurgia del tumore celebrale e dell’epilessia”.
Una startup fatta da donne per donne è M2TEST, nata come spin-off dell’Università di Trieste ad opera di Francesca Cosmi e Alessandra Nicolosi, che è anche Ceo. Il BESTest (Bone Elastic Structure Test) è un innovativo metodo di analisi della struttura ossea umana a scopi medico-scientifici, in grado di effettuare una sorta di biopsia virtuale dell’architettura ossea del paziente. “E’ nato dallo studio delle alterazioni che le ossa subiscono durante i viaggi spaziali in assenza di gravità. Una dinamica non così lontana da quello che succede alle donne con l’avanzare dell’età, ma non solo. Le fratture fragili colpiscono anche gli uomini, a causa di un’osteoporosi di tipo secondario legata all’uso di certi farmaci”, ha spiegato Cosmi.
M2TEST è anche una startup nata in famiglia, dalla collaborazione tra madre e figlia: “Mi sono laureata in farmacia nel 2016”, ha raccontato Nicolosi: “Sono cresciuta avendo sempre a casa i modelli 3d della struttura ossea, che io chiamavo ‘triangolini’. Un giorno abbiamo deciso di partecipare a un bando, presentando la ricerca del BESTest, e abbiamo vinto. . Da lì abbiamo preparato il business plan. I primi due anni sono stati piuttosto lenti, perché provenivamo entrambe dal mondo scientifico e ci siamo concentrate sulla parte della validazione scientifica. Nel 2019, poi, ho vinto a Berkley un programma di accelerazione: dopo 5 mesi sono rientrata con l’idea di far fare lo scaleup al nostro progetto e così è arrivato il vero cambiamento, che ci ha fatto passare da idea a prodotto sul mercato”.
Capitale economico, umano, tecnologico… che cosa conta di più per le startup? “Le alleanze virtuose sono fondamentali”, ha risposto Mario Merlo, general manager di Sanofi Pasteur, che investirà 400 milioni di euro l’anno nel nuovo centro di eccellenza nei vaccini a base di Rna messaggero. “Un esempio concreto della ricostruzione post pandemia, che ora dobbiamo affrontare. La tragedia che abbiamo vissuto ha dato propulsione al settore della ricerca e sviluppo. Nessuno, prima del Covid-19, avrebbe mai pensato che aziende competitor si sarebbero alleate per la ricerca sul vaccino. Non solo, stanno partendo collaborazioni ulteriori, fuori dagli schemi a cui eravamo abituati, che magari passano anche dai fallimenti, ma anche questi sono utili per capire dove si sbaglia”.
Sanofi Pasteur ha riorganizzato la propria R&D (Research and Development) mettendo al centro il modello Rna messaggero attraverso una piattaforma che si svilupperà su due hub di ricerca, uno nel Massachusetts e l’altro in Francia. “Il seme di partenza è stato proprio una startup. C’è un grande bisogno di competenze differenti e di strategicità”, ha sottolineato il gm di Sanofi Pasteur, che in questi giorni ha annunciato il proprio supporto incondizionato alla Prevention Academy, promossa e organizzata da SDA Bocconi School of Management, un nuovo corso di perfezionamento per formare 30 giovani professionisti della prevenzione, pronti a operare con competenze strategiche nel campo dell’igiene e della medicina preventiva.