Habyt ha appena chiuso un round da 40 milioni di euro. Si tratta del più grande operatore di appartamenti condivisi o co-living, da quando ha acquisito la società americana Common. Luca Bovone, genovese classe 1991, l’ha fondata a Berlino. L’intervista per la nuova puntata della nostra rubrica “Italiani dell’altro mondo”
«In Asia ho avuto le mie prime esperienze di co-living. A Shanghai vivevo in un appartamento con dieci persone. A Hong Kong in una micro unit da 10 metri quadrati davvero efficiente. Era il 2012 ed è in quel periodo in cui ho iniziato a ragionare su come offrire un’esperienza abitativa migliore per chi viaggia». Luca Bovone, classe 1991 di Genova, è il Ceo e Founder di Habyt, startup definita da TechCrunch una Airbnb-style platform, con sede a Berlino che ha da poco chiuso il round Serie C da 40 milioni di euro. Il nostro viaggio alla scoperta degli Italiani dell’altro mondo ci ha condotto fino alla capitale tedesca, un altro hub europeo di eccellenza e di forte richiamo per imprenditori e Big Tech. «Rispetto all’Italia il sistema è avanti anni luce. C’è una densità molto più alta di supporto per le startup».
L’esperienza in Dropbox
Luca Bovone ha studiato business e finanza a Milano all’Università Bocconi. «Le mie prime esperienze lavorative sono state in Asia, tra Shanghai e Hong Kong. Poi sono tornato in Europa, per frequentare un master a Madrid». Nel 2014 il confronto con un’azienda americana, uscita dalle fucine dell’acceleratore californiano Y Combinator: Dropbox. «Ho cominciato a Berlino. Credo di essere stato uno dei pochi italiani in tutta l’azienda all’epoca. In Germania siamo partiti in 20 e quando me ne sono andato per fondare Habyt l’azienda contava 400 dipendenti». In quell’ambiente ha avuto modo di vivere la fase di scaleup di una società oggi quotata in Borsa con una valutazione che sfiora i 10 miliardi di dollari. «Mi son occupato di tutta l’espansione italiana di Dropbox, lavorando ad alcune delle transazioni B2B più importanti».
Nel futuro di Luca Bovone avrebbe potuto esserci un ritorno in Italia, dopo anni di esperienza all’estero, per fondare qui la sua startup. «Nel dicembre 2016, quando ho iniziato a pensare ad Habyt, ho anche esplorato Milano come potenziale sede. L’idea c’era, ma quando ho fatto studi di mercato ho trovato molta resistenza. A Berlino, invece, non ho fatto fatica a individuare i primi angel investor che mi hanno garantito i fondi per iniziare». Erano gli anni prima del lancio di CDP Venture Capital e senz’altro l’ecosistema – perfino quello di Milano – era meno pronto a iniziative che all’estero hanno trovato invece terreno più fertile. Ma di che cosa si occupa Habyt? Si tratta di una piattaforma che offre in affitto stanze in diverse città nel mondo, da Amsterdam a Lisbona, da Milano a Hong Kong. Ma a differenza di Airbnb è focalizzata sui periodi di permanenza più lunghi.
«Il paragone con Airbnb fa sempre piacere – puntualizza Bovone – ma ci sono tre differenze sostanziali: la durata media dei nostri affitti è di nove mesi; gli affitti riguardano una stanza all’interno di appartamenti condivisi; ci occupiamo anche del design degli spazi, gestendo check-in e check-out con il nostro personale». Habyt è una startup traveltech che non dispone di asset immobiliari e i proprietari di immobili più frequenti che caricano annunci sulla piattaforma non sono persone con il secondo appartamento da mettere a reddito. «A noi si rivolgono clienti istituzionali, magari fondi con immobili da gestire. La maggior parte degli spazi è disegnato dal nostro studio di architettura interno, con sede a New York. Fanno advisory per i clienti e il costo è a carico loro».
Perché Berlino
Ad oggi Habyt offre sulla piattaforma 30mila unità abitative in affitto in 15 Paesi. A inizio 2023 l’azienda si è fusa con Common, uno dei più grandi operatori di co-living in Nord America. «Il cliente medio è un giovane professionista, under 30. Una camera costa tra i 750 e gli 800 euro, spesa incluse. Gli studenti rappresentano solo il 15% e sono soprattutto in Italia». L’ultimo round ha permesso alla startup di raggiungere 90 milioni di euro circa raccolti, di cui una parte di debito. «Siamo in 400 persone, di 65 nazionalità diverse. Fin dall’inizio ho puntato a costruire non una startup tedesca o italiana, ma internazionale». L’obiettivo a lungo termine di Habyt è stato annunciato: la quotazione. «Si tratta di un mezzo per arrivare a un fine: costruire una società che rimanga attiva negli anni come può essere Aibnb. Una società che abbia una sua presenza sul mercato. Per ora rimaniamo molto razionali».
C’è poi il tema geografico. Perché le startup non nascono a caso sulla cartina. Berlino è la capitale delle startup in Germania (501 quelle fondate nel 2022. Monaco di Baviera inseguiva con 215). Come si legge su Silicon Repubblic, Berlino è l’unica città europea nella top 20 degli ecosistemi più sviluppati dal punto di vista del Venture Capital (Londra è nella top 10). «Berlino ha diversi punti di forza – conclude Luca Bovone – disponibilità di capitale e di talento. Il rapporto tra stipendio e costo della vita è tra i migliori al mondo, mentre quello di Milano tra i peggiori».