Un passaggio atteso da anni dalla community. «La decisione è stata presa dalla Ethereum Foundation: è per il miglioramento della piattaforma», ha spiegato la Financial Education Expert della fintech
Premesso che l’intero ecosistema crypto è anglofono e che abbonda di termini tecnici difficili da comprendere al volo, il Merge di Ethereum in corso è un passaggio di cui tenere conto. Come dite? Che cos’è il Merge? Ci siamo fatti aiutare da Stephanie Luzon, Financial Education Expert di Vivid Money, startup fondata a Berlino nel 2019 e verticale nel campo della gestione della finanza personale. Di criptovalute, a cominciare dalle non ottime performance di Bitcoin degli ultimi mesi, si parla da anni. Alcuni continuano a parlare di un settore speculativo e pieno di truffe, altri invece preferiscono essere più cauti. Per capirci qualcosa sul Merge, però, occorre partire dalle basi. Che cos’è Ethereum?
«Ethereum è una piattaforma software globale, decentralizzata, sulla quale gli sviluppatori costruiscono app di ogni tipo. Ethereum è famosa soprattutto perché ha una criptovaluta, Ether. La blockchain, il sistema operativo della piattaforma, funziona utilizzando il cosiddetto protocollo Proof of Work, che condivide con Bitcoin e che è molto dispendioso a livello energetico». Ci siamo già occupati delle differenze tra Bitcoin ed Ethereum. Due crypto presentate da sempre come rivali. Il Merge di cui si parlerà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi è il passaggio dal protocollo Proof of Work al protocollo Proof of Stake.
“Il Merge potrebbe cambiare il modo in cui le persone guardano alle crypto”
Come cambiare un motore. In movimento
Luzon ci ha aiutato a capire cosa deve succedere a livello tecnico con un paragone davvero efficace. «Immaginiamoci una macchina con motore a benzina che sta procedendo su un’autostrada. A un certo punto i meccanici, che potremmo intendere come sviluppatori, vogliono che il veicolo passi al motore elettrico. Ma per farlo l’auto non deve mai fermarsi per rientrare in officina». Il Merge non richiede una chiusura temporanea dell’infrastruttura (ovvero, una sosta ai box). Chi possiede Ether potrà continuare a utilizzarli. La decisione è stata presa dalla Ethereum Foundation, non profit che gestisce la piattaforma (circostanza che, secondo i critici, non renderebbe Ethereum davvero decentralizzata).
I motivi del Merge
«La decisione di effettuare il Merge è stata presa dalla Fondazione – ha commentato Luzon – ed è per il miglioramento della piattaforma. I problemi di Ethereum sono sempre stati visibili: il costo molto alto delle transazioni e il dispendio a livello energetico. È una tecnologia che ha tanto altro dietro e questo credo sia l’unico modo per far sì che si diffonda. Se le critiche che tutti muovono alle crypto sono l’impatto ambientale e i costi delle transazioni, credo sia saggio cercare di risolverli». Nello scenario dei tecnici e dei sostenitori, questo passaggio avrebbe conseguenze non soltanto per l’ecosistema. Renderebbe le crypto più accessibili e meno complicate per le persone. «Più le crypto si avvicinano al mondo reale più diventano qualcosa di utilizzabile. Il Merge potrebbe cambiare il modo in cui le persone guardano alle crypto».
Bellatrix e Paris. Fino allo sharding
Passiamo però ora alla materia più tecnica, cercando di comprendere i vari passaggi necessari e il risultato finale. Il Merge è un processo che dovrebbe durare tutto settembre. «Avverrà in due fasi: Bellatrix e Paris. La prima parte oggi, 6 settembre, e la seconda il 15 settembre, anche se le date possono cambiare, come hanno fatto negli ultimi anni. Paris è fondamentale perché è il passaggio alla Beacon Chain, il centro di coordinamento di Ethereum già attivo, dove ci sarà la scelta dei validatori per la Proof of Stake». Su questo aspetto ci torneremo nel paragrafo successivo. «La Beacon Chain ha finora funzionato in parallelo alla Proof of Work. Nel momento in cui ci sarà il passaggio definitivo, avverrà il cosiddetto sharding: è la divisione del lavoro su altre 63 blockchain. In tutto ci saranno 64 blockchain che renderanno le transazioni più veloci».
“Se le critiche che tutti muovono alle crypto sono l’impatto ambientale e i costi delle transazioni, credo sia saggio cercare di risolverli”
Per concludere occorre affrontare la questione tecnica del Proof of Stake. Gli scettici sostengono che questo protocollo sia meno democratico ed equo, dal momento che per validare una transazione occorre depositare una somma. Ergo, i più ricchi sarebbero avvantaggiati. Nel Proof of Work vale invece la potenza computazionale. «Non credo che il sistema Bitcoin sia così democratico – ha commentato l’esperta – perché servono molti super computer per validare la transazione. I minatori competono tra di loro per validare per primi la transazione: alla fine c’è chi vince, mentre gli altri hanno sprecato energia. Con il Proof of Stake non ci sono minatori, ma un solo validatore alla volta, scelto dall’algoritmo».